La mia Birmania. Tre anni fa, di ritorno da uno di quei viaggi che continui a vivere anche dopo e chissà per quanto tempo, scrissi questo. In una strana giornata di novembre, lo dedico a chi affida ad un voto probabilmente inutile la sua ultima speranza di un futuro meno torturato. Ma anche a chi invece ha smesso di crederci da tempo. E non si può biasimare.
7 nov 2010
30 jul 2010
Memento prohibere semper. Dell’erosione
degli spazi del dibattito pubblico e del disconoscimento dei diritti
delle minoranze ad opera del politicamente corretto: stavolta è toccato alle corride. La prossima?
28 jul 2010
Radical-fascio. Quello di prima è un pezzo che trovate sul Foglio ma non leggerete mai sul Post. A voi le riflessioni del caso.
Update. Sul Post, puntualissimo, l’editoriale anti-Langone di Flavia Perina. Da ridere.
Update. Sul Post, puntualissimo, l’editoriale anti-Langone di Flavia Perina. Da ridere.
Fascio. Camillo Langone ci ricorda quale sia l’ambiente intellettuale della destra post-fascista italiana tra XX e XXI secolo.
27 jul 2010
Juden. Giulio Meotti ci ricorda quale sia l’ambiente intellettuale in Europa all’inizio del XXI secolo.
23 jul 2010
22 jul 2010
21 jul 2010
I dissociati. Era solo in questione il quando, ma non il che né il come. E’ già arrivata l’immancabile lettera della docente scandalizzata
dalla cerimonia di laurea della figlia del premier. E’ sciocca e
banale, come solo un documento scritto da un accademico irregimentato
può essere. L’intelligentsia agisce
ormai in base ad un prevedibile meccanismo di azione-reazione, un
riflesso condizionato che fa sbavare i soloni appena sentono quel nome.
Fate ridere assai.
15 jul 2010
Il pregiudizio anti-religioso/3.
Nel tentativo di eliminare l’elemento religioso dalla categoria dei
fenomeni sociali, i laicisti finiscono per cadere nell’eccesso opposto,
quello di sopravvalutare l’influenza che la religione esercita sugli
individui, sulle comunità e sulle istituzioni. Questa tendenza va oltre
la condanna della religione cattolica (che, come si è visto, dipende
nella maggior parte dei casi da riflessi condizionati anti-capitalisti e
anti-occidentali) e si estende ad altre religioni storiche,
principalmente all’ebraismo e all’Islam. La stessa lettura delle vicende
geopolitiche internazionali ne esce falsata. E’ frequente ad esempio,
nell’interpretazione degli avvenimenti in medioriente, cadere nella
semplificazione secondo cui il decennale scontro tra Israele e i suoi
vicini rientrerebbe nella casistica della lotta fra integralismi
religiosi uguali e contrari. Di nuovo, la religione come causa di tutti i
mali. Questa visione ha il grande merito, agli occhi dei suoi fautori,
di risparmiare l’analisi delle dinamiche politiche e sociali interne ai
paesi coinvolti e di evitare paragoni che potrebbero risultare non in
linea con i dogmi del politicamente corretto. Se faccio notare che
Israele è una democrazia nella quale vivono centinaia di migliaia di
cittadini di origine araba mentre i suoi vicini sono generalmente
dittature nel cui territorio non posso nemmeno mettere piede se sul mio
passaporto c’è un timbro israeliano, normalmente verrò accusato di
imperialismo e sionismo. Ma se accomuno in un’unica censura il fanatismo
religioso dei rabbini con le invocazioni filo-terroriste degli imam,
allora ho qualche possibilità di essere ascoltato e preso sul serio.
Prendiamo poi il caso della (defunta) strategia americana di diffusione
della democrazia in medioriente. Ci sono diversi modi di rifiutarne
metodi e finalità: dire che è tutta una montatura per coprire interessi
geo-strategici ed economici, tacciarla di imperialismo e di militarismo,
presentarla come una nuova crociata e così via. Ma esiste anche forma
più subdola di denigrazione, quella che fa leva sull’irriformabilità
dell’Islam, sull’impossibilità per le società musulmane di raggiungere
livelli di sviluppo politico e sociale paragonabili a quelli
occidentali. E’ inutile tentare di democratizzare paesi condannati per
l’eternità al medioevo islamico. Ancora una volta, non sarebbe la
struttura autocratica e illiberale delle società coinvolte a impedirne
l’affrancamento, ma il peso della religione sulla vita dei cittadini.
Non varrebbe la pena, in sostanza, cercare di aprire al mondo popoli
soggetti alla dittatura e alla repressione, in quanto l’elemento
religioso finirebbe sempre per prevalere, impedendo qualsiasi
evoluzione. Pensiero consolante e vagamente razzista. Pensiero che
assegna alla religione un ruolo totalizzante e ai principi della
democrazia liberale una funzione del tutto marginale. Pensiero proprio
di chi non crede che l’individuo possa trasformarsi nel motore del
cambiamento. Se l’Islam è il problema maggiore, la tirannia, le camere
di tortura, l’assenza delle libertà fondamentali diventano
automaticamente questioni secondarie. Non ha senso scomodarsi per aprire
società chiuse se alla fine la chiusura dipende dalla religione e non
dalle ideologie totalitarie che ne determinano la radicalizzazione. In
questa inversione delle responsabilità sta l’ennesima manipolazione su
cui il pregiudizio anti-religioso fonda la sua presunta legittimità.
Come ogni forma di discriminazione ha bisogno di presentare l’oggetto
della sua disapprovazione in forma caricaturale, per guadagnare appoggio
e visibilità. Ma, al contrario di altre forme di discriminazione, gode
di un consenso sociale generalizzato e aumenta progressivamente i suoi
adepti. Insieme al politicamente corretto, di cui è manifestazione
preminente, sarà probabilmente ricordato tra qualche decennio come un
esempio paradigmatico dell’impazzimento ideologico che ha caratterizzato
la società occidentale tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo (fine).
12 jul 2010
9 jul 2010
8 jul 2010
L’elemosina dei dittatori. Il mood a Cuba è che una cinquantina di prigioneri politici verranno scarcerati.
Ma si tratta di espulsioni, non di liberazioni. Ne rimangono in cella
oltre un centinaio, più quelli che non si conoscono. Ma un intero paese è
in gabbia (turisti a parte).
7 jul 2010
La nuova politica, quella che dovrebbe abbattere Berlusconi. Daniele Capezzone sulle strategie dei finiani:
Ma finalmente, ieri mattina, un’intervista dell’onorevole Bocchino ci ha illuminato: «Se Berlusconi rompesse con Fini, basterebbe una forza dell’1,5% non alleata del Pdl per fargli perdere il premio di maggioranza al Senato».
Il giochino è sempre lo stesso: nei giorni pari, c’è il suggeritore che rispolvera il ferro vecchio del «governo tecnico»; nei giorni dispari, c’è lo stratega che discetta su come costruire mini-operazioni elettorali di disturbo, per erodere qualche decimale. Piccolo cabotaggio e ambizioni ridotte, ed è un peccato. Sarebbe più serio se qualcuno, dentro o fuori l'attuale perimetro della politica, avesse l’onestà intellettuale di fare il seguente discorsetto: «Voglio battere Silvio Berlusconi. Mi candido a viso aperto contro di lui, vi presento un programma alternativo al suo, e vi chiedo di darmi anche un solo voto in più». Ma queste parole semplici e coraggiose non le abbiamo sentite, e c’è da scommettere che non le sentiremo: è come se gli avversari del Premier sapessero di non poter vincere sul campo, e cercassero sempre una scorciatoia o una gherminella extraelettorale.
Il modello editoriale del futuro/37. Devono averci pensato parecchio a come aprire stamattina. C'era l'Olanda in finale, c'era il dossier dell'orrore dell'arcivescovado belga (che tira sempre). Poi, però, quelli del Post hanno deciso per una copertina originale. Un bell'articolo fresco fresco di copiatura dal Secolo d'Italia sulla posizione che i finiani pensano che Fini dovrebbe tenere su Rutelli che vuole Fini in un terzo polo composto da Fini, Casini e sofrini. Insomma, un bel leggere.
6 jul 2010
Il modello editoriale del futuro/36. Ecco, stavolta a rimorchio di Repubblica, Il Post pubblica la lista nera dei finiani che sarebbero disposti a rimanere con Berlusconi. 'Sti infami.
Il pregiudizio anti-religioso/2. Conseguenza immediata del pregiudizio anti-religioso - le cui caratteristiche ho provato a descrivere in un precedente post - e soprattutto della sua accettazione sociale è una sfacciata manipolazione della realtà. Prendiamo il caso dei preti pedofili, fenomeno di stretta attualità di cui sarebbe assurdo negare la gravità. C'è chi si è addirittura disturbato ad elaborare mappe geografiche evidenziando l'incidenza degli abusi a seconda della zona in cui sono stati commessi. Numeri, grafici, disegni, volti a dimostrare che il male ha molte diramazioni ma un'unica origine. Il meccanismo mentale secondo cui i crimini commessi da alcuni prelati si estenderebbero automaticamente alla Chiesa come istituzione universale ha la stessa consistenza di quello che porta ad accusare di molestie sessuali ai danni di minori tutti gli scrittori omosessuali per il fatto che una volta uno di loro (Aldo Busi) ebbe a dichiarare che non vedeva nulla di scandaloso nel fatto che "un ragazzino" compiesse atti sessuali con un adulto. Ma sono sicuro che i nostri amici progre si guarderebbero bene dal fare estensiva a tutta la categoria l'apologia della pedofilia del partecipante all'Isola dei Famosi. Le strade della diffusione di un pregiudizio sono infinite e conducono spesso alla madre di tutte le generalizzazioni, quella secondo cui la religione sarebbe la causa di ogni male, una sorta di vaso di Pandora da cui scaturirebbero solo conflitti e disastri per l'umanità (anche nella variante secondo cui se non ci fossero le religioni gli uomini vivrebbero in pace e concordia permanente). A parte che i portatori sani di pregiudizio anti-religioso sarebbero certamente disposti a riconoscere attenuanti perfino a Stalin e a Hitler ma difficilmente a un vescovo o a un Papa, questa affermazione è semplicemente smentita dalla storia: sono stati soprattutto i regimi atei ad aver prodotto miseria, oppressione e devastazione in quantità industriale nel corso del XX secolo. Certo, si potrebbe opporre, in realtà anche in quei regimi si adorava un dio, in quel caso il partito-stato o il leader supremo. Allora bisogna mettersi d'accordo: non era l'ateismo la sublimazione del pensiero laicista e razionalista? Vuoi vedere che l'ateismo altro non è che una forma di fanatismo religioso dedito alla negazione dell'esistenza di Dio o alla sua sostituzione con idoli di diversa natura? Pensandoci bene non è difficile individuare nell'ateismo militante un fenomeno uguale e contrario a quello del fanatismo religioso: dove gli uni vedono Dio in ogni cosa, gli altri vedono assenza di Dio ovunque.
Il pregiudizio anti-religioso presenta poi un'altra peculiarità, ovvero la tendenza ad identificare il diverso da sé, l'altro solamente nella sua dimensione religiosa. Il fatto di credere in Dio, di vivere un sentimento religioso o anche semplicemente di parlare di religione diventa uno stigma da cui è praticamente impossibile affrancarsi. Se ho fede, tutto quel che dico sulla religione, sulla scienza, sulla società verrà letto attraverso le lenti del mio credo. La mia religiosità non sarà solo parte del mio essere, come il fatto che mi piaccia viaggiare o che tifi per la Juventus, ma immediatamente diventerà fattore costitutivo della mia persona e determinerà la mia identità sociale. Quello è un prete, quello è un bigotto, quello è un molestatore di bambini. E' un atteggiamento molto vicino al razzismo.
C'è infine una variante nella lettura del pregiudizio anti-religioso come frontiera estrema del politicamente corretto. La sinistra si trova spesso davanti a un dilemma: partendo dal presupposto che la religione è un problema, che fare con la religiosità degli oppressi (o presunti tali)? E qui entra in gioco un criterio di correzione politica applicato al politicamente corretto, che non è un gioco di parole ma solo una dimostrazione di quanto sia pericolosamente ridicolo questo modo di pensare: mentre il cattolicesimo è doppiamente condannabile perché associabile alle società opulente e sviluppate, l'induismo, il buddismo, e perfino l'islamismo vengono trattate dalle autoproclamatesi élites intellettuali con maggiore indulgenza, in quanto espressione di un terzomondismo spesso anti-occidentale. Fino all'estremo di giustificare il fanatismo religioso nella sua versione politica e anti-imperialista nello stesso momento in cui si grida allo scandalo per l'omelia domenicale del prete di paese. Analizzate queste derivate, tornerò sulla questione principale nel prossimo e conclusivo post (continua).
Il pregiudizio anti-religioso presenta poi un'altra peculiarità, ovvero la tendenza ad identificare il diverso da sé, l'altro solamente nella sua dimensione religiosa. Il fatto di credere in Dio, di vivere un sentimento religioso o anche semplicemente di parlare di religione diventa uno stigma da cui è praticamente impossibile affrancarsi. Se ho fede, tutto quel che dico sulla religione, sulla scienza, sulla società verrà letto attraverso le lenti del mio credo. La mia religiosità non sarà solo parte del mio essere, come il fatto che mi piaccia viaggiare o che tifi per la Juventus, ma immediatamente diventerà fattore costitutivo della mia persona e determinerà la mia identità sociale. Quello è un prete, quello è un bigotto, quello è un molestatore di bambini. E' un atteggiamento molto vicino al razzismo.
C'è infine una variante nella lettura del pregiudizio anti-religioso come frontiera estrema del politicamente corretto. La sinistra si trova spesso davanti a un dilemma: partendo dal presupposto che la religione è un problema, che fare con la religiosità degli oppressi (o presunti tali)? E qui entra in gioco un criterio di correzione politica applicato al politicamente corretto, che non è un gioco di parole ma solo una dimostrazione di quanto sia pericolosamente ridicolo questo modo di pensare: mentre il cattolicesimo è doppiamente condannabile perché associabile alle società opulente e sviluppate, l'induismo, il buddismo, e perfino l'islamismo vengono trattate dalle autoproclamatesi élites intellettuali con maggiore indulgenza, in quanto espressione di un terzomondismo spesso anti-occidentale. Fino all'estremo di giustificare il fanatismo religioso nella sua versione politica e anti-imperialista nello stesso momento in cui si grida allo scandalo per l'omelia domenicale del prete di paese. Analizzate queste derivate, tornerò sulla questione principale nel prossimo e conclusivo post (continua).
Il modello editoriale del futuro/35. Strano, oggi Il Post pubblica la versione dei finiani sullo scontro con Berlusconi. L'articolo è riportato pari pari dal Secolo, la testata con cui i sofrini sono gemellati. Come di costume non manca la consueta leccatina nei confronti del vero leader della sinistra italiana e dei suoi fedelissimi:
È una ricostruzione interessante per capire come i finiani mettano le questioni di politica al centro dei dissidi piuttosto che le ipotesi e le voci complottarde.Pensa un po'.
5 jul 2010
Il pregiudizio anti-religioso. Se
formalmente viviamo in una società che dichiara di lottare contro ogni
pregiudizio e discriminazione e che sul principio di eguaglianza fonda
gran parte della sua stessa legittimità, è evidente come nella realtà
diverse forme di pregiudizio o discriminazione vengano accettate e
promosse. Pensiamo alla differenza di età pensionabile tra uomini e
donne, per fare solo un esempio banale, che non si fonda su nessuna
considerazione razionale ma su un semplice pregiudizio positivo. E infatti basta parlare di discriminazioni positive perché
tutto vada a posto, dal momento che la neolingua del politicamente
corretto calma le nostre coscienze e ci fa sentire bene. I casi sono
molteplici, guardatevi attorno. Arrivo al punto. Io sono credente ma non
religioso nel senso classico del termine. Vivo in un paese e
soprattutto in una regione - Spagna, Catalogna - in cui la dittatura del
politicamente corretto raggiunge vette spesso grottesche, a causa del
dominio ideologico della sinistra. E credo non sia una casualità che, in
questo tipo di società, il pregiudizio anti-religioso sia il sentimento
dominante soprattutto tra la popolazione giovane, cresciuta a pane e progresismo.
Questo pregiudizio rivela tutta la sua (in)consistenza soprattutto nei
confronti della religione cattolica, sotto il fuoco incrociato del
governo socialista e dei gruppi di pressione alla moda, collettivi gay,
gioventù izquierdistas e independentistas, cantautori e artisti del buen rollito.
Ma se passiamo la frontiera il paesaggio è abbastanza simile. Penso di
poter affermare che, nell’occidente del XXI secolo, il pregiudizio
anti-religioso sia la forma di discriminazione più radicata e
incoraggiata. Tu sei religioso, devi essere un primitivo. Tu credi in
Dio, non puoi interpretare le dinamiche sociali con la mente aperta. Tu
hai fatto le scuole cattoliche, sarai un mezzo facha.
Tu vai a messa la domenica, la tua lettura degli avvenimenti sarà
certamente distorta. Non solo chi manifesta sentimenti religiosi viene
considerato una specie di insetto raro ma si cerca di prevenire la contaminazione del
pensiero laico con vere e proprie campagne anti-religiose, mentre chi
alimenta e nutre questo pregiudizio rappresenta la modernità, la
razionalità, e sfoggia il suo senso di appartenenza all’élite
intellettuale della società. Tutto questo, oggi, sembra del tutto
naturale, in quanto la retorica dell’eguaglianza e della
non-discriminazione (perversione delle buone intenzioni originarie) ha
creato un clima di linciaggio morale (e, spesso, non solo) nei confronti
di chiunque si discosti dalla linea di pensiero ufficiale. L’ultima
ideologia occidentale, il politicamente corretto, chiude il dibattito su
dogmi considerati a priori intoccabili, siano
essi il cambio climatico, o la prevalenza del pensiero laico e
scientifico su quello religioso. Censura le idee contrarie alla realtà
desiderata (non a quella oggettiva, che non esiste più) e applica una
delle più subdole forme di discriminazione che si possano osservare:
quella in nome del progresso e dei deboli (o presunti tali) contro le
forze che si oppongono alla inesorabile marcia del bene. Tra queste la
religione, non solo nelle sue forme di assimilazione con il potere, ma
anche come concetto a se stante, come manifestazione pubblica (e perfino
privata) di un sentimento collettivo (e individuale). La superiorità
del non-religioso sul religioso è ormai un fatto compiuto e
indiscutibile. L’ultima ideologia occidentale, frutto del delirio di
onnipotenza del progressismo illuminato, elimina Dio dalla storia e
dalla vita degli individui. Il pregiudizio anti-religioso è la frontiera
più estrema del politicamente corretto che, per trionfare, ha bisogno
di abbattere qualsiasi ostacolo (continua).
4 jul 2010
3 jul 2010
1 jul 2010
Un altro trionfo dell'ex idolo dei progressisti nostrani.
P.S. Comunque ha fatto sposare i gay.
Spain's EU presidency will be remembered for its "messy" foreign policy and the invisibility of Spanish Prime Minister Jose Luis Zapatero.Pregasi leggere attentamente la lunga serie di spropositi della presidenza Zapatero in Europa.
P.S. Comunque ha fatto sposare i gay.
30 jun 2010
27 jun 2010
23 jun 2010
21 jun 2010
Dietro a un pallone/9. Comincio a raccogliere i giudizi dei massimi esperti sull'Italia mondiale, nel caso si arrivi in semifinale e finiscano per pura casualità nel dimenticatoio. Poi magari usciamo con la Slovacchia e saranno tutti contenti che abbia perso Berlusconi e con lui l'Italia mediocre e via con le analisi sofisticate. Intanto però beccatevi queste perle di Massimo Gramellini e dei cuor di leone del Post che nemmeno sul calcio riescono ad avere un'opinione originale e devono prendere a prestito quella degli altri.
"L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione"
"L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione"
15 jun 2010
Dietro a un pallone/5. Ji Yun-naaaaaaaaaaam. I due gol di quelli vestiti di giallo non contano nulla.
"Au-dessus des étangs, au dessus des vallées,
Des montagnes, desbois, des nuages, des mers,
Par delà le soleil, par delà les éthers,
Par delà les confins des sphères étoilées"
"Au-dessus des étangs, au dessus des vallées,
Des montagnes, desbois, des nuages, des mers,
Par delà le soleil, par delà les éthers,
Par delà les confins des sphères étoilées"
Dietro a un pallone/4. La pagina del Marca sulla nazionale nordcoreana, che stasera gioca la più impensabile partita che i Mondiali abbiano mai offerto (almeno sulla carta).
"I remember how I'd landed here,
It's all coming back to me now,
Visions of these innocent faces filled with fear,
I'd hurt them somehow"
"I remember how I'd landed here,
It's all coming back to me now,
Visions of these innocent faces filled with fear,
I'd hurt them somehow"
14 jun 2010
13 jun 2010
Dietro a un pallone/2. Non è il jabulani. E' l'eterna lotta del portiere contro la piccola stortura, quella che arresta la galoppata dei compagni verso il trionfo. Perché il portiere, si sa, non vince mai.
"Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l'amara luce.
Il compagno in ginocchio che l'induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi"
"Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l'amara luce.
Il compagno in ginocchio che l'induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi"
11 jun 2010
8 jun 2010
L'Italia dagli occhi tristi. Mi è capitato recentemente di vedere le due puntate di Blu Notte dedicate alla storia delle Brigate Rosse (disponibili sul sito della RAI). Prima di tutto devo dire che quello di Lucarelli è un lavoro di sintesi e approfondimento veramente esemplare, sia dal punto di vista storico che narrativo. Ma non è questo il punto. Quelli della mia generazione erano bambini in quei famigerati anni '70. Personalmente delle BR ricordo poco o nulla, e nomi, luoghi, avvenimenti di quel tempo mi sono diventati familiari solo dopo, leggendo, studiando, sentendone parlare. Un giorno sì che lo ricordo ed è il pomeriggio in cui un impiegato di mio padre entrò in ufficio e disse che avevano ammazzato Moro. "L'hanno ammazzato", ripetè mio padre come per farsene una ragione. Ricordo bene anche un nome, quello di Patrizio Peci. Torino fu un tremendo campo di battaglia in quella lunghissima notte della ragione nonché la principale base operativa e strategica dei terroristi. E proprio dalla colonna torinese venne fuori il primo pentito ufficiale nella storia delle BR, Patrizio Peci appunto. Fu suo fratello Roberto, però, a pagare il prezzo di quel tradimento. Per ragioni ancora controverse venne prima processato da un tribunale del popolo e poi condannato a morte. La sentenza fu eseguita con undici fucilate nella campagna romana. Penso di aver visto pochi documenti video più agghiaccianti della farsa criminale cui Roberto Peci, terrorista anche lui, fu sottoposto. La lettura della decisione finale, accompagnata dalle note dell'Internazionale, rappresenta da sola tutta l'infamia di questa pagina sinistra e macabra della storia del nostro paese. Qualcuno continua a chiamarli compagni che sbagliavano. Invece erano solo squallidi esecutori di un'ideologia assassina, accomunati al resto dei carnefici imbandierati di rosso da un unico linguaggio di morte.
Tendiamo ad osservare l'Italia di oggi come se prima non ci fosse stato nulla. Ripercorrere il nostro recente passato può invece servire a rileggere le vicende contemporanee nella giusta prospettiva. Mi domando quale altro paese, nelle stesse condizioni, sarebbe riuscito ad evitare un conflitto civile generalizzato o un'involuzione autoritaria. L'Italia ne è venuta fuori ferita a morte ma viva, senza sacrificare la sua essenza di nazione democratica, certamente imperfetta ma pur sempre solida. Conviene pensarci ogni tanto, prima di mandare il cervello all'ammasso.
Il video del processo a Roberto Peci è sotto. Fatevi forza.
Tendiamo ad osservare l'Italia di oggi come se prima non ci fosse stato nulla. Ripercorrere il nostro recente passato può invece servire a rileggere le vicende contemporanee nella giusta prospettiva. Mi domando quale altro paese, nelle stesse condizioni, sarebbe riuscito ad evitare un conflitto civile generalizzato o un'involuzione autoritaria. L'Italia ne è venuta fuori ferita a morte ma viva, senza sacrificare la sua essenza di nazione democratica, certamente imperfetta ma pur sempre solida. Conviene pensarci ogni tanto, prima di mandare il cervello all'ammasso.
Il video del processo a Roberto Peci è sotto. Fatevi forza.
5 jun 2010
Svolte. 5 giugno 2010, ore 16:49. La Schiavone vince il Roland Garros. La mia generazione non l'aveva mai visto.
31 may 2010
Beati gli esperti di economia domestica. Che
amano la cautela, non propendono mai per nessuna ipotesi ma se proprio
li tirate per la giacchetta, se proprio devono sbilanciarsi, se proprio
volete che che si espongano, tendono ad inclinarsi in direzione ostinata
e contraria a Gerusalemme. Ma è solo un venticello, sono analitici loro.
Il modello editoriale del futuro/23. Riusciranno i nostri eroi a citare una fonte che non sia “il più equilibrato e liberal dei quotidiani israeliani” (alias Haaretz, noncuranti dell’ossimoro) sulla vicenda israeliana?
19 may 2010
17 may 2010
La legittimità a governare (e a sparare). Un notevole approfondimento (con filmati, interventi e polemiche da studio a corredo) sulla battaglia di Bangkok, curato da Al Jazeera. Consigliato a chi non si sia ancora rassegnato a non capirci niente:
15 may 2010
Pistole, telecamere, twitter e sangue/2. Secondo giorno di scontri a Bangkok. La cronaca. In 140 caratteri da Andrew Marshall, Richard Barrow, Alastair Leithead e molti altri.
"Live firing zone" attorno alle camicie rosse.
Shopping with camera zone.
Settori della polizia si schierano con i manifestanti:
"Live firing zone" attorno alle camicie rosse.
Shopping with camera zone.
Settori della polizia si schierano con i manifestanti:
Shooting between police and army personnel was also reported at several locations, as policemen joined the side of the anti-government demonstrators.Aspettando il coup de theatre.
14 may 2010
Pistole, telecamere, twitter e sangue. In questo momento è in corso una battaglia nelle strade di Bangkok. La raccontano Andrew Marshall, Dan Rivers, Richard Barrow, Alastair Leithead e molti altri.
Un mio pezzo dell'anno scorso, quando mi facevano ancora scrivere.
Chi ha sparato al generale?
Il riassunto della giornata secondo la BBC.
Gli pseudo-realisti da salotto che dicevano che il golpe del 2006 alla fine non era poi così male dovrebbero riflettere sulla loro assoluta mancanza di prospettiva. E non perché si stia assistendo ad una lotta di buoni (il popolo) contro cattivi (il governo e l'esercito). Non è questa la Thailandia di oggi. Ma piuttosto perché quei carri armati per le strade di Bangkok furono la pietra tombale di un equilibrio politico e sociale faticosamente preservato allora e perso oggi per chissà quanto tempo.
Uno dei leaders delle camicie rosse avverte che la notte sarà lunga.
Nei commenti a questo post molte notizie interessanti.
Mappa di Bangkok con i punti caldi della città, un lavoro impressionante.
Quando si dice essere sulla notizia. Michael Yon, che normalmente invia i suoi dispacci dal dopoguerra afghano, adesso si trova a Bangkok.
Non sono così ottimista sui seguaci di Thaksin come l'autore di questa analisi, ma vi consiglio di leggerla con attenzione per capire certe dinamiche apparantemente indecifrabili da questa parte del mondo.
Il servizio di Dan Rivers sulla CNN, in cui si vede tra l'altro il ferimento di un giornalista canadese.
Qui il liveblogging, giorno per giorno.
Stato di emergenza in 15 province.
Le richieste dei rossi, formulate nel solito tono conciliante.
Un mio pezzo dell'anno scorso, quando mi facevano ancora scrivere.
Chi ha sparato al generale?
Il riassunto della giornata secondo la BBC.
Gli pseudo-realisti da salotto che dicevano che il golpe del 2006 alla fine non era poi così male dovrebbero riflettere sulla loro assoluta mancanza di prospettiva. E non perché si stia assistendo ad una lotta di buoni (il popolo) contro cattivi (il governo e l'esercito). Non è questa la Thailandia di oggi. Ma piuttosto perché quei carri armati per le strade di Bangkok furono la pietra tombale di un equilibrio politico e sociale faticosamente preservato allora e perso oggi per chissà quanto tempo.
Uno dei leaders delle camicie rosse avverte che la notte sarà lunga.
Nei commenti a questo post molte notizie interessanti.
Mappa di Bangkok con i punti caldi della città, un lavoro impressionante.
Quando si dice essere sulla notizia. Michael Yon, che normalmente invia i suoi dispacci dal dopoguerra afghano, adesso si trova a Bangkok.
Non sono così ottimista sui seguaci di Thaksin come l'autore di questa analisi, ma vi consiglio di leggerla con attenzione per capire certe dinamiche apparantemente indecifrabili da questa parte del mondo.
Il servizio di Dan Rivers sulla CNN, in cui si vede tra l'altro il ferimento di un giornalista canadese.
Qui il liveblogging, giorno per giorno.
Stato di emergenza in 15 province.
Le richieste dei rossi, formulate nel solito tono conciliante.
8 may 2010
30 abr 2010
Fini, il Post e nuove Generazioni. Continua - tra un mi si nota di meno se e un lo scrivo ma faccio finta di no - l’appoggio dei radical-chic de Il Post alla fronda finiana. Oggi, riprendendo come al solito cose scritte da altri, si uniscono al Secolo d’Italia nell’accusa di caccia alle streghe rivolta al Giornale e in generale ai berlusconiani. E concludono con un perentorio “… e i finiani hanno paura”. Wow. Bande di forzaitalioti armati di spranghe si aggirano per le città in cerca di dissidenti. Come, non le avete viste? E’ lo stile della new left all’italiana, nessun contenuto originale e attaccarsi al primo che passa pur di abbattere l’odiato imperatore. Se è un Post-fascista
fa lo stesso, anzi meglio. D’altronde una cosa è che lo sdogani il
ducetto di Arcore, altra cosa è che lo facciano gli intellettuali calcioBalilla della Generazione Sofri. O no? L’altro giorno Francesco Costa appoggiava il liberale Fini senza mezzi termini. Poi dall’Unità qualcuno ha suonato
la retromarcia e lui si è trovato un po’ spiazzato. Ma ovviamente erano
gli altri che non avevano capito. C’è grossa confusione al Post. Ed è solo una settimana di copycat. Figuratevi la prossima.
29 abr 2010
Giochiamo a palla contro il muro. Non che debba
necessariamente interessare però volevo dire la mia dal Camp Nou. Ho
letto che l’arbitro avrebbe aiutato l’Inter. Secondo me non è vero,
almeno non ieri. Il secondo gol forse era valido, ma il primo no
(fuorigioco); di rigori clamorosi dalla tribuna non se ne sono visti,
tant’è che il pubblico nemmeno si è lamentato. Motta si è autoespulso e
qui tutti se lo aspettavano, conoscendo il personaggio. E il belga ha
ammonito quando c’era da ammonire. L’Inter s’è difesa come non ho mai
visto fare a nessuna squadra e al Barça mancavano le idee. Guardiola è
un grande ma non sa cosa fare quando l’avversario si chiude a riccio.
Non han rubato niente, stavolta.
Il pre-partita lungo una settimana ha sfiancato un po’ tutti, giocatori per primi. Non m’è piaciuto il tono ultra della stampa catalana, non c’entravano nulla le dichiarazioni di Piqué, è stato di pessimo gusto annaffiare il campo quando gli interisti stavano festeggiando. Detto questo, i catalani sono persone civili e, incassata la sconfitta, se ne sono tornati a casa ché domani (oggi) tocca lavorare. I giornali italiani come al solito hanno confuso i loro desideri con la realtà: hanno scritto che non c’è nulla da imparare dallo stile Barça, viste le parole di fuoco della vigilia. Che è un po’ come dire che il Foglio fa schifo perché uno un giorno scrive un pezzo stupido sulla Catalogna.
Mourinho è l’unico allenatore che gioca insieme agli altri undici. Sprinta, blocca i palloni, ritarda le rimesse, parla agli avversari. Qui lo detestano ma bisogna riconoscerne certa grandezza. Alla fine è andato a festeggiare come un pazzo sotto la curva e Valdés quasi gli stacca il collo. Mi ha fatto tenerezza, lo confesso. Il Barça è la miglior squadra si sempre. Il calcio però è il più bel gioco del mondo anche per partite come queste, dove non passi nemmeno se ci stai dieci anni. Quando ho visto Chivu scaldarsi, a formazioni già fatte, ho capito tutto.
Il pre-partita lungo una settimana ha sfiancato un po’ tutti, giocatori per primi. Non m’è piaciuto il tono ultra della stampa catalana, non c’entravano nulla le dichiarazioni di Piqué, è stato di pessimo gusto annaffiare il campo quando gli interisti stavano festeggiando. Detto questo, i catalani sono persone civili e, incassata la sconfitta, se ne sono tornati a casa ché domani (oggi) tocca lavorare. I giornali italiani come al solito hanno confuso i loro desideri con la realtà: hanno scritto che non c’è nulla da imparare dallo stile Barça, viste le parole di fuoco della vigilia. Che è un po’ come dire che il Foglio fa schifo perché uno un giorno scrive un pezzo stupido sulla Catalogna.
Mourinho è l’unico allenatore che gioca insieme agli altri undici. Sprinta, blocca i palloni, ritarda le rimesse, parla agli avversari. Qui lo detestano ma bisogna riconoscerne certa grandezza. Alla fine è andato a festeggiare come un pazzo sotto la curva e Valdés quasi gli stacca il collo. Mi ha fatto tenerezza, lo confesso. Il Barça è la miglior squadra si sempre. Il calcio però è il più bel gioco del mondo anche per partite come queste, dove non passi nemmeno se ci stai dieci anni. Quando ho visto Chivu scaldarsi, a formazioni già fatte, ho capito tutto.
28 abr 2010
Sofrismi. Quando la complessità fa confusione. L’ho già
detto altre volte ma non me ne faccio una ragione. Io credo che
scrivere complicato sia prima di tutto un inganno nei confronti dei
lettori e poi anche un segnale di scarsa chiarezza mentale. Quando leggo
Luca Sofri in genere devo ripetere tre volte prima di afferrare il
concetto. Per esempio, questo post
potrebbe anche presentare contenuti interessanti e sembra oltretutto
costituire una rara espressione di autocritica da parte del suo autore.
Ma non era possibile spiegare le stesse cose senza costruire
un’autostrada di incisi e subordinate? Può darsi che io sia
particolarmente scemo, sia chiaro. Succede ad altri? Comincio a
preoccuparmi.
P.S. Questo è il massimo grado di complessità di un post che troverete su questo blog. La mia è una missione.
27 abr 2010
Ci vuol coraggio. Stefano Grazioli
è stato a Chernobyl. Lui è uno che pensa che in Ucraina si stia meglio
con Yanukovich e che in Bielorussia i cittadini amino Lukashenko ma,
nonostante questo, è un giornalista di quelli veri:
I palloni da basket sono grandi come mele. Grigie e blu. Non é chiaro se siano così solo per il fatto che sono rimasti nella palestra di Pripyat per ventiquattro anni senza che nessuno li toccasse più o c’entri in qualche modo la radioattività. Maxim Krygin di Chernobylinterinform ci assicura che si tratta solo del tempo. Sarà. Ci fidiamo di lui. Siamo nella città fantasma a due km dal reattore numero quattro in cui si verificò l’incidente nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986. Era l’una, 23 minuti e 44 secondi e nella gigantesca esplosione venne liberata radioattività cento volte maggiore rispetto a quella delle bombe americane su Hiroshima e Nagasaki nel 1945.Continua qui.
26 abr 2010
23 abr 2010
Braccino alzato. Da un editorialino di Farefuturo:
“Finalmente il senso dell’onore. Dell’azione bella perché inutile a se stessi. Finalmente idee e parole come senso dello Stato, legalità, unità nazionale. Finalmente l’Italia. Finalmente la libertà”.Pare che ultimamente ai liberali e ai progre piaccia un sacco questa roba.
Ditino alzato. Oggi Farefuturo
è una cosa pazzesca. Davvero non perdetevelo. C’è tutta la prepotenza e
la supponenza che genera il sentimento di vendetta. C’è la boria dei
perdenti allo stato puro, la rivincita dei deboli, la spocchia dei
dimenticati tornati alla ribalta. C’è la sicurezza dell’impunità dei
voltagabbana, la faccia scura dei convertiti. Incapaci anche solo di
riconoscere da dove vengono, cosa sono e perché sono lì.
16 abr 2010
Nemmeno su Vianello. Questa volta Francesco Costa ha ragione ma va detto che il livello dei dibattiti a sinistra è di una tristezza inarrivabile per noi semplici mortali.
14 abr 2010
I conti non tornano. Ecco, vediamo. Avendo io scritto all’incirca le cose che oggi scrive Peter Baker sul NYT
almeno un anno prima su questo blog, come si spiega che lui guadagni un
sacco di soldi facendo quello che gli piace in un posto da sballo
mentre io sono qui a rubare il tempo per buttare giù due righe e non mi
invitino nemmeno a scrivere sul Sofrington Post insieme a Francesco Costa o su Farefuturo insieme agli ex liberali di Ideazione convertitisi alla retorica nazional-progre finiana? A pensarci bene…
13 abr 2010
12 abr 2010
11 abr 2010
Favoloso il Corriere. Sarà almeno un anno che a Barcellona si annunciano e si dibattono le velleità politiche del presidente del Barça Laporta e la sua più che probabile discesa in campo alle prossime elezioni catalane. Ma a Via Solferino se ne accorgono solo oggi, dopo la vittoria sul Madrid e soprattutto dopo aver letto The Observer. Autrice dello scoop Simona
Marchetti, probabilmente l’incaricata della redazione di leggere i
giornali inglesi e di copiarne i contenuti per l’edizione online del Corriere. L’aveva già fatto poco tempo fa con le nuove autostrade che la Cina vuol costruire in Asia e in Europa, notizia presa dal Times. Brava Simona, grazie di tutto.
Il volo della morte.
What has slowly emerged over the last 14 hours is just how devastating this is for Poland. Not only have they lost their head of state, but they have lost a large number of high ranking government officials. Among the dead, in addition to President Kaczynski and his wife, Maria Kaczynska, were Aleksander Szczyglo, the head of the National Security Office; Jerzy Szmajdzinski, the deputy parliament speaker; Andrzej Kremer, the deputy foreign minister; and Gen. Franciszek Gagor, the army chief of staff. The entire top military brass, including the chief of defense and all the services, died in the crash, effectively decapitating the Polish military. They have lost opposition leaders, and all the candidates for President in September’s upcoming election save one. The head of the National Bank and their leading gay rights activist were on that plane. And perhaps saddest of all, family members of the people massacred in Katyn were on that plane.
8 abr 2010
27 mar 2010
23 mar 2010
Mano nella mano nel buio. Non potete non leggere il libro di Barbara Demick sulla vita in Corea del Nord:
8 mar 2010
Applausi di gente intorno a me. Secondo alcuni questo filmato testimonierebbe la riapparizione in pubblico del Caro Leader. Ora, i tre del palco sono in giaccavento e cappotto, i figuranti tra la folla in giacchetta. Vedete voi. Quello alla destra di Kim è Kim Yong-nam, presidente dell'Assemblea del Popolo, amico del nostro amico Cao de Benós.
3 mar 2010
2 mar 2010
27 feb 2010
Necrofagi. Bisognerà ricordare editoriali come questo quando il comunismo sarà scomparso anche dagli ultimi angoli oscuri del pianeta. Bisognerà ricordare l'insulto, la calunnia, la menzogna, l'assenza di compassione di questa ideologia disumana, disumanamente applicata dai burattinai del potere e della repressione. Bisognerà spiegare ai nostri figli cosa è stato, per quanto tempo ha ammorbato le vite e disprezzato le morti che ha causato.
24 feb 2010
La fame vera. Spiace che Emma Bonino e i radicali si lascino andare ancora una volta a scimmiottamenti di azioni di protesta degne di miglior causa. Mentre loro proclamano l'ennesimo sciopero della fame e della sete per un presunto oscuramento da campagna elettorale, a Cuba c'è chi per fame è morto davvero in una prigione del gulag castrista. Oggi il cadavere di Orlando Zapata Tamayo è stato trasferito nella casa di famiglia dove le visite si moltiplicano, a dispetto degli ostacoli frapposti dalle autorità che lo hanno ammazzato. Non ci sono parole per descrivere il livello di abominio cui il comunismo caraibico e famigliare dei Castro è giunto. Se volete seguire gli avvenimenti in (quasi) diretta consiglio i twitter di Yoani Sánchez e di Zoe Valdés (ma ce ne sono molti altri se aprite i link). Non cambierà nulla, nemmeno stavolta. Ma "Castro assassini" almeno risuonerà mille volte in centoquaranta caratteri.
23 feb 2010
C'era una volta. Orlando Zapata Tamayo era un prigioniero di coscienza. Era in carcere dal 2003, arrestato dalla polizia politica cubana nelle retate di primavera contro il gruppo dei 75. Stava male Orlando Zapata Tamayo, non mangiava ed era pure negro. Nella Cuba dei Castro certe cose non si perdonano. Pochi minuti fa, in quella sconfinata agenzia di stampa collettiva che è Twitter è arrivato questo messaggio, firmato Yoani Sánchez: "Elizardo Sanchez me confirma la muerte de Orlando Zapata Tamayo. Esto no se puede quedar asi!". Sì che può, scommettiamo.
15 feb 2010
Intervista. "La mia vita per Kim Jong-il"/4.
Quarta ed ultima parte dell'intervista ad Alejandro Cao de Benós. Nelle puntate precedenti abbiamo conosciuto la sua storia di soldato dell'ideologia Juche e la sua visione della realtà politica, sociale ed economica nordcoreana contro ogni "propaganda occidentale". Oggi partiamo dalla questione nucleare, per proseguire con i piani di futuro del governo di Pyongyang e concludere con alcuni aspetti della vita quotidiana dei cittadini nordcoreani. Personalmente è stata una grande opportunità poter intervistare un personaggio che, indipendentemente da ogni considerazione di carattere morale o politico, ha deciso di vivere un'esperienza assolutamente unica, probabilmente irripetibile e certamente degna di essere raccontata.
Per chi non le avesse ancora lette, queste sono le puntate precedenti in italiano (1, 2 e 3) e in inglese (1, 2 e 3). Inoltre vi rimando alle due pagine sul quotidiano L'Opinione (1 e 2).
Nel frattempo sono successe alcune cose: il missionario Robert Park è stato liberato dopo una peculiare confessione ad oggi non ritrattata, la riforma monetaria ha fatto traballare per la prima volta la sicurezza del regime e qualcuno avrebbe addirittura chiesto scusa.
Veniamo alla questione nucleare. Questi sono stati anni di sanzioni, di tentativi di accordo, di passi avanti e marce indietro nei negoziati tra la comunità internazionale – e gli Stati Uniti in particolare – e la Corea del Nord. Qual è la situazione al momento?
La nostra posizione è sempre la stessa, la richiesta di un trattato di pace con gli Stati Uniti che metta fine alla guerra di aggressione scatenata contro di noi. Adesso per la prima volta Washington ascolta le richieste della Corea del Nord, dopo anni di minacce e di atteggiamenti di sfida. Noi tratteremo gli americani come interlocutori di pari livello ma non permetteremo che nessuno imponga la propria autorità su di noi. Solo con un negoziato bilaterale si potranno risolvere i problemi.
L’impressione da qui è che Pyongyang utilizzi la minaccia nucleare per ricattare la comunità internazionale ed ottenere il potere contrattuale e il riconoscimento che altrimenti le verrebbero negati. Qual è il reale obiettivo del nucleare nordcoreano?
Bush fece chiaramente intendere che gli Stati Uniti ci avrebbero invaso, inserendo la Corea del Nord nel suo famigerato Asse del Male. L’unico deterrente che avevamo era costruire il nostro arsenale nucleare. Vogliamo garanzie dagli Stati Uniti e non è con le sanzioni al Consiglio di Sicurezza che si risolverà il problema.
Lei crede davvero che gli Stati Uniti abbiano intenzioni aggressive nei confronti della Corea del Nord?
Lo hanno già dimostrato nel 1950, massacrandoci con bombardamenti e armi batteriologiche.
Una questione che mi ha sempre affascinato è quella della Guerra di Corea, perché se ci sono due cose che dovrebbero essere chiare in un conflitto è chi lo inizia e come finisce. Invece la versione nordcoreana differisce da quella del resto del mondo. Ce la potrebbe illustrare?
La versione occidentale dimostra fino a che punto una macchina propagandistica ben oliata possa influenzare le menti. C’è ancora molta gente viva che può confermare come siano andate davvero le cose, anche in Corea del Sud. Ci sono libri scritti da sudcoreani che descrivono i preparativi dell’attacco americano contro il Nord. A Pyongyang abbiamo decine di documenti provenienti dal palazzo presidenziale di Seul con i piani d’attacco contro Pyongyang. Gli americani, con la scusa che il Nord aveva invaso il Sud, penetrarono nel nostro territorio alcuni chilometri. La controffensiva di Kim Il-sung li costrinse in difesa. Quando si videro circondati, approfittando dell’assenza dei russi e dei cinesi, convinsero il Consiglio di Sicurezza dell’ONU a lanciare una nuova offensiva contro la Corea del Nord. Quindici paesi coalizzati contro di noi occuparono quasi tutta la penisola mentre i bombardamenti americani fecero strage in territorio coreano e cinese. Fortunatamente la Corea del Nord riuscì a vincere la guerra e costrinse le forze ostili all’armistizio.
Di quante atomiche è in possesso il regime?
Abbiamo decine di bombe nucleari in grado di colpire bersagli intercontinentali. Possiamo tranquillamente raggiungere gli Stati Uniti.
Quindi gli americani hanno ragione a preoccuparsi.
No, perché loro sono gli unici ad averle usate nella storia ed attualmente ne immagazzinano più di seimila. Mi pare che chi deve preoccuparsi non siano gli Stati Uniti. Se vogliono la denuclearizzazione della penisola che comincino loro a dare l’esempio.
Come si devono interpretare le accuse di proliferazione nucleare rivolte al governo nordcoreano?
Sono assolute menzogne. Vendiamo tecnologia militare ma lo sviluppo nucleare rimane all’interno del paese.
E’ vero che Pyongyang sta collaborando con i generali birmani nel campo della tecnologia nucleare? Sa qualcosa della vicenda dei tunnel di Naypyidaw?
Dei tunnel non so nulla anche se è vero che collaboriamo militarmente con molti paesi. Ma si parla solo di tecnologia a scopi difensivi e in ogni caso sempre con stati sovrani, mai con organizzazioni para-statali o terroriste. Abbiamo ricevuto richieste da gruppi terroristi ma le abbiamo sempre respinte.
Che scopo hanno i lanci di missili nel mar del Giappone?
Il lancio di missili rientra nelle normali operazioni difensive di un paese, si è sempre fatto e non va interpretato come un atto ostile.
Crede che a Kim Jong-il piaccia più Obama di GWB?
Non ci intromettiamo nelle scelte di altri popoli, ci limitiamo ad osservare e ad analizzare. Dopo un inizio deludente, adesso cominciamo a notare un cambio nell’atteggiamento statunitense nei nostri confronti. Più grazie a Bill Clinton che ad Obama, però.
Lei è stato negli Stati Uniti? Cosa pensa del paese e della sua popolazione, al di là della propaganda ufficiale del governo per il quale lavora?
Ho trovato di tutto, da gente con problemi mentali sugli autobus pubblici a persone perbene, molto impegnate, che rischiano molto schierandosi contro il sistema. In generale mi fanno paura le città americane, dopo le sette di sera tutti i bianchi vanno a casa, e i neri e i poveri si riversano nelle strade.
Con il Giappone è sempre aperta la vicenda degli ostaggi sequestrati negli anni ’70. Chi erano queste persone, perché sono state prelevate e come è la loro vita attuale?
Quei fatti furono responsabilità di un ufficiale dei servizi segreti che ordinò di prelevare alcuni cittadini per insegnare la lingua e la cultura giapponesi in Corea del Nord. Ma lo fece per una iniziativa personale, non ci furono ordini dall’alto. La nostra dirigenza era all’oscuro di questa operazione. Alcuni di loro sono morti, altri sono stati restituiti al governo giapponese.
Qual è la situazione del missionario americano Robert Park, del quale non si hanno notizie dal dicembre scorso, quando venne arrestato dopo essere entrato in territorio nordcoreano?
E’ il classico caso di proselitismo da parte di un fondamentalista religioso che crede di agire in base ad un mandato divino. E' una di quelle persone in cerca di notorietà o con problemi mentali. Le autorità lo stanno sorvegliando ma le sue condizioni certamente sono buone, noi non maltrattiamo nessuno. Basta vedere il trattamento che riservammo alle due giornaliste americane infiltratesi in territorio nordcoreano: furono ospitate in una residenza riservata agli ospiti stranieri che visitano il paese. Avevano cibo, vestiti nuovi e ogni tipo di servizio a loro disposizione. Ovviamente non potevano uscire. Fu un atto di clemenza perché le leggi del paese, per casi analoghi, prevedono il carcere.
Cosa vi hanno offerto gli Stati Uniti in cambio della liberazione delle due giornaliste?
Questo è un segreto di stato ma ti posso assicurare che è qualcosa di molto importante, i cui effetti si vedranno solo nei prossimi mesi. Dico solo che la loro offerta ha a che vedere con l’improvviso riavvicinamento dell’amministrazione Obama alle nostre posizioni.
Anche l’ultimo Bush dimostrò una maggior predisposizione al dialogo con Pyongyang.
Questo avvenne precisamente grazie al nostro arsenale nucleare. Bush passò dalla dottrina dell’attacco nucleare preventivo alla tavola del negoziato, dopo aver constatato ciò di cui eravamo capaci dopo i nostri test atomici.
Quali sono i principali progetti di investimento dall’estero in atto in questo momento in Corea del Nord?
Le aziende straniere ci chiedono confidenzialità su questo punto, per evitare speculazioni o manipolazioni. Comunque sono soprattutto progetti cinesi.
Quali sono i principali partner commerciali della Corea del Nord?
Cina principalmente, ma anche Russia e Sud-Est asiatico.
Come sta andando l’esperimento di Kaesong? Come interpreta la presenza di elementi capitalisti nella roccaforte del comunismo?
Kaesong è soprattutto un’idea politica, un cammino verso l’integrazione e la riunificazione attraverso l’economia. Ha funzionato bene fino ad oggi tanto per noi, grazie all’entrata di capitali stranieri, quanto per le aziende del Sud che possono produrre a costi inferiori e con una qualità superiore. Adesso il governo ultra-conservatore di Seul ha rotto tutti gli accordi stipulati dai suoi predecessori, un po’ come fece Bush dopo Clinton. Ma la società civile sudcoreana e gli imprenditori sono favorevoli a una riunificazione.
Non c’è contaminazione ideologica a Kaesong perché non si ammette nessun tipo di propaganda sui luoghi di lavoro.
Gli operai nordcoreani in queste aziende guadagnano di più dei loro connazionali?
No, l’unico vantaggio sono gli extra – vestiti, dolci – che a volte i dirigenti delle aziende sudcoreane danno loro.
Ci sono altre zone speciali in programma nel prossimo futuro?
C’è una zona industriale nel nord-est del paese che risale agli anni ’80 e poi la porzione di territorio destinato alle visite turistiche di cittadini del Sud, controllato dai militari e isolato.
Lei è spesso a Pechino. Chi incontra quando va in Cina?
Imprenditori, coreani che vivono là, stampa internazionale. Ma sono soprattutto incontri d’affari.
Qual è l’influenza reale della Cina sulla politica nordcoreana?
Quarta ed ultima parte dell'intervista ad Alejandro Cao de Benós. Nelle puntate precedenti abbiamo conosciuto la sua storia di soldato dell'ideologia Juche e la sua visione della realtà politica, sociale ed economica nordcoreana contro ogni "propaganda occidentale". Oggi partiamo dalla questione nucleare, per proseguire con i piani di futuro del governo di Pyongyang e concludere con alcuni aspetti della vita quotidiana dei cittadini nordcoreani. Personalmente è stata una grande opportunità poter intervistare un personaggio che, indipendentemente da ogni considerazione di carattere morale o politico, ha deciso di vivere un'esperienza assolutamente unica, probabilmente irripetibile e certamente degna di essere raccontata.
Per chi non le avesse ancora lette, queste sono le puntate precedenti in italiano (1, 2 e 3) e in inglese (1, 2 e 3). Inoltre vi rimando alle due pagine sul quotidiano L'Opinione (1 e 2).
Nel frattempo sono successe alcune cose: il missionario Robert Park è stato liberato dopo una peculiare confessione ad oggi non ritrattata, la riforma monetaria ha fatto traballare per la prima volta la sicurezza del regime e qualcuno avrebbe addirittura chiesto scusa.
Veniamo alla questione nucleare. Questi sono stati anni di sanzioni, di tentativi di accordo, di passi avanti e marce indietro nei negoziati tra la comunità internazionale – e gli Stati Uniti in particolare – e la Corea del Nord. Qual è la situazione al momento?
La nostra posizione è sempre la stessa, la richiesta di un trattato di pace con gli Stati Uniti che metta fine alla guerra di aggressione scatenata contro di noi. Adesso per la prima volta Washington ascolta le richieste della Corea del Nord, dopo anni di minacce e di atteggiamenti di sfida. Noi tratteremo gli americani come interlocutori di pari livello ma non permetteremo che nessuno imponga la propria autorità su di noi. Solo con un negoziato bilaterale si potranno risolvere i problemi.
L’impressione da qui è che Pyongyang utilizzi la minaccia nucleare per ricattare la comunità internazionale ed ottenere il potere contrattuale e il riconoscimento che altrimenti le verrebbero negati. Qual è il reale obiettivo del nucleare nordcoreano?
Bush fece chiaramente intendere che gli Stati Uniti ci avrebbero invaso, inserendo la Corea del Nord nel suo famigerato Asse del Male. L’unico deterrente che avevamo era costruire il nostro arsenale nucleare. Vogliamo garanzie dagli Stati Uniti e non è con le sanzioni al Consiglio di Sicurezza che si risolverà il problema.
Lei crede davvero che gli Stati Uniti abbiano intenzioni aggressive nei confronti della Corea del Nord?
Lo hanno già dimostrato nel 1950, massacrandoci con bombardamenti e armi batteriologiche.
Una questione che mi ha sempre affascinato è quella della Guerra di Corea, perché se ci sono due cose che dovrebbero essere chiare in un conflitto è chi lo inizia e come finisce. Invece la versione nordcoreana differisce da quella del resto del mondo. Ce la potrebbe illustrare?
La versione occidentale dimostra fino a che punto una macchina propagandistica ben oliata possa influenzare le menti. C’è ancora molta gente viva che può confermare come siano andate davvero le cose, anche in Corea del Sud. Ci sono libri scritti da sudcoreani che descrivono i preparativi dell’attacco americano contro il Nord. A Pyongyang abbiamo decine di documenti provenienti dal palazzo presidenziale di Seul con i piani d’attacco contro Pyongyang. Gli americani, con la scusa che il Nord aveva invaso il Sud, penetrarono nel nostro territorio alcuni chilometri. La controffensiva di Kim Il-sung li costrinse in difesa. Quando si videro circondati, approfittando dell’assenza dei russi e dei cinesi, convinsero il Consiglio di Sicurezza dell’ONU a lanciare una nuova offensiva contro la Corea del Nord. Quindici paesi coalizzati contro di noi occuparono quasi tutta la penisola mentre i bombardamenti americani fecero strage in territorio coreano e cinese. Fortunatamente la Corea del Nord riuscì a vincere la guerra e costrinse le forze ostili all’armistizio.
Di quante atomiche è in possesso il regime?
Abbiamo decine di bombe nucleari in grado di colpire bersagli intercontinentali. Possiamo tranquillamente raggiungere gli Stati Uniti.
Quindi gli americani hanno ragione a preoccuparsi.
No, perché loro sono gli unici ad averle usate nella storia ed attualmente ne immagazzinano più di seimila. Mi pare che chi deve preoccuparsi non siano gli Stati Uniti. Se vogliono la denuclearizzazione della penisola che comincino loro a dare l’esempio.
Come si devono interpretare le accuse di proliferazione nucleare rivolte al governo nordcoreano?
Sono assolute menzogne. Vendiamo tecnologia militare ma lo sviluppo nucleare rimane all’interno del paese.
E’ vero che Pyongyang sta collaborando con i generali birmani nel campo della tecnologia nucleare? Sa qualcosa della vicenda dei tunnel di Naypyidaw?
Dei tunnel non so nulla anche se è vero che collaboriamo militarmente con molti paesi. Ma si parla solo di tecnologia a scopi difensivi e in ogni caso sempre con stati sovrani, mai con organizzazioni para-statali o terroriste. Abbiamo ricevuto richieste da gruppi terroristi ma le abbiamo sempre respinte.
Che scopo hanno i lanci di missili nel mar del Giappone?
Il lancio di missili rientra nelle normali operazioni difensive di un paese, si è sempre fatto e non va interpretato come un atto ostile.
Crede che a Kim Jong-il piaccia più Obama di GWB?
Non ci intromettiamo nelle scelte di altri popoli, ci limitiamo ad osservare e ad analizzare. Dopo un inizio deludente, adesso cominciamo a notare un cambio nell’atteggiamento statunitense nei nostri confronti. Più grazie a Bill Clinton che ad Obama, però.
Lei è stato negli Stati Uniti? Cosa pensa del paese e della sua popolazione, al di là della propaganda ufficiale del governo per il quale lavora?
Ho trovato di tutto, da gente con problemi mentali sugli autobus pubblici a persone perbene, molto impegnate, che rischiano molto schierandosi contro il sistema. In generale mi fanno paura le città americane, dopo le sette di sera tutti i bianchi vanno a casa, e i neri e i poveri si riversano nelle strade.
Con il Giappone è sempre aperta la vicenda degli ostaggi sequestrati negli anni ’70. Chi erano queste persone, perché sono state prelevate e come è la loro vita attuale?
Quei fatti furono responsabilità di un ufficiale dei servizi segreti che ordinò di prelevare alcuni cittadini per insegnare la lingua e la cultura giapponesi in Corea del Nord. Ma lo fece per una iniziativa personale, non ci furono ordini dall’alto. La nostra dirigenza era all’oscuro di questa operazione. Alcuni di loro sono morti, altri sono stati restituiti al governo giapponese.
Qual è la situazione del missionario americano Robert Park, del quale non si hanno notizie dal dicembre scorso, quando venne arrestato dopo essere entrato in territorio nordcoreano?
E’ il classico caso di proselitismo da parte di un fondamentalista religioso che crede di agire in base ad un mandato divino. E' una di quelle persone in cerca di notorietà o con problemi mentali. Le autorità lo stanno sorvegliando ma le sue condizioni certamente sono buone, noi non maltrattiamo nessuno. Basta vedere il trattamento che riservammo alle due giornaliste americane infiltratesi in territorio nordcoreano: furono ospitate in una residenza riservata agli ospiti stranieri che visitano il paese. Avevano cibo, vestiti nuovi e ogni tipo di servizio a loro disposizione. Ovviamente non potevano uscire. Fu un atto di clemenza perché le leggi del paese, per casi analoghi, prevedono il carcere.
Cosa vi hanno offerto gli Stati Uniti in cambio della liberazione delle due giornaliste?
Questo è un segreto di stato ma ti posso assicurare che è qualcosa di molto importante, i cui effetti si vedranno solo nei prossimi mesi. Dico solo che la loro offerta ha a che vedere con l’improvviso riavvicinamento dell’amministrazione Obama alle nostre posizioni.
Anche l’ultimo Bush dimostrò una maggior predisposizione al dialogo con Pyongyang.
Questo avvenne precisamente grazie al nostro arsenale nucleare. Bush passò dalla dottrina dell’attacco nucleare preventivo alla tavola del negoziato, dopo aver constatato ciò di cui eravamo capaci dopo i nostri test atomici.
Quali sono i principali progetti di investimento dall’estero in atto in questo momento in Corea del Nord?
Le aziende straniere ci chiedono confidenzialità su questo punto, per evitare speculazioni o manipolazioni. Comunque sono soprattutto progetti cinesi.
Quali sono i principali partner commerciali della Corea del Nord?
Cina principalmente, ma anche Russia e Sud-Est asiatico.
Come sta andando l’esperimento di Kaesong? Come interpreta la presenza di elementi capitalisti nella roccaforte del comunismo?
Kaesong è soprattutto un’idea politica, un cammino verso l’integrazione e la riunificazione attraverso l’economia. Ha funzionato bene fino ad oggi tanto per noi, grazie all’entrata di capitali stranieri, quanto per le aziende del Sud che possono produrre a costi inferiori e con una qualità superiore. Adesso il governo ultra-conservatore di Seul ha rotto tutti gli accordi stipulati dai suoi predecessori, un po’ come fece Bush dopo Clinton. Ma la società civile sudcoreana e gli imprenditori sono favorevoli a una riunificazione.
Non c’è contaminazione ideologica a Kaesong perché non si ammette nessun tipo di propaganda sui luoghi di lavoro.
Gli operai nordcoreani in queste aziende guadagnano di più dei loro connazionali?
No, l’unico vantaggio sono gli extra – vestiti, dolci – che a volte i dirigenti delle aziende sudcoreane danno loro.
Ci sono altre zone speciali in programma nel prossimo futuro?
C’è una zona industriale nel nord-est del paese che risale agli anni ’80 e poi la porzione di territorio destinato alle visite turistiche di cittadini del Sud, controllato dai militari e isolato.
Lei è spesso a Pechino. Chi incontra quando va in Cina?
Imprenditori, coreani che vivono là, stampa internazionale. Ma sono soprattutto incontri d’affari.
Qual è l’influenza reale della Cina sulla politica nordcoreana?
Politicamente non ha nessuna influenza. Siamo una nazione sovrana e seguiamo solo la nostra linea. Se avessimo dato ascolto ai leader cinesi, a quest’ora saremmo un paese capitalista.
Quali sono i piani politici ed economici del governo per i prossimi cinque anni? Che cosa dovrebbe succedere nel 2012, quando si celebrerà il centenario della nascita di Kim Il-sung?
Quali sono i piani politici ed economici del governo per i prossimi cinque anni? Che cosa dovrebbe succedere nel 2012, quando si celebrerà il centenario della nascita di Kim Il-sung?
I piani sono finalizzati al 2012 quando comincerà una nuova fase destinata alla creazione della superpotenza nordcoreana, non solo in termini politici e militari ma anche economici. Rafforzeremo l’industria nazionale, l’agricoltura e il commercio estero. Nel paese entrerà una gran quantità di moneta internazionale e ci troveremo nel punto algido del nostro sviluppo. Abbiamo riserve di petrolio, di oro, di minerali ma attualmente non possediamo le tecnologie per sfruttare queste risorse. Stiamo lavorando per preparare la nostra prima centrale nucleare ad acqua leggera, quella che avrebbero docuto fornirci gli americani in base ad accordi poi disattesi. Grazie a questa centrale risolveremo i problemi elettrici del nostro paese e alimenteremo le industrie.
Perché dopo tutti questi anni la Corea del nord non ha ancora sviluppato queste infrastrutture?
Perché dopo tutti questi anni la Corea del nord non ha ancora sviluppato queste infrastrutture?
Principalmente per il blocco economico cui siamo sottoposti, anche se il sistema non è perfetto e necessita miglioramenti.
Qual è il salario medio di un nordcoreano?
8.000 won al mese (con il vecchio cambio) per un funzionario, 16.000 per un contadino.
Che tipo di elettrodomestici ci sono nelle case dei cittadini comuni?
Televisore, radio, riscaldamento. Il frigorifero solo nei nuovi appartamenti. A Pyongyang è in corso un boom edilizio importante, si stanno costruendo più di 150.000 abitazioni.
E’ vero che la radio è sintonizzata su una sola frequenza?
Ci sono diverse frequenze ma logicamente tutte le radio sono statali. C’è poi un sistema di allarme in tutte le case, attraverso il quale vengono diffusi gli avvisi in caso di emergenza e quando c’è bisogno di mobilitare la popolazione.
E’ vero che strappare una pagina di giornale con l’immagine dei Leader può portare ad una condanna penale?
No. Però il tuo vicino come minimo ti picchierebbe.
Hanno vacanze i lavoratori nordcoreani?
Certo, 25 o 30 giorni pagati dallo stato, dipende dal tipo di lavoro. Si lavora dal lunedì al giovedì, mentre il venerdì è dedicato al lavoro volontario nei campi o nelle fabbriche. La mattina del sabato è riservata allo studio.
Esistono località di villeggiatura in Corea del Nord?
Certo, località costiere tipicamente destinate all'ozio. Lo stato paga l’hotel, i trasporti, i cittadini non spendono nulla.
Quest’anno la Corea del Nord parteciperà ai mondiali di calcio in Sudafrica. E’ vero che Kim Jong-il ha vietato la trasmissione in diretta delle partite?
Non è un divieto ma un problema di copyright. Non possiamo destinare milioni di dollari a pagare i diritti delle partite. Però vediamo partite delle squade di calcio europee sui nostri tre canali nazionali, attraverso satelliti pirata.
Da poco è stato introdotto un sistema di telefonia cellulare nel paese grazie ad un importante contratto con una impresa egiziana del settore. Chi e quanti sono gli utenti? E’ prevista una sua espansione? Che costi ha il servizio? Sono sostenibili dalla popolazione comune?
Il servizio sta crescendo gradualmente anche se è ancora abbastanza caro. Normalmente c’è un cellulare per famiglia. Credo che le ultime statistiche parlino di 80.000-100.000 telefoni. Tutti possono usufruirne, non solo gli ufficiali del Partito, anche se ovviamente le comunicazioni sono soltanto interne. Non è possibile comunicare con l’estero.
Parliamo un po’ di come sono trattate le minoranze in Corea del Nord. Per esempio, l’omosessualità è tollerata? E’ vero che nelle strade del paese non si vedono disabili? Quanto c’è di vero nelle denunce di bambini denutriti negli orfanotrofi?
L’omosessualità è un fatto privato, lo stato non entra nella vita privata dei cittadini. Si condanna il proselitismo ma non la pratica in sé. Per la strada è frequente vedere uomini mano nella mano. I disabili circolano per le strade, anche se i turisti non li vedono. I bambini ebbero problemi durante la crisi alimentare, ma adesso queste situazioni sono state superate.
Cosa pensa degli esperti occidentali in questioni nordcoreane (Lankov, Cummings, Becker, Demick)? Legge i loro libri o i loro articoli? La dirigenza nordcoreana li legge?
Io leggo tutto fatta eccezione per la spazzatura. Mi consta che i nostri dirigenti ricevano regolarmente dalle ambasciate i libri che riguardano la Corea del Nord. La maggior parte delle volte purtroppo quel che si legge è pura speculazione, senza una base di verità.
Si è mai sentito spiato nella sua attività quotidiana a Pyongyang?
Osservato ma non spiato. Come occidentale suscito ancora curiosità tra la popolazione.
Si è mai sentito in pericolo in Corea?
Tutto il contrario, la Corea del Nord è il paese più sicuro del mondo.
Ha mai pensato di essere stato usato dalla dirigenza nordcoreana?
No, anche perché sono stato io a chiedere di collaborare con loro e non viceversa.
Cosa risponde a chi la accusa di essere, mi scusi, un “utile idiota” al servizio di un regime criminale?
Chi insulta non merita risposta. Accusare gli altri senza fare nulla di utile per il proprio sistema è assolutamente insensato. Io sono sempre stato coerente con le mie idee, mi hanno trattato come un terrorista, e continuo a pagare un mutuo.
Supponiamo che un giorno il regime di Pyongyang crolli, come il resto dei sistemi comunisti che lo hanno preceduto. Come vede il futuro dei 24 milioni di cittadini nordcoreani e il suo futuro personale?
Personalmente abbandonerei inmediatamente tutte le mie cariche di governo, trasformerei la Korean Friendship Association (KFA) in un centro-studi dell’opera di Kim Il-sung e farei opposizione al nuovo governo dall’estero. Ai nordcoreani toccherebbe un destino simile ai cinesi, con tutte le diseguaglianze e i problemi che questo comporterebbe. Il desiderio del governo cinese sarebbe quello di incorporare il nostro territorio e la sua popolazione. Pechino cura solo i propri interessi e, anche se tradizionalmente vi sono rapporti di fratellanza, dal punto di vista ideologico è ormai agli antipodi rispetto a noi. Ci rispettiamo ma non ci amiamo.
Ha appena pubblicato un libro sulla Corea del Nord, tramite l’associazione che presiede. Ci può descrivere in breve il suo contenuto?
E’ un libro sul sistema politico nordcoreano e, in parte, sulla mia esperienza personale. Spero di poterlo tradurre al più presto.
(fine)
Qual è il salario medio di un nordcoreano?
8.000 won al mese (con il vecchio cambio) per un funzionario, 16.000 per un contadino.
Che tipo di elettrodomestici ci sono nelle case dei cittadini comuni?
Televisore, radio, riscaldamento. Il frigorifero solo nei nuovi appartamenti. A Pyongyang è in corso un boom edilizio importante, si stanno costruendo più di 150.000 abitazioni.
E’ vero che la radio è sintonizzata su una sola frequenza?
Ci sono diverse frequenze ma logicamente tutte le radio sono statali. C’è poi un sistema di allarme in tutte le case, attraverso il quale vengono diffusi gli avvisi in caso di emergenza e quando c’è bisogno di mobilitare la popolazione.
E’ vero che strappare una pagina di giornale con l’immagine dei Leader può portare ad una condanna penale?
No. Però il tuo vicino come minimo ti picchierebbe.
Hanno vacanze i lavoratori nordcoreani?
Certo, 25 o 30 giorni pagati dallo stato, dipende dal tipo di lavoro. Si lavora dal lunedì al giovedì, mentre il venerdì è dedicato al lavoro volontario nei campi o nelle fabbriche. La mattina del sabato è riservata allo studio.
Esistono località di villeggiatura in Corea del Nord?
Certo, località costiere tipicamente destinate all'ozio. Lo stato paga l’hotel, i trasporti, i cittadini non spendono nulla.
Quest’anno la Corea del Nord parteciperà ai mondiali di calcio in Sudafrica. E’ vero che Kim Jong-il ha vietato la trasmissione in diretta delle partite?
Non è un divieto ma un problema di copyright. Non possiamo destinare milioni di dollari a pagare i diritti delle partite. Però vediamo partite delle squade di calcio europee sui nostri tre canali nazionali, attraverso satelliti pirata.
Da poco è stato introdotto un sistema di telefonia cellulare nel paese grazie ad un importante contratto con una impresa egiziana del settore. Chi e quanti sono gli utenti? E’ prevista una sua espansione? Che costi ha il servizio? Sono sostenibili dalla popolazione comune?
Il servizio sta crescendo gradualmente anche se è ancora abbastanza caro. Normalmente c’è un cellulare per famiglia. Credo che le ultime statistiche parlino di 80.000-100.000 telefoni. Tutti possono usufruirne, non solo gli ufficiali del Partito, anche se ovviamente le comunicazioni sono soltanto interne. Non è possibile comunicare con l’estero.
Parliamo un po’ di come sono trattate le minoranze in Corea del Nord. Per esempio, l’omosessualità è tollerata? E’ vero che nelle strade del paese non si vedono disabili? Quanto c’è di vero nelle denunce di bambini denutriti negli orfanotrofi?
L’omosessualità è un fatto privato, lo stato non entra nella vita privata dei cittadini. Si condanna il proselitismo ma non la pratica in sé. Per la strada è frequente vedere uomini mano nella mano. I disabili circolano per le strade, anche se i turisti non li vedono. I bambini ebbero problemi durante la crisi alimentare, ma adesso queste situazioni sono state superate.
Cosa pensa degli esperti occidentali in questioni nordcoreane (Lankov, Cummings, Becker, Demick)? Legge i loro libri o i loro articoli? La dirigenza nordcoreana li legge?
Io leggo tutto fatta eccezione per la spazzatura. Mi consta che i nostri dirigenti ricevano regolarmente dalle ambasciate i libri che riguardano la Corea del Nord. La maggior parte delle volte purtroppo quel che si legge è pura speculazione, senza una base di verità.
Si è mai sentito spiato nella sua attività quotidiana a Pyongyang?
Osservato ma non spiato. Come occidentale suscito ancora curiosità tra la popolazione.
Si è mai sentito in pericolo in Corea?
Tutto il contrario, la Corea del Nord è il paese più sicuro del mondo.
Ha mai pensato di essere stato usato dalla dirigenza nordcoreana?
No, anche perché sono stato io a chiedere di collaborare con loro e non viceversa.
Cosa risponde a chi la accusa di essere, mi scusi, un “utile idiota” al servizio di un regime criminale?
Chi insulta non merita risposta. Accusare gli altri senza fare nulla di utile per il proprio sistema è assolutamente insensato. Io sono sempre stato coerente con le mie idee, mi hanno trattato come un terrorista, e continuo a pagare un mutuo.
Supponiamo che un giorno il regime di Pyongyang crolli, come il resto dei sistemi comunisti che lo hanno preceduto. Come vede il futuro dei 24 milioni di cittadini nordcoreani e il suo futuro personale?
Personalmente abbandonerei inmediatamente tutte le mie cariche di governo, trasformerei la Korean Friendship Association (KFA) in un centro-studi dell’opera di Kim Il-sung e farei opposizione al nuovo governo dall’estero. Ai nordcoreani toccherebbe un destino simile ai cinesi, con tutte le diseguaglianze e i problemi che questo comporterebbe. Il desiderio del governo cinese sarebbe quello di incorporare il nostro territorio e la sua popolazione. Pechino cura solo i propri interessi e, anche se tradizionalmente vi sono rapporti di fratellanza, dal punto di vista ideologico è ormai agli antipodi rispetto a noi. Ci rispettiamo ma non ci amiamo.
Ha appena pubblicato un libro sulla Corea del Nord, tramite l’associazione che presiede. Ci può descrivere in breve il suo contenuto?
E’ un libro sul sistema politico nordcoreano e, in parte, sulla mia esperienza personale. Spero di poterlo tradurre al più presto.
(fine)
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