27 abr 2003

Iraq e Al-Qaeda. Il Daily Telegraph scopre a Baghdad documenti di intelligence che confermerebbero il legame tra il deposto regime di Saddam e il network del terrore di Osama:
Papers found yesterday in the bombed headquarters of the Mukhabarat, Iraq’s intelligence service, reveal that an al-Qa’eda envoy was invited clandestinely to Baghdad in March 1998. The documents show that the purpose of the meeting was to establish a relationship between Baghdad and al-Qa’eda based on their mutual hatred of America and Saudi Arabia. The meeting apparently went so well that it was extended by a week and ended with arrangements being discussed for bin Laden to visit Baghdad.

25 abr 2003

Uno di meno (un altro). Aveva stretto un buon numero di mani nel suo ultimo viaggio in Italia. Era andato da pellegrino ad Assisi dove i frati lo avevano accolto come un cristiano qualsiasi. Aveva portato al Papa un messaggio del suo Raíss. Ieri Tareq Aziz ha compiuto la migliore azione della sua vita: si è consegnato agli americani. Quello che alcuni amavano descrivere come “la faccia presentabile del regime" ma che in realtà nel suo curriculum politico poteva vantare un ruolo di primo piano nelle purghe baathiste era uno dei ricercati del mazzo dei 55. Ciò che più conta a questo punto è che Tareq Aziz potrà raccontare molte cose sull’ex dittatore di Baghdad di cui è stato delfino ed ambasciatore per anni. E’ solo questione di tempo, anche qui. Sul Times un suo ritratto.

23 abr 2003

Il venticinque aprile antiamericano. Sarebbe uno dei più sconcertanti paradossi storici che si possano concepire. Tra tutti quelli che scenderanno in piazza per l’anniversario della Liberazione del nostro paese ce ne saranno moltissimi che si sono opposti alla Liberazione dell’Iraq. E che manifesteranno contro quegli stessi angloamericani che hanno reso possibile questo giorno. Ecco perché forse sarebbe meglio che stavolta restassero a casa:
(...) l’antifascismo non democratico compirebbe un atto di impostura se celebrasse il 25 aprile della Liberazione dopo aver vissuto nelle cantine in cui si era imboscato il 9 aprile della Liberazione di Baghdad. 
Troppo facile incamerare e tenere per sé il mito dell’antifascismo come religione civile, staccandone per decenni la cedola politica, e dimenticarsi dell’unico atto concreto di antifascismo del nostro tempo, la cacciata dal potere del fascismo baathista di Saddam. Quel tipo di antifascisti stavolta dovrebbe starsene a casa.
Questione di decenza. Do you know this word?

11 abr 2003

E adesso, che facciamo? (o anche Questa proprio non ci voleva!). Imperdibile pagina delle Lettere de Il Foglio sullo smarrimento dei pacifisti alla caduta di Baghdad.
Altre immagini. Bellissime.
Per non dimenticare. Perfavore leggete la serie di “Avevano detto...” pubblicata qui nei Von Hoffman Awards.
Dal mondo arabo. Le reazioni alla fine del regime. C’è di tutto, dal rancore alla speranza. Quindi c’è speranza.
Quattro giorni fa. Anche questa è una bella storia che abbiamo voglia di raccontare. Khuder al-Emiri torna al suo villaggio dopo dodici anni. Lo accompagnano i marines.
Dubbi. Solo perchè nessuno l’ha detto... e anche perché ne abbiamo sentite davvero troppe.
Pensa un po’ alle volte... In Iraq i marines hanno trovato un missile in uno stadio. Pensate che a Blix piacesse il calcio?
Proprio non si danno pace. I palestinesi non nascondono la loro delusione per la caduta di Saddam: «Non può essere vero, dove sono i terroristi suicidi, dove sono i fedayeen di Saddam, dov’è l’eroica Guardia Repubblicana?». Temiamo che le stesse domande se le sia poste con la stessa angoscia anche qualcuno dalle nostre parti. Ma forse siamo malpensanti. Ce n'è anche qui.
Hanno la faccia come il c... Se questa cosa non vi provoca un sussulto di indignazione cominciate a preoccuparvi. Pensate al mondo ventuno giorni fa. E pensate al mondo oggi. Provate a trarre qualche conclusione, s’il vous plait. Ci domandiamo: prima o poi questi eleganti signori che vestono Old Europe saranno messi di fronte alle proprie responsabilità, no?

1 abr 2003

Non notiziabile. Continuiamo a seguire noi questa storia, visto che i media sembrano un po’ distratti.
Peter, ancora tu! Per questa intervista, decisamente inopportuna, Peter Arnett è uscito nuovamente di scena in maniera poco gloriosa. Non si può dire che alcuni colleghi se ne dispiacciano.
Antisemitismo e codardia. In Francia di questi tempi c’è un bell’ambientino… Una manifestazione “pacifista” si trasforma in un corteo antisemita in cui i musulmani sfilano gridando cose così: «Vive Chirac! Stop the Jews!» o «Siamo tutti kamikaze!». In Parlamento il Ministro dell’Interno non trova di meglio che invitare alla calma dicendo: «Non è la nostra guerra». Ce n’eravamo accorti. Ma anche sul coraggio e la dignità di certa classe politica avremmo qualcosa da dire.
Poi c’è anche questa che non è male… un quarto dei francesi la pensa come Barenghi e De Genova.
The New Yorker vs. Rumsfeld. Dopo aver dato il via alla campagna che ha portato Richard Perle alle dimissioni (qui la sua difesa), in questo articolo (già famoso ancor prima della pubblicazione) il settimanale attacca il Segretario alla Difesa e la sua strategia di “guerra leggera”. Non entriamo nel merito in quanto non siamo esperti militari. Ci limitiamo a due considerazioni per così dire “politiche”. La prima. Come tutte le critiche che in questi giorni stanno montando sui mezzi di informazione, anche questa ci sembra assai prematura: ricordiamo solo che sia la Prima Guerra del Golfo, sia l’intervento in Kosovo, sia quello in Afghanistan richiesero diverse settimane prima di raggiungere l’esito prefissato. La seconda. L’articolo sembra dettato dagli avversari politici di Rumsfeld e dice esattamente ciò che tutti i suoi oppositori vorrebbero sentire: errori di valutazione, arroganza, incompetenza militare. Troppo facile per essere vero. Sa di preconfezionato, conservato e tirato fuori alla prima occasione. Ma forse un po’ troppo presto.
Pro memoria per il futuro. Ci troviamo in una fase in cui l’informazione schierata contro la guerra - vale a dire la stragrande maggioranza in Europa con bloggers pacifisti al seguito con body-counters o senza - si manifesta secondo queste due tendenze: da una parte un catastrofismo a tratti grottesco secondo il quale per gli alleati - o invasori come molti preferiscono chiamarli - tutto sta andando male, i piani sono clamorosamente sbagliati, gli strateghi americani sono in balia dell’astuto e indomabile nemico; dall’altra una fiducia pressochè acritica nei confronti di qualunque comunicato provenga dalla propaganda del regime di Saddam accompagnata da una diffidenza quasi assoluta verso le informazioni che fornisce la controparte alleata. La prima tendenza sa molto di segreta e inconfessabile speranza. La seconda di stolta e rivelatrice malafede. Nulla di serio in ogni caso.