30 jun 2003

Noi non abbiamo capito. Forse saremo «ipocapenti» (che bellezza!) però il senso di certi attacchi proprio ci sfugge. Per quale ragione Luca Sofri - che sarà pure il padre di tutti noi però qualche volta può sbagliare anche lui - scrive un post per ironizzare su un collega (sì, un collega) che altra colpa non ha che quella di trattare con passione i temi legati al mondo dell'editoria? Per quale ragione (ma qui forse siamo un po' meno stupiti) Brodoprimordiale si prende la briga di definire «pittoresco» (ci è andato leggero stavolta) il lavoro di Giorgio Levi (che non conosciamo personalmente ma che leggiamo quotidianamente) solo perchè sa che nessuno oserà contestargli questa definizione idiota e gratuita? Ci sembra che l'universo blog italiano assomigli sempre di più al nostro paese: un po' omertoso e un po' corporativo, abituato a parlarsi addosso e a promuovere «quelli del giro». Poco propenso a rispettare gli altri soprattutto se al conformismo imperante rifiutano di partecipare. Forse Luca Sofri nemmeno leggerà questo commento o semplicemente deciderà di ignorarlo. Forse Carlo di Brodoprimordiale se la caverà con una delle sue famose definizioni che riscuoteranno l'applauso dei fans (così tanto per non pensare). Però non andrebbe mai dimenticata una cosa: Andrew Sullivan in America fa centomila contatti al giorno (senza insultare nessuno). In Italia la stragrande maggioranza dei blog più seguiti può vantare dai cento ai trecento visitatori quotidiani. Alcuni (pochi) arrivano a cinquecento o giù di lì. Le eccezioni (che si contano sulle dita di una mano) registrano duemila click giornalieri. Ecco, cerchiamo di rimanere con i piedi per terra e soprattutto di considerare gli altri almeno quanto noi stessi. Vale per tutti. 
Il regime risponde. Non c’è futuro per quelli che si oppongono alla Rivoluzione Islamica del 1979 e Bush sta appoggiando un gruppo di hooligans. Parola di Rafsanjani.
Qui la protesta di quattro membri del Parlamento iraniano.
Per un domani diverso. Lettera aperta di un iraniano emigrato negli Usa ai leader dell’opposizione del suo paese. Considerazioni sulla classe politica del futuro e sui rapporti con gli alleati occidentali. Interessanti le riflessioni sul differente approccio di europei ed americani alla vicenda Iran. Un estratto:

America's desire to eliminate the theocracy in Iran is based on much more fundamental motivations than money and financial rewards, and therefore, makes a much more dependable ally for our democratic forces than the European Union. Where Europeans are our tactical allies, the Americans can be considered our strategic allies in establishing a secular democracy in our country and propagating it throughout the region. 

Da leggere tutta (via Buzzmachine).
Tregue.  Scusate se non festeggiamo. Ma a noi i terroristi che fanno concessioni e pongono condizioni provocano un certo malessere. Speriamo almeno che tutto questo indichi difficoltà reali all’interno delle organizzazioni fondamentaliste. Ultimora: anche Al Fatah (Arafat) ha aderito alla tregua. Appunto. Ma non dicevano che Arafat non c’entrava nulla e gli attentati li condannava? Mah. 
Conservatori innovatori. Considerata per l’attuale composizione una delle più conservatrici di sempre, la Corte Suprema si è espressa a favore di istanze tipicamente liberal nei casi più importanti decisi nella settimana appena conclusasi. Protagonisti principali i giudici O’Connor e Kennedy, entrambi nominati durante l’amministrazione Reagan. Ne parla il Washington Post
Giudicate voi. Terrorista venezuelano, ex-comunista, convertitosi all’Islam, attualmente in carcere in Francia, ha scritto un libro in cui esalta il terrore e loda Bin Laden per gli attentati dell’11 settembre. Un giornalista francese gli ha dato una mano nell’impresa. Fra pochi giorni il pamphlet sarà in vendita. Non ci facciamo mancare nulla. 
Che figata! Fra poco uscirà un film del regista Renzo Martinelli sul delitto Moro. Sarà una produzione italo-franco-britannico-tedesca. La tesi: dietro al rapimento e all’uccisione dello statista ci fu la partecipazione congiunta della CIA e del KGB che volevano impedire il compromesso storico. Ma è fortissimo! Come abbiamo fatto a non pensarci fino ad oggi! Neri: c’è materiale per te dopo la giornatona che ci hai regalato ieri. (Segnalato da Power Line: ci facciamo riconoscere ovunque). 

29 jun 2003

Uno dei più intelligenti articoli mai scritti sulle armi di distruzione di massa irachene. L'autore è Rolf Ekeus, svedese (come Blix), ex presidente esecutivo dell'UNSCOM in Iraq, ex ambasciatore negli Usa, attualmente a capo dello Stockholm International Peace Research Institute. Dice che il punto non è trovare ingenti quantità di armi chimiche o biologiche ammassate da qualche parte (gli iracheni sapevano che in poche settimane sarebbero state soggette a deterioramento): quel che conta è che il regime avesse (come aveva) un programma per la produzione di queste armi pronto per essere attivato al momento opportuno. Quel che conta, aggiunge, è che l'insieme di conoscenze, tecniche, agenti chimici e biologici pronti per essere trasformati in armi non finissero nelle mani dei gruppi terroristi in guerra con l'Occidente. Insomma: l'arma di distruzione di massa per eccellenza era il regime di Saddam. E bisognava disinnescarla al più presto.

Thus the Iraqi policy after the Gulf War was to halt all production of warfare agents and to focus on design and engineering, with the purpose of activating production and shipping of warfare agents and munitions directly to the battlefield in the event of war. Many hundreds of chemical engineers and production and process engineers worked to develop nerve agents, especially VX, with the primary task being to stabilize the warfare agents in order to optimize a lasting lethal property. Such work could be blended into ordinary civilian production facilities and activities, e.g., for agricultural purposes, where batches of nerve agents could be produced during short interruptions of the production of ordinary chemicals.
This combination of researchers, engineers, know-how, precursors, batch production techniques and testing is what constituted Iraq's chemical threat -- its chemical weapon. The rather bizarre political focus on the search for rusting drums and pieces of munitions containing low-quality chemicals has tended to distort the important question of WMD in Iraq and exposed the American and British administrations to unjustified criticism.
 
The chemical and biological warfare structures in Iraq constitute formidable international threats through potential links to international terrorism. Before the war these structures were also major threats against Iran and internally against Iraq's own Kurdish and Shiite populations, as well as Israel. 

Conclusione.

The door is now open for diplomatic initiatives to remake the region into a WMD-free area and to shape a structure in the Persian Gulf of stability and security. Moreover, the defeat of the Hussein regime, a deadly opponent to peace between Israelis and Palestinians, has opened the door to a realistic and re-energized peace process in the Middle East.
This is enough to justify the international military intervention undertaken by the United States and Britain. To accept the alternative -- letting Hussein remain in power with his chemical and biological weapons capability -- would have been to tolerate a continuing destabilizing arms race in the gulf, including future nuclearization of the region, threats to the world's energy supplies, leakage of WMD technology and expertise to terrorist networks, systematic sabotage of efforts to create and sustain a process of peace between the Israelis and the Palestinians and the continued terrorizing of the Iraqi people. 

Tutte le altre sono chiacchiere da salotto.

28 jun 2003

Iran. I punti di vista. L'evoluzione della questione iraniana sotto la lente degli esperti. Frontpage Magazine riunisce un ex ministro dell'informazione (Homayoun), il direttore di un quotidiano iraniano (Ehsani), un analista delle vicende politiche del paese (Bayegan), un professore alla Georgetown University (Brumberg) e un giornalista del Los Angeles Times (Heilbrunn). Ne scaturisce un dibattito che sarebbe bene seguire. Per chi non avesse la pazienza di leggerselo per intero pubblichiamo di seguito alcuni estratti che ci sembrano illustrare abbastanza bene le diverse posizioni.

E' in atto una rivoluzione?

The success of the freedom movement in Iran will not only serve to save the Iranian nation from a repressive regime, but needs full international support to put an end to a major menace facing the whole world and endangering the cause of freedom and democracy. (Bayegan) 
All of us who want to see democracy proceed and succeed in Iran need to keep our head, and avoid emotionalism, and analyze the political situation for what it is. The adoption of disciplined and appropriate tactics by the democratic movement are vital now. (Ehsani)
If the slogans are more radicalized it is because the situation has become increasingly desperate and radicalized. Ayatollah Khamenei has been more clearly identified as the enemy of freedom and democracy and President Khatami has demonstrated that when the chips are down he will side with the supreme leader rather than stick his neck out for the political aspirations of those who have elected him to office. (Bayegan)
Part of the problem that we now face is that these regimes--by that, I mean Iran, China, and so forth--have an object lesson in what not to do, that is, they've seen what happened in 1989 in Eastern Europe. And they have no intention of going down that road. (Heilbrunn)
What we should keep in mind is the importance of outside pressure and the will of the international community to take the regime to task for its terrible human rights record, its shady nuclear program and its support for global terrorism. Every time any world power decides to close its eyes to these and do business with the mullahs, the regime feels confirmed in its behavior and the opposition suffers a setback. The message the international community sends to the Iranian people is of major importance. If the population feels it is left on its own, of course it will lose heart and will find it more difficult to challenge the regime. (Bayegan)
But what on earth prompts Mr. Bayegan to believe that, given the manifest tensions roiling Iranian society, it's going to become a flourishing democracy overnight? (Heilbrunn) 
A Tiananmen square is the last thing the ruling clerics want. They simply do not have the guns. Iran today has no resemblance to the China of 15 years ago. It has no leadership comparable to Deng Shiao Peng and his group and can show not a single achievement in any respect. And China was not so vulnerable to American pressure. The situation in Iran seems beyond control in the sense that even if the government can contain this wave of demonstrations, it could not prevent its re-emergence. (Homayoun)
The notion that the Islamic Republic is on the verge of collapse is erroneous. There is a cottage industry of intellectuals, political activists and Iranian monarchists in Washington and Tehran that seizes upon every protest movement to argue that there is some kind of popular rebellion under way. Some even argue, quite erroneously, that the recent protests are on a par with those that brought down the Shah in 1978/79. This is a deliberate distortion of the facts, an unfortunate confusion of policy advocacy with political analysis. (Brumberg)

Come dovrebbero agire gli Stati Uniti?

What better way of copping out from providing support to the freedom movement in Iran, than fatalistically sitting down and saying: nothing doing. I think the mullahs would just love to hear that their regime is immovable and that they can count on 'years if not decades' of delaying political change. But they are far from being that optimistic. (Bayegan) 
The U.S. is supporting a process of change in Arab mixed autocracies, a process that may in some cases yield positive results, but rushing the process would be dangerous. In the long run the Islamic Republic of Iran has mechanisms and institutions that are vulnerable from decay and redefinition. This will happen, but it simply won't happen on Washington's time scale. (Brumberg) 
The condescending view that democracy is not for a people like Iranians and the most permissible for them is a more liberal Islamic regime perhaps under the former president, a previous idol of the progressive establishment, ignores the fact that Iranian society under the mullahs is already the most secular in the Islamic world and whatever form of "liberal autocracy" is prescribed for the middle eastern countries, the Iranian people are fast distancing themselves from Islamic, middle eastern and third worlds. (Homayoun) 
If the monarchists are willing to follow this South African inspired formula of truth and national reconciliation, and do not actively advocate violence and radical regime overthrow as the only viable political solution, they can contribute to the democratic process. But I am afraid thus far their words and deeds have only contributed to heightening the danger of a bloody crackdown and wholesale repression in Iran. (Ehsani)

Minacce alla sicurezza e regime change

At the moment the clerics do not pose a vital threat to our security. Iran is a nuisance in many ways, but not a vital threat. In the wake of the Iraq situation, and in particular, given the clear efforts to shape intelligence to fit and legitimate a preconceived policy, one has to be careful about exaggerating "vital" dangers etc… Indeed, what is really reprehensible is the politicization of this issue, and in particular the incessant and constant effort to shape intelligence about Iran to legitimate the administration's burning desire to topple the regime in Tehran. The more we engage in this kind of activity, the more we do damage to our credibility, and credibility will, for example, play an important role in galvanizing international support on the Iran nuclear issue. (Brumberg) 
The priority of the US, and anyone committed to a stable and peaceful Middle East should be to support the growth and consolidation of democracy in Iran, not a half thought-out and reckless notion like 'regime change' through popular uprisings. (Ehsani) 
What the US administration should do to pursue its national interest is to balance it with the need to maintain the Iranian people’s goodwill. Iran's independence and integrity should be preserved in all circumstances. As for Iran’s nuclear ambitions, the mullahs hopefully could be persuaded under intense and unified pressure from the US, Russia and Europe. In a word, you should advocate regime change through popular demonstrations, strikes and other forms of disobedience, and nuclear disarmament by diplomatic means backed by the threat of serious consequences. (Homayoun) 
President Bush should not let up the pressure on the Islamic Republic. So far his approach to the Iranian situation has displayed moral clarity and political acumen. President Bush has drawn a clear and distinct line between this incorrigible system which he has correctly identified as the enemy of peace and freedom, and the genuine aspirations of the Iranian people to bring about democratic change.
There is a consolidation of democratic forces around the idea of a referendum to determine the political future of the country which is rapidly gaining strength.
For its noncompliance with the Nuclear Nonproliferation Treaty , its terrible human rights record and its support for international terrorism, further economic sanctions should be imposed against the Islamic Republic. Governments and international companies should be discouraged from doing business with the clerical regime. Bringing about a regime change in Iran should be done through ostracizing the whole system, supporting the democratic opposition and imposing further economic sanctions. (Bayegan) 
The Bush doctrine makes far more sense than the Reagan doctrine. Reagan did not attempt to pressure the mullahs; he coddled them to the extent of delivering a birthday cake. Bush is reserving the right to launch an air-strike if he deems it necessary to decapitate the Iranian nuclear program. But for now, he's managed to pull the European Union on board in threatening economic consequences should Iran continue to go full speed ahead. Bush has it right: with demonstrations inside Iran and increased pressure from abroad, time is on our side. (Heilbrunn)

27 jun 2003

Good morning Iran. Da Los Angeles a Teheran via satellite. Secondo il SISMI a maggio Osama si trovava in Iran. Secondo Il Riformista in Italia ci sarà una mobilitazione il 9 luglio. Vorremmo poterci credere. Ma evidentemente oggi siamo in giornata negativa.
Forse non è importante, però... Pur considerando abbastanza sciocco il gioco del «le abbiamo trovate, non le troverete mai» resta il fatto che, siccome la versione recente dell’american-bashing si chiama «non avete ancora trovato nulla» e siccome chi la pratica finge di non ricordare tra l’altro che tutti (tutti!) erano consapevoli della presenza di armi di distruzione di massa nell’Iraq di Saddam prima dell’intervento armato, potrebbe essere utile ogni tanto divulgare anche notizie come quelle del ritrovamento di componenti essenziali per la fabbricazione di tecnologia nucleare nei giardini delle case degli scienziati iracheni. Così, tanto per non perdere completamente di vista la realtà.

Obeidi told CNN the parts of a gas centrifuge system for enriching uranium were part of a highly sophisticated system he was ordered to hide to be ready to rebuild the bomb program. "I have very important things at my disposal that I have been ordered to have, to keep, and I've kept them, and I don't want this to proliferate, because of its potential consequences if it falls in the hands of tyrants, in the hands of dictators or of terrorists," said Obeidi, who has been taken out of Iraq with the help of the U.S. government. 

Nei giardini, capite? Quanti giardini, orti, cantine, doppi muri, magazzini potranno esserci in un paese come l’Iraq? Ne parla anche il Washington Post ma comunque sicuramente non è importante. Su Newsweek invece si dà conto della scoperta di milioni di documenti relazionati con la produzione di armi chimiche e biologiche. Ma forse ci sbagliamo anche stavolta e nemmeno questo è importante. Intanto però Byron York risponde al lungo articolo accusatorio di The New Republic (che comunque negli editoriali conferma costantemente il suo appoggio all’intervento armato contro Saddam), facendone vacillare più di una premessa e più di una conclusione. Sarà importante?
Sodomy laws, a mai più. La legge texana risalente al 1860 sui rapporti omosessuali in favore della quale si scatenò il senatore Santorum è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema in quanto lesiva della privacy dei cittadini. Ovviamente. Con essa cadono altre tredici legislazioni similari ancora formalmente in vigore anche se sostanzialmente inapplicate.

26 jun 2003

30 may 2003

E' il Congo, signori! Impressionante. Qualcuno farà qualcosa? Qualcuno dirà qualcosa? 
Ha bestemmiato in chiesa e non lo sa. «Bush sta aiutando l’Africa come da tempo non succedeva. L’Unione Europea è patetica». No, non l’ha detto Donald Rumsfeld. Sono parole di Bob Geldof, cantante ed attivista impegnato nella lotta alla povertà e alla fame nel continente africano, in un’intervista al Guardian. A qualcuno è già salita la pressione. Bob, forse non ti rendi conto delle corde che hai toccato. Adesso chi lo spiega (faccio un nome a caso...) ai no-global? La verità vi fa male lo so... 
Una Road Map delle coscienze. Sembra davvero che nel mondo arabo qualcuno si stia ponendo le domande giuste (via Buzzmachine) . Qui una rappresentazione grafica di quanto sta (forse) avvenendo.
Visti dagli altri. I Democratici di oggi assomigliano ai Repubblicani degli anni ’40. Potranno anche esprimere candidati alla Presidenza in grado di competere ma la strada da percorrere per riconquistare un’identità e con essa il cuore e le menti degli americani sembra ancora piuttosto lunga. Questa almeno l’opinione (interessante e forse interessata) di Tony Blankley sul conservatore Townhall

29 may 2003

Focus on Iran. Anche Andrew Sullivan pensa che la questione Iran debba essere affrontata adesso (le opzioni sul come sono aperte). 
«Questo paese e il mondo vi ringrazieranno». Il discorso di Tony Blair alle truppe britanniche in Iraq.
I think that when people look back at this time and this conflict, I honestly believe they will see this as one of the defining moments of our century and you did it. 
Peccato. Una lunga agonia. Qualche volta le finali bisognerebbe provare a vincerle... E se il prossimo anno comprassimo un fuoriclasse vero? Sai di quelli che all'80' della ripresa rompono l'equilibrio con un tiro da 25 metri al sette... Ecco, quelli lì. Comunque, grazie ragazzi. Non dimenticheremo Camp Nou e Bernabeu

27 may 2003

Si vede che è troppo difficile. Lo «spazza-blogger» conferma che, al contrario di quanto affermato con perseverante quanto inutile pedanteria dal raffinato analista politico de’ noantri, in Spagna si continua a ritenere che queste elezioni siano state una brutta botta per un PSOE che era convinto di infliggere al PP una sconfitta di dimensioni storiche ed invece si è ritrovato di fronte un panorama politico sostanzialmente immutato nel quale i popolari hanno in alcuni casi addirittura rafforzato le loro posizioni (come è successo per esempio in Andalusia e alle Baleari: se vuoi facciamo un grafico). E’ comprensibile che quando ci si trova in difficoltà con i dati si vada su Google a cercare tutto quel che può confortare i propri pregiudizi. Ma non è un’operazione intelligentissima soprattutto se si ha una conoscenza così superficiale dell’argomento. Insomma, se errare è umano perseverare… Meglio chiuderla qui anche perché la realtà è piuttosto chiara per chiunque la voglia osservare senza paraocchi.
Quanto invece all’inciviltà e alla maleducazione con la quale alcuni usano rivolgersi sistematicamente ai propri interlocutori ci sarebbe molto da aggiungere. Ma evitiamo di soffermarci anche su questo perché chi legge è in grado certamente di giudicare e di distinguere un ragionamento da un insulto. Ci limitiamo a notare che il riferimento ai manicomi quando ci si confronta con chi ha opinioni diverse dalle proprie e soprattutto le supporta con argomenti concreti non è quel che si definisce un’uscita particolarmente fortunata. In quanto agli allucinogeni invitiamo a non farne un uso smodato. Soprattutto prima di accingersi a rendere pubbliche le proprie ispirate riflessioni in rete. Chiediamo infine scusa ai lettori che legittimamente potrebbero non essere interessati a questo botta e risposta.
P.S. Per la tranquillità di tutti noi. La contundente affermazione di Gasbarra alla Provincia di Roma ha senza alcun dubbio impresso alla politica italiana una svolta decisiva. E’ la nuova era, il radioso avvenire promesso e finalmente raggiungibile, l’altro mondo possibile che tutti stavamo ansiosamente aspettando. Grazie. Siete meravigliosi. Perfino in Spagna non si parla d’altro. Tanto che la strepitosa vittoria del PSOE sembra quasi che non sia mai avvenuta.
Elogio della moderazione. Parole civili, commenti pacati, lucidità d’analisi nel dopo-voto italiano. E pensare che il buon Piero il compagno Nicolae dovrebbe conoscerlo piuttosto bene…
A proposito: a sinistra avranno mica stravinto pure queste? I risultati parziali. In attesa di Repubblica domattina.
Segnalazione. Cox and Forkum (grazie ad HispaLibertas).

15 may 2003

La brezza si fa venticello. Il WP riporta i commenti di alcuni giornali arabi on-line (da leggere i link citati nell'articolo) sull’attacco terroristico di Riad. Sorpresa: sostengono che la guerra contro il terrorismo va appoggiata e che gli attentati sono frutto solo di un odio e di un fanatismo da combattere senza esitazione.
The war on terror is an international war, which has no other goal but to eliminate terrorists and those who perpetrate them. It should not be understood as a war for dominance and occupation (Arab Times).
A qualche opinionista nostrano farebbe bene leggere ogni tanto i colleghi arabi.

27 abr 2003

Iraq e Al-Qaeda. Il Daily Telegraph scopre a Baghdad documenti di intelligence che confermerebbero il legame tra il deposto regime di Saddam e il network del terrore di Osama:
Papers found yesterday in the bombed headquarters of the Mukhabarat, Iraq’s intelligence service, reveal that an al-Qa’eda envoy was invited clandestinely to Baghdad in March 1998. The documents show that the purpose of the meeting was to establish a relationship between Baghdad and al-Qa’eda based on their mutual hatred of America and Saudi Arabia. The meeting apparently went so well that it was extended by a week and ended with arrangements being discussed for bin Laden to visit Baghdad.

25 abr 2003

Uno di meno (un altro). Aveva stretto un buon numero di mani nel suo ultimo viaggio in Italia. Era andato da pellegrino ad Assisi dove i frati lo avevano accolto come un cristiano qualsiasi. Aveva portato al Papa un messaggio del suo Raíss. Ieri Tareq Aziz ha compiuto la migliore azione della sua vita: si è consegnato agli americani. Quello che alcuni amavano descrivere come “la faccia presentabile del regime" ma che in realtà nel suo curriculum politico poteva vantare un ruolo di primo piano nelle purghe baathiste era uno dei ricercati del mazzo dei 55. Ciò che più conta a questo punto è che Tareq Aziz potrà raccontare molte cose sull’ex dittatore di Baghdad di cui è stato delfino ed ambasciatore per anni. E’ solo questione di tempo, anche qui. Sul Times un suo ritratto.

23 abr 2003

Il venticinque aprile antiamericano. Sarebbe uno dei più sconcertanti paradossi storici che si possano concepire. Tra tutti quelli che scenderanno in piazza per l’anniversario della Liberazione del nostro paese ce ne saranno moltissimi che si sono opposti alla Liberazione dell’Iraq. E che manifesteranno contro quegli stessi angloamericani che hanno reso possibile questo giorno. Ecco perché forse sarebbe meglio che stavolta restassero a casa:
(...) l’antifascismo non democratico compirebbe un atto di impostura se celebrasse il 25 aprile della Liberazione dopo aver vissuto nelle cantine in cui si era imboscato il 9 aprile della Liberazione di Baghdad. 
Troppo facile incamerare e tenere per sé il mito dell’antifascismo come religione civile, staccandone per decenni la cedola politica, e dimenticarsi dell’unico atto concreto di antifascismo del nostro tempo, la cacciata dal potere del fascismo baathista di Saddam. Quel tipo di antifascisti stavolta dovrebbe starsene a casa.
Questione di decenza. Do you know this word?

11 abr 2003

E adesso, che facciamo? (o anche Questa proprio non ci voleva!). Imperdibile pagina delle Lettere de Il Foglio sullo smarrimento dei pacifisti alla caduta di Baghdad.
Altre immagini. Bellissime.
Per non dimenticare. Perfavore leggete la serie di “Avevano detto...” pubblicata qui nei Von Hoffman Awards.
Dal mondo arabo. Le reazioni alla fine del regime. C’è di tutto, dal rancore alla speranza. Quindi c’è speranza.
Quattro giorni fa. Anche questa è una bella storia che abbiamo voglia di raccontare. Khuder al-Emiri torna al suo villaggio dopo dodici anni. Lo accompagnano i marines.
Dubbi. Solo perchè nessuno l’ha detto... e anche perché ne abbiamo sentite davvero troppe.
Pensa un po’ alle volte... In Iraq i marines hanno trovato un missile in uno stadio. Pensate che a Blix piacesse il calcio?
Proprio non si danno pace. I palestinesi non nascondono la loro delusione per la caduta di Saddam: «Non può essere vero, dove sono i terroristi suicidi, dove sono i fedayeen di Saddam, dov’è l’eroica Guardia Repubblicana?». Temiamo che le stesse domande se le sia poste con la stessa angoscia anche qualcuno dalle nostre parti. Ma forse siamo malpensanti. Ce n'è anche qui.
Hanno la faccia come il c... Se questa cosa non vi provoca un sussulto di indignazione cominciate a preoccuparvi. Pensate al mondo ventuno giorni fa. E pensate al mondo oggi. Provate a trarre qualche conclusione, s’il vous plait. Ci domandiamo: prima o poi questi eleganti signori che vestono Old Europe saranno messi di fronte alle proprie responsabilità, no?

1 abr 2003

Non notiziabile. Continuiamo a seguire noi questa storia, visto che i media sembrano un po’ distratti.
Peter, ancora tu! Per questa intervista, decisamente inopportuna, Peter Arnett è uscito nuovamente di scena in maniera poco gloriosa. Non si può dire che alcuni colleghi se ne dispiacciano.
Antisemitismo e codardia. In Francia di questi tempi c’è un bell’ambientino… Una manifestazione “pacifista” si trasforma in un corteo antisemita in cui i musulmani sfilano gridando cose così: «Vive Chirac! Stop the Jews!» o «Siamo tutti kamikaze!». In Parlamento il Ministro dell’Interno non trova di meglio che invitare alla calma dicendo: «Non è la nostra guerra». Ce n’eravamo accorti. Ma anche sul coraggio e la dignità di certa classe politica avremmo qualcosa da dire.
Poi c’è anche questa che non è male… un quarto dei francesi la pensa come Barenghi e De Genova.
The New Yorker vs. Rumsfeld. Dopo aver dato il via alla campagna che ha portato Richard Perle alle dimissioni (qui la sua difesa), in questo articolo (già famoso ancor prima della pubblicazione) il settimanale attacca il Segretario alla Difesa e la sua strategia di “guerra leggera”. Non entriamo nel merito in quanto non siamo esperti militari. Ci limitiamo a due considerazioni per così dire “politiche”. La prima. Come tutte le critiche che in questi giorni stanno montando sui mezzi di informazione, anche questa ci sembra assai prematura: ricordiamo solo che sia la Prima Guerra del Golfo, sia l’intervento in Kosovo, sia quello in Afghanistan richiesero diverse settimane prima di raggiungere l’esito prefissato. La seconda. L’articolo sembra dettato dagli avversari politici di Rumsfeld e dice esattamente ciò che tutti i suoi oppositori vorrebbero sentire: errori di valutazione, arroganza, incompetenza militare. Troppo facile per essere vero. Sa di preconfezionato, conservato e tirato fuori alla prima occasione. Ma forse un po’ troppo presto.
Pro memoria per il futuro. Ci troviamo in una fase in cui l’informazione schierata contro la guerra - vale a dire la stragrande maggioranza in Europa con bloggers pacifisti al seguito con body-counters o senza - si manifesta secondo queste due tendenze: da una parte un catastrofismo a tratti grottesco secondo il quale per gli alleati - o invasori come molti preferiscono chiamarli - tutto sta andando male, i piani sono clamorosamente sbagliati, gli strateghi americani sono in balia dell’astuto e indomabile nemico; dall’altra una fiducia pressochè acritica nei confronti di qualunque comunicato provenga dalla propaganda del regime di Saddam accompagnata da una diffidenza quasi assoluta verso le informazioni che fornisce la controparte alleata. La prima tendenza sa molto di segreta e inconfessabile speranza. La seconda di stolta e rivelatrice malafede. Nulla di serio in ogni caso.

23 feb 2003

Profezia. «La trasformazione più sottile di New York è qualcosa di cui nessuno parla mai, ma a cui tutti quanti pensano. La città, per la prima volta nella sua storia, è distruttibile. Una singola flotta aerea non più grande di uno stormo di oche può mettere rapidamente fine alla fantasia di quest’isola, bruciare le torri, frantumare i ponti, trasformare le metropolitane in camere a gas, cremare milioni di persone. L’intuizione della sua natura mortale è insita nella New York di oggi: è nel rumore dei jet che ci sorvolano, è nelle testate listate a lutto dell’ultima edizione straordinaria».
«Nella mente di un qualunque perverso sognatore che voglia lanciare l’attacco, New York deve esercitare un fascino costante, irresistibile». E. B. White, giornalista e scrittore del novecento americano, affidava queste parole nel 1949 ad un piccolo saggio sulle trasformazioni urbanistiche e di stili di vita in atto nella Grande Mela. Letto oggi fa una certa impressione.
Qui il sito del New Yorker cui White mandava le sue corrispondenze.
1972. E' un anno che ci è caro. E' la poesia di un autore che ci è caro. E' quel che vedrete.