27 feb 2010

Necrofagi. Bisognerà ricordare editoriali come questo quando il comunismo sarà scomparso anche dagli ultimi angoli oscuri del pianeta. Bisognerà ricordare l'insulto, la calunnia, la menzogna, l'assenza di compassione di questa ideologia disumana, disumanamente applicata dai burattinai del potere e della repressione. Bisognerà spiegare ai nostri figli cosa è stato, per quanto tempo ha ammorbato le vite e disprezzato le morti che ha causato. 

24 feb 2010

La fame vera. Spiace che Emma Bonino e i radicali si lascino andare ancora una volta a scimmiottamenti di azioni di protesta degne di miglior causa. Mentre loro proclamano l'ennesimo sciopero della fame e della sete per un presunto oscuramento da campagna elettorale, a Cuba c'è chi per fame è morto davvero in una prigione del gulag castrista. Oggi il cadavere di Orlando Zapata Tamayo è stato trasferito nella casa di famiglia dove le visite si moltiplicano, a dispetto degli ostacoli frapposti dalle autorità che lo hanno ammazzato. Non ci sono parole per descrivere il livello di abominio cui il comunismo caraibico e famigliare dei Castro è giunto. Se volete seguire gli avvenimenti in (quasi) diretta consiglio i twitter di Yoani Sánchez e di Zoe Valdés (ma ce ne sono molti altri se aprite i link). Non cambierà nulla, nemmeno stavolta. Ma "Castro assassini" almeno risuonerà mille volte in centoquaranta caratteri.

23 feb 2010

C'era una volta. Orlando Zapata Tamayo era un prigioniero di coscienza. Era in carcere dal 2003, arrestato dalla polizia politica cubana nelle retate di primavera contro il gruppo dei 75. Stava male Orlando Zapata Tamayo, non mangiava ed era pure negro. Nella Cuba dei Castro certe cose non si perdonano. Pochi minuti fa, in quella sconfinata agenzia di stampa collettiva che è Twitter è arrivato questo messaggio, firmato Yoani Sánchez: "Elizardo Sanchez me confirma la muerte de Orlando Zapata Tamayo. Esto no se puede quedar asi!". Sì che può, scommettiamo.

15 feb 2010

Intervista. "La mia vita per Kim Jong-il"/4.



Quarta ed ultima parte dell'intervista ad Alejandro Cao de Benós. Nelle puntate precedenti abbiamo conosciuto la sua storia di soldato dell'ideologia Juche e la sua visione della realtà politica, sociale ed economica nordcoreana contro ogni "propaganda occidentale". Oggi partiamo dalla questione nucleare, per proseguire con i piani di futuro del governo di Pyongyang e concludere con alcuni aspetti della vita quotidiana dei cittadini nordcoreani. Personalmente è stata una grande opportunità poter intervistare un personaggio che, indipendentemente da ogni considerazione di carattere morale o politico, ha deciso di vivere un'esperienza assolutamente unica, probabilmente irripetibile e certamente degna di essere raccontata.
Per chi non le avesse ancora lette, queste sono le puntate precedenti in italiano (1, 2 e 3) e in inglese (1, 2 e 3). Inoltre vi rimando alle due pagine sul quotidiano L'Opinione (1 e 2).
Nel frattempo sono successe alcune cose: il missionario Robert Park è stato liberato dopo una peculiare confessione ad oggi non ritrattata, la riforma monetaria ha fatto traballare per la prima volta la sicurezza del regime e qualcuno avrebbe addirittura chiesto scusa.

Veniamo alla questione nucleare. Questi sono stati anni di sanzioni, di tentativi di accordo, di passi avanti e marce indietro nei negoziati tra la comunità internazionale – e gli Stati Uniti in particolare – e la Corea del Nord. Qual è la situazione al momento?
La nostra posizione è sempre la stessa, la richiesta di un trattato di pace con gli Stati Uniti che metta fine alla guerra di aggressione scatenata contro di noi. Adesso per la prima volta Washington ascolta le richieste della Corea del Nord, dopo anni di minacce e di atteggiamenti di sfida. Noi tratteremo gli americani come interlocutori di pari livello ma non permetteremo che nessuno imponga la propria autorità su di noi. Solo con un negoziato bilaterale si potranno risolvere i problemi.

L’impressione da qui è che Pyongyang utilizzi la minaccia nucleare per ricattare la comunità internazionale ed ottenere il potere contrattuale e il riconoscimento che altrimenti le verrebbero negati. Qual è il reale obiettivo del nucleare nordcoreano?
Bush fece chiaramente intendere che gli Stati Uniti ci avrebbero invaso, inserendo la Corea del Nord nel suo famigerato Asse del Male. L’unico deterrente che avevamo era costruire il nostro arsenale nucleare. Vogliamo garanzie dagli Stati Uniti e non è con le sanzioni al Consiglio di Sicurezza che si risolverà il problema.

Lei crede davvero che gli Stati Uniti abbiano intenzioni aggressive nei confronti della Corea del Nord?
Lo hanno già dimostrato nel 1950, massacrandoci con bombardamenti e armi batteriologiche.

Una questione che mi ha sempre affascinato è quella della Guerra di Corea, perché se ci sono due cose che dovrebbero essere chiare in un conflitto è chi lo inizia e come finisce. Invece la versione nordcoreana differisce da quella del resto del mondo. Ce la potrebbe illustrare?
La versione occidentale dimostra fino a che punto una macchina propagandistica ben oliata possa influenzare le menti. C’è ancora molta gente viva che può confermare come siano andate davvero le cose, anche in Corea del Sud. Ci sono libri scritti da sudcoreani che descrivono i preparativi dell’attacco americano contro il Nord. A Pyongyang abbiamo decine di documenti provenienti dal palazzo presidenziale di Seul con i piani d’attacco contro Pyongyang. Gli americani, con la scusa che il Nord aveva invaso il Sud, penetrarono nel nostro territorio alcuni chilometri. La controffensiva di Kim Il-sung li costrinse in difesa. Quando si videro circondati, approfittando dell’assenza dei russi e dei cinesi, convinsero il Consiglio di Sicurezza dell’ONU a lanciare una nuova offensiva contro la Corea del Nord. Quindici paesi coalizzati contro di noi occuparono quasi tutta la penisola mentre i bombardamenti americani fecero strage in territorio coreano e cinese. Fortunatamente la Corea del Nord riuscì a vincere la guerra e costrinse le forze ostili all’armistizio.

Di quante atomiche è in possesso il regime?
Abbiamo decine di bombe nucleari in grado di colpire bersagli intercontinentali. Possiamo tranquillamente raggiungere gli Stati Uniti.

Quindi gli americani hanno ragione a preoccuparsi.

No, perché loro sono gli unici ad averle usate nella storia ed attualmente ne immagazzinano più di seimila. Mi pare che chi deve preoccuparsi non siano gli Stati Uniti. Se vogliono la denuclearizzazione della penisola che comincino loro a dare l’esempio.

Come si devono interpretare le accuse di proliferazione nucleare rivolte al governo nordcoreano?
Sono assolute menzogne. Vendiamo tecnologia militare ma lo sviluppo nucleare rimane all’interno del paese.

E’ vero che Pyongyang sta collaborando con i generali birmani nel campo della tecnologia nucleare? Sa qualcosa della vicenda dei tunnel di Naypyidaw?
Dei tunnel non so nulla anche se è vero che collaboriamo militarmente con molti paesi. Ma si parla solo di tecnologia a scopi difensivi e in ogni caso sempre con stati sovrani, mai con organizzazioni para-statali o terroriste. Abbiamo ricevuto richieste da gruppi terroristi ma le abbiamo sempre respinte.

Che scopo hanno i lanci di missili nel mar del Giappone?
Il lancio di missili rientra nelle normali operazioni difensive di un paese, si è sempre fatto e non va interpretato come un atto ostile.

Crede che a Kim Jong-il piaccia più Obama di GWB?
Non ci intromettiamo nelle scelte di altri popoli, ci limitiamo ad osservare e ad analizzare. Dopo un inizio deludente, adesso cominciamo a notare un cambio nell’atteggiamento statunitense nei nostri confronti. Più grazie a Bill Clinton che ad Obama, però.

Lei è stato negli Stati Uniti? Cosa pensa del paese e della sua popolazione, al di là della propaganda ufficiale del governo per il quale lavora?
Ho trovato di tutto, da gente con problemi mentali sugli autobus pubblici a persone perbene, molto impegnate, che rischiano molto schierandosi contro il sistema. In generale mi fanno paura le città americane, dopo le sette di sera tutti i bianchi vanno a casa, e i neri e i poveri si riversano nelle strade.

Con il Giappone è sempre aperta la vicenda degli ostaggi sequestrati negli anni ’70. Chi erano queste persone, perché sono state prelevate e come è la loro vita attuale?
Quei fatti furono responsabilità di un ufficiale dei servizi segreti che ordinò di prelevare alcuni cittadini per insegnare la lingua e la cultura giapponesi in Corea del Nord. Ma lo fece per una iniziativa personale, non ci furono ordini dall’alto. La nostra dirigenza era all’oscuro di questa operazione. Alcuni di loro sono morti, altri sono stati restituiti al governo giapponese.

Qual è la situazione del missionario americano Robert Park, del quale non si hanno notizie dal dicembre scorso, quando venne arrestato dopo essere entrato in territorio nordcoreano?
E’ il classico caso di proselitismo da parte di un fondamentalista religioso che crede di agire in base ad un mandato divino. E' una di quelle persone in cerca di notorietà o con problemi mentali. Le autorità lo stanno sorvegliando ma le sue condizioni certamente sono buone, noi non maltrattiamo nessuno. Basta vedere il trattamento che riservammo alle due giornaliste americane infiltratesi in territorio nordcoreano: furono ospitate in una residenza riservata agli ospiti stranieri che visitano il paese. Avevano cibo, vestiti nuovi e ogni tipo di servizio a loro disposizione. Ovviamente non potevano uscire. Fu un atto di clemenza perché le leggi del paese, per casi analoghi, prevedono il carcere.

Cosa vi hanno offerto gli Stati Uniti in cambio della liberazione delle due giornaliste?
Questo è un segreto di stato ma ti posso assicurare che è qualcosa di molto importante, i cui effetti si vedranno solo nei prossimi mesi. Dico solo che la loro offerta ha a che vedere con l’improvviso riavvicinamento dell’amministrazione Obama alle nostre posizioni.

Anche l’ultimo Bush dimostrò una maggior predisposizione al dialogo con Pyongyang.
Questo avvenne precisamente grazie al nostro arsenale nucleare. Bush passò dalla dottrina dell’attacco nucleare preventivo alla tavola del negoziato, dopo aver constatato ciò di cui eravamo capaci dopo i nostri test atomici.

Quali sono i principali progetti di investimento dall’estero in atto in questo momento in Corea del Nord?
Le aziende straniere ci chiedono confidenzialità su questo punto, per evitare speculazioni o manipolazioni. Comunque sono soprattutto progetti cinesi.

Quali sono i principali partner commerciali della Corea del Nord?
Cina principalmente, ma anche Russia e Sud-Est asiatico.

Come sta andando l’esperimento di Kaesong? Come interpreta la presenza di elementi capitalisti nella roccaforte del comunismo?

Kaesong è soprattutto un’idea politica, un cammino verso l’integrazione e la riunificazione attraverso l’economia. Ha funzionato bene fino ad oggi tanto per noi, grazie all’entrata di capitali stranieri, quanto per le aziende del Sud che possono produrre a costi inferiori e con una qualità superiore. Adesso il governo ultra-conservatore di Seul ha rotto tutti gli accordi stipulati dai suoi predecessori, un po’ come fece Bush dopo Clinton. Ma la società civile sudcoreana e gli imprenditori sono favorevoli a una riunificazione.
Non c’è contaminazione ideologica a Kaesong perché non si ammette nessun tipo di propaganda sui luoghi di lavoro.

Gli operai nordcoreani in queste aziende guadagnano di più dei loro connazionali?
No, l’unico vantaggio sono gli extra – vestiti, dolci – che a volte i dirigenti delle aziende sudcoreane danno loro.

Ci sono altre zone speciali in programma nel prossimo futuro?
C’è una zona industriale nel nord-est del paese che risale agli anni ’80 e poi la porzione di territorio destinato alle visite turistiche di cittadini del Sud, controllato dai militari e isolato.

Lei è spesso a Pechino. Chi incontra quando va in Cina?
Imprenditori, coreani che vivono là, stampa internazionale. Ma sono soprattutto incontri d’affari.

Qual è l’influenza reale della Cina sulla politica nordcoreana?
Politicamente non ha nessuna influenza. Siamo una nazione sovrana e seguiamo solo la nostra linea. Se avessimo dato ascolto ai leader cinesi, a quest’ora saremmo un paese capitalista.

Quali sono i piani politici ed economici del governo per i prossimi cinque anni? Che cosa dovrebbe succedere nel 2012, quando si celebrerà il centenario della nascita di Kim Il-sung?
I piani sono finalizzati al 2012 quando comincerà una nuova fase destinata alla creazione della superpotenza nordcoreana, non solo in termini politici e militari ma anche economici. Rafforzeremo l’industria nazionale, l’agricoltura e il commercio estero. Nel paese entrerà una gran quantità di moneta internazionale e ci troveremo nel punto algido del nostro sviluppo. Abbiamo riserve di petrolio, di oro, di minerali ma attualmente non possediamo le tecnologie per sfruttare queste risorse. Stiamo lavorando per preparare la nostra prima centrale nucleare ad acqua leggera, quella che avrebbero docuto fornirci gli americani in base ad accordi poi disattesi. Grazie a questa centrale risolveremo i problemi elettrici del nostro paese e alimenteremo le industrie.

Perché dopo tutti questi anni la Corea del nord non ha ancora sviluppato queste infrastrutture?
Principalmente per il blocco economico cui siamo sottoposti, anche se il sistema non è perfetto e necessita miglioramenti.

Qual è il salario medio di un nordcoreano?

8.000 won al mese (con il vecchio cambio) per un funzionario, 16.000 per un contadino.

Che tipo di elettrodomestici ci sono nelle case dei cittadini comuni?
Televisore, radio, riscaldamento. Il frigorifero solo nei nuovi appartamenti. A Pyongyang è in corso un boom edilizio importante, si stanno costruendo più di 150.000 abitazioni.

E’ vero che la radio è sintonizzata su una sola frequenza?
Ci sono diverse frequenze ma logicamente tutte le radio sono statali. C’è poi un sistema di allarme in tutte le case, attraverso il quale vengono diffusi gli avvisi in caso di emergenza e quando c’è bisogno di mobilitare la popolazione.

E’ vero che strappare una pagina di giornale con l’immagine dei Leader può portare ad una condanna penale?
No. Però il tuo vicino come minimo ti picchierebbe.

Hanno vacanze i lavoratori nordcoreani?

Certo, 25 o 30 giorni pagati dallo stato, dipende dal tipo di lavoro. Si lavora dal lunedì al giovedì, mentre il venerdì è dedicato al lavoro volontario nei campi o nelle fabbriche. La mattina del sabato è riservata allo studio.

Esistono località di villeggiatura in Corea del Nord?
Certo, località costiere tipicamente destinate all'ozio. Lo stato paga l’hotel, i trasporti, i cittadini non spendono nulla.

Quest’anno la Corea del Nord parteciperà ai mondiali di calcio in Sudafrica. E’ vero che Kim Jong-il ha vietato la trasmissione in diretta delle partite?
Non è un divieto ma un problema di copyright. Non possiamo destinare milioni di dollari a pagare i diritti delle partite. Però vediamo partite delle squade di calcio europee sui nostri tre canali nazionali, attraverso satelliti pirata.

Da poco è stato introdotto un sistema di telefonia cellulare nel paese grazie ad un importante contratto con una impresa egiziana del settore. Chi e quanti sono gli utenti? E’ prevista una sua espansione? Che costi ha il servizio? Sono sostenibili dalla popolazione comune?

Il servizio sta crescendo gradualmente anche se è ancora abbastanza caro. Normalmente c’è un cellulare per famiglia. Credo che le ultime statistiche parlino di 80.000-100.000 telefoni. Tutti possono usufruirne, non solo gli ufficiali del Partito, anche se ovviamente le comunicazioni sono soltanto interne. Non è possibile comunicare con l’estero.

Parliamo un po’ di come sono trattate le minoranze in Corea del Nord. Per esempio, l’omosessualità è tollerata? E’ vero che nelle strade del paese non si vedono disabili? Quanto c’è di vero nelle denunce di bambini denutriti negli orfanotrofi?
L’omosessualità è un fatto privato, lo stato non entra nella vita privata dei cittadini. Si condanna il proselitismo ma non la pratica in sé. Per la strada è frequente vedere uomini mano nella mano. I disabili circolano per le strade, anche se i turisti non li vedono. I bambini ebbero problemi durante la crisi alimentare, ma adesso queste situazioni sono state superate.

Cosa pensa degli esperti occidentali in questioni nordcoreane (Lankov, Cummings, Becker, Demick)? Legge i loro libri o i loro articoli? La dirigenza nordcoreana li legge?
Io leggo tutto fatta eccezione per la spazzatura. Mi consta che i nostri dirigenti ricevano regolarmente dalle ambasciate i libri che riguardano la Corea del Nord. La maggior parte delle volte purtroppo quel che si legge è pura speculazione, senza una base di verità.

Si è mai sentito spiato nella sua attività quotidiana a Pyongyang?

Osservato ma non spiato. Come occidentale suscito ancora curiosità tra la popolazione.

Si è mai sentito in pericolo in Corea?

Tutto il contrario, la Corea del Nord è il paese più sicuro del mondo.

Ha mai pensato di essere stato usato dalla dirigenza nordcoreana?

No, anche perché sono stato io a chiedere di collaborare con loro e non viceversa.

Cosa risponde a chi la accusa di essere, mi scusi, un “utile idiota” al servizio di un regime criminale?
Chi insulta non merita risposta. Accusare gli altri senza fare nulla di utile per il proprio sistema è assolutamente insensato. Io sono sempre stato coerente con le mie idee, mi hanno trattato come un terrorista, e continuo a pagare un mutuo.

Supponiamo che un giorno il regime di Pyongyang crolli, come il resto dei sistemi comunisti che lo hanno preceduto. Come vede il futuro dei 24 milioni di cittadini nordcoreani e il suo futuro personale?
Personalmente abbandonerei inmediatamente tutte le mie cariche di governo, trasformerei la Korean Friendship Association (KFA) in un centro-studi dell’opera di Kim Il-sung e farei opposizione al nuovo governo dall’estero. Ai nordcoreani toccherebbe un destino simile ai cinesi, con tutte le diseguaglianze e i problemi che questo comporterebbe. Il desiderio del governo cinese sarebbe quello di incorporare il nostro territorio e la sua popolazione. Pechino cura solo i propri interessi e, anche se tradizionalmente vi sono rapporti di fratellanza, dal punto di vista ideologico è ormai agli antipodi rispetto a noi. Ci rispettiamo ma non ci amiamo.

Ha appena pubblicato un libro sulla Corea del Nord, tramite l’associazione che presiede. Ci può descrivere in breve il suo contenuto?
E’ un libro sul sistema politico nordcoreano e, in parte, sulla mia esperienza personale. Spero di poterlo tradurre al più presto.

(fine)

4 feb 2010

Intervista. "La mia vita per Kim Jong-il"/3.



Nella terza parte dell'intervista ad Alejandro Cao de Benós (qui le precedenti puntate: 1 e 2) si trattano soprattutto temi economici. La situazione nel paese, già precaria, sembra essere stata ulteriormente aggravata negli ultimi mesi dalla misura di rivalutazione monetaria adottata dal governo. Proprio ieri Barbara Demick descriveva il quadro della situazione sul Los Angeles Times. Che al Nord stia succedendo qualcosa lo dimostrano anche le voci sulla possibile destituzione di un alto ufficiale incaricato di gestire la riforma. Confermate o no, il fatto stesso che siano riuscite a bucare la cortina di ferro suggerisce che forse, stavolta, Kim Jong-il non ha adeguatamente calcolato le conseguenze delle proprie decisioni. Anche perché gli episodi di ribellione più o meno aperta si stanno ripetendo con una frequenza del tutto inusuale per il Regno Eremita. Oltre che di questioni economiche, Cao parla delle basi ideologiche su cui si regge il sistema comunista di Pyongyang.

Come descriverebbe il sistema economico nordcoreano?
Un sistema di proprietà statale e collettiva basato, per quanto possibile, sull’autosufficienza economica. Lo stato destina al popolo in maniera egualitaria i beni che possiede. L’agricoltura costituisce il 60 per cento dell’intera economia, il resto è industria pesante, particolarmente bellica.

La grande carestia degli anni 1995-1998 avrebbe provocato, secondo alcune fonti, tra uno e due milioni di morti. Sono vere queste cifre?
Non ci sono cifre ufficiali ma personalmente credo che non si siano superati gli 80.000 morti.

Quali furono le cause della carestia? Che parte ebbero eventuali errori o omissioni nella gestione economica e in quella degli aiuti da parte del governo di Pyongyang?
Il governo non commise errori, assolutamente. Se no, come spiegare che dal 1948 al 1995 non successe mai nulla di paragonabile? Negli anni ’80 l’economia del Nord era più forte di quella del Sud e tra i paesi socialisti il nostro era tra più prosperi. Le cause della crisi furono la fine del blocco comunista con la conseguente difficoltà ad adattarci a logiche diverse da quelle cui eravamo abituati, e soprattutto i disastri naturali che colpirono il paese.

Lei cosa ricorda di quel periodo?
Ho visto morire gente, certamente. Anche senza mangiare, le persone lavoravamo fino a 20 ore al giorno per aiutare il paese a riprendersi. Molte di loro morivano sul posto di lavoro. Non c’era riscaldamento, né elettricità, né acqua corrente. Ricordo tutti i negozi chiusi a Pyongyang, dove funzionava solo il sistema di distribuzione pubblica. Ricordo una collega del ministero con le mani sullo stomaco, per non aver mangiato nulla dal giorno prima. Io mi nutrivo con un pomodoro, una cipolla e un pezzo di pane congelato della Croce Rossa.
Contrariamente a quanto dicono i media internazionali, in campagna la gente soffriva e moriva meno che in città perché ad ogni famiglia contadina era assegnato un piccolo appezzamento di terreno per uso personale, dove si coltivavano verdure e si allevavano animali. Nel Nord, dove per ragioni climatiche non si poteva far crescere nulla, la crisi fu più dura.

Com’è oggi la situazione alimentare nel paese?
Il World Food Program (WFP) lancia continuamente allarmi perché ha interesse a farlo. Se no come raccoglierebbe i finanziamenti? Stesso discorso per la FAO. In realtà anche dalle foto satellitari si vede come quest’anno il raccolto è stato il migliore degli ultimi anni. Oltretutto stiamo modernizzando le attrezzature per il lavoro agricolo e standardizzando le caratteristiche dei terreni. Non c’è nessuna emergenza alimentare nel paese attualmente e le cose possono solo migliorare.

Che prove ha di quel che afferma?
Visito regolarmente il paese in lungo e in largo, da nord a sud, da est a ovest. Vedo cooperative, ospedali, fattorie.

Ha accesso a tutto il territorio nazionale?
No, ci sono zone militari il cui accesso è proibito a tutti. Però la vita del popolo la conosco bene e sto vedendo continui cambiamenti in positivo: più prodotti nazionali, snacks, patate fritte, biscotti, beni di consumo.

Mentre i nordcoreani morivano di fame lei accompagnava le delegazioni straniere a visitare le opere architettoniche del regime, gli imponenti monumenti all’ideologia e perfino una mastodontica sala da bowling. Poi c’erano le spese militari, gli orologi di lusso, le scorte di cognac per Kim Jong-il. Come difende le priorità del regime e il suo ruolo nel supportarle in quel particolare momento della storia del paese?
La KFA comincia a organizzare visite nel paese a partire dall’anno 2000, quando la crisi era già terminata. Gli edifici si costruirono per la maggior parte negli anni ’80, quando l’economia era in buona salute. Per questo, ad esempio, la costruzione dell’hotel Ryugyong si interruppe quando si constatò che i fondi dovevano essere destinati ad altre priorità. Inoltre tutti i materiali per la costruzione provengono dall’interno, non importiamo nulla e quindi non spendiamo nulla. Sul cognac, Kim Jong-il non beve alcolici, quindi è una speculazione.

E’ vero che Kim Jong-il ha ordinato la chiusura di tutte le piccole attività commerciali private sorte dopo la carestia e tollerate dal regime anche se formalmente illegali?
Non esistono attività private di questo tipo in Corea del Nord, non c’è un’economia alternativa a quella socialista. Tutti i chioschi o le bancarelle che si vedono nelle città o nei villaggi sono di proprietà statale: lo stato ne assegna la gestione a determinate categorie di persone a fini esclusivamente sociali. In questo modo le persone si sentono utili e socializzano con i vicini.
E’ vero che durante la crisi alimentare si aprirono i cosiddetti open-markets, nei centri urbani soprattutto, un esperimento che però non ha nulla a che vedere con attività private. Ogni azienda statale aveva la possibilità di fissare i propri prezzi entro un margine stabilito dallo stato, una forma embrionale di concorrenza per provare a rendere più dinamica l’economia. Adesso questi open-markets non sono più necessari e verranno chiusi.

Lei personalmente cosa pensa della proprietà privata?
Dipende dal paese e dal sistema. Per me la collettività è più importante dell’individuo e lo stato nordcoreano attualmente rappresenta pienamente gli interessi della società.

In breve, ci può spiegare come funziona il sistema sanitario?
La sanità è gratuita per tutti. Negli ospedali l’attenzione è immediata. Non solo: ogni mese le famiglie ricevono la visita di un medico che controlla il loro stato di salute. E’ un sistema di medicina preventiva. Il numero di medici è molto alto e in questo modo è possibile sopperire alle carenze tecnologiche che, sfortunatamente, ancora ci portiamo dietro. Nei limiti del possibile utilizziamo i rimedi tradizionali nordcoreani secondo la tradizione orientale.

In cosa consistono i programmi scolastici e universitari?

Insegnamento obbligatorio fino alla maggiore età, accesso gratuito all’università, non esiste l’analfabetismo. I programmi scolastici prevedono una parte di studi politici di orientamento ideologico ma soprattutto lo studio delle materie tradizionali, altrimenti il paese non potrebbe progredire dal punto di vista scientifico e non potrebbe produrre i missili intercontinentali che abbiamo.

Secondo l’iconografia ufficiale Kim Il-sung e Kim Jong-il sono considerati alla stregua di dei o semi-dei. Le loro immagini sono appese non solo negli uffici pubblici ma anche in tutte le case. Le spille con la loro effigie sono ornamento necessario negli indumenti degli adulti. Lei, da occidentale, come giudica questo tipo di culto della personalità?

Non si tratta di culto della personalità. Io direi piuttosto che si seguono gli insegnamenti di un maestro. In Asia la figura del maestro e del padre è molto più importante che in occidente e la Corea del Nord ha conservato totalmente questa forma di rispetto nei confronti della guida. Kim Il-sung è il padre della nostra società ma nessuno lo definirebbe mai un dio, perché tutti sanno che è morto e che anche suo figlio è mortale. E’ un dio nella stessa maniera in cui i cristiani definiscono Gesù Cristo il loro maestro.

Una volta vidi un documentario – credo fosse del National Geographic - in cui alcune persone si rivolgevano adoranti alle icone del Grande Leader e del Caro Leader ringraziandole di aver ridato loro la vista. Cosa pensa di questo tipo di manifestazioni?

In quel reportage si cercava il sensazionalismo e si descrivevano fatti al di fuori del loro contesto. I pazienti ringraziavano i nostri leaders per aver creato un sistema che ha permesso loro di recuperare la vista attraverso una operazione. Un sistema nel quale il chirurgo era andato ad operare non il re o un membro privilegiato del Partito – come si dice sempre - ma una semplice contadina.

Il sito ufficiale della DPRK, di cui lei è artefice, contiene una esaltazione incondizionata del Grande Leader e del Caro Leader. Lei pensa che Kim Jong-il sia infallibile? Se no, può dirmi quali sono stati, secondo lei, gli errori del Caro Leader?

Sicuramente ha commesso errori ma da quando io vivo in Corea del Nord non saprei indicarne nessuno. Non posso rimproverare nulla a Kim Jong-il, il cui comportamento è l’esempio grazie al quale il sistema si mantiene. Ho visto errori in altri funzionari del Partito ma non nel nostro leader.

Si trovava già in Corea quando Kim Il-sung morì? Non è stato quello un incredibile episodio di fanatismo di massa?
Mi trovavo in Spagna. E’ stata una dimostrazione di unità del popolo nei confronti del leader o del padre. Kim Il-sung ha sempre trattato i nordcoreani come suoi figli, addirittura adottò personalmente migliaia di orfani. Quella manifestazione di dolore era quella di un figlio per la morte del proprio padre. Non ci fu nulla di orchestrato in quella occasione, tutto fu spontaneo e un coreano si offenderebbe se qualcuno manifestasse dubbi al proposito.

Ogni quanto tempo incontra Kim Jong-il?

Sono stato personalmente al suo cospetto in una sola occasione, nel 2003, poco dopo aver ricevuto la mia imposizione. Ma siedo vicino a lui nelle parate militari e ci teniamo regolarmente in contatto attraverso i rapporti ufficiali che gli faccio pervenire o la posta elettronica. Molte volte mi invia saluti personali nel corso di manifestazioni ufficiali.

Quale è il suo stato di salute attuale?
Sta bene ma come ogni persona in età avanzata può a volte patire qualche acciacco. Si sono dette molte falsità in questi mesi, per esempio non è assolutamente vero che è stato operato al cervello. Non bisogna credere a nessuno perché in tutto il paese solo due persone conoscono lo stato di salute reale del nostro leader. E’ un segreto di stato.

C’è mai stata in questi mesi una situazione di vuoto di potere in Corea?

Il sistema è perfettamente strutturato in caso di decesso di Kim Jong-il. C’è un presidente dell’Assemblea Popolare che è già il presidente della nazione e come tale rappresenta il popolo e anche la Commissione Nazionale di Difesa, di cui Kim Jong-il è presidente, è dotata di un vice che potrebbe esercitarne le funzioni. Non sarebbero possibili rivoluzioni o colpi di stato perché il livello di coesione della società lo impedirebbe. Certo, il carisma del leader non è riproducibile.

In chiave successione si parla del terzogenito Kim Jong-un. Sono solo speculazioni o c’è qualcosa di vero?
Non c’è successore designato né si percepiscono segnali di un prossimo cambio al vertice. Kim Jong-il è al potere perché lo ha voluto il popolo, non perché lo abbia designato suo padre. I nordcoreani non accetterebbero mai un leader a loro imposto dall’alto, io stesso non lo accetterei se non avesse una traiettoria nella quale mi potessi riconoscere.

Scusi, non ho capito bene.

Fin da bambino Kim Jong-il vestiva uniforme militare e viveva con i soldati. La gente lo ha sempre visto come un leader potenziale e lui ha sempre avvertito la profonda responsabilità di aiutare il padre. In quanto persona carismatica il popolo lo accolse come sostituto del Presidente Eterno. Non c’era nessun altro come lui.

L’esercito rimarrà fedele alla linea dettata dal Partito o sono prevedibili iniziative indipendenti?
Senza nessun dubbio seguirà la linea perché il Partito è ovunque, anche nei ranghi dell’esercito.

Perché l’esercito nordcoreano ha bisogno di un milione di uomini?

Per difendersi da una superpotenza come quella americana. E’ grazie al nostro esercito che la Corea del Nord ha potuto sopravvivere.

Qual è il livello di soddisfazione tra i militari? Esistono fenomeni di diserzione o di ammutinamento?
Ho molti amici nell’esercito e posso assicurare che le nostre divisioni sono compatte intorno al Partito e al suo leader. Non esistono fazioni o frizioni. Anche se ci fosse qualcuno che pensasse diversamente, sarebbe molto complicato posizionarsi contro l’intera società. La principale paura in Corea del Nord è quella di un rifiuto sociale.

Pensa che i nordcoreani qualche volta non abbiano paura anche del loro governo?
No, la gente vede il governo come una entità benevola. Io stesso sarei molto più duro in certi casi. Governo, popolo ed esercito sono una cosa sola.

C’è polizia nelle strade?

Non è necessaria. In una società libera da problemi sociali, da conflitti, da estremismi, dalla droga, dalla prostituzione, in una società che si autoregola, ogni fenomeno di rottura della coesione verrà corretto dagli stessi cittadini. I carcerati sono pochissimi e generalmente hanno problemi mentali.

Esiste in Corea del Nord un servizio segreto paragonabile al KGB sovietico o alla Stasi nella Germania Orientale?
C’è un servizio di intelligenza che dipende dal ministero dell’interno e si incarica di prevenire le minacce alla sicurezza del nostro paese provenienti dall’esterno. Non è una polizia incaricata di spiare la popolazione, perché noi non abbiamo problemi di questo tipo. In Corea del Nord ogni cittadino è un sorvegliante che si incarica volontariamente di controllare il comportamento dei suoi vicini.

Dove è nato Kim Jong-il, in un villaggio russo o sul Monte Paektu?
Sul Monte Paektu, dove agivano le forze della guerriglia. In Russia non c’è nulla che ricordi la sua nascita, il Monte Paektu è pieno di cimeli.

La storia del comunismo è costellata di massacri, povertà e oppressione. Alla luce del crollo dei sistemi comunisti in quasi tutto il mondo, su quali elementi si basa la sua difesa incondizionata di questa ideologia?
I massacri provocati dal comunismo non sono superiori a quelli che produce continuamente il sistema capitalista. Basta guardare a ciò che è successo in Jugoslavia dopo la fine del regime comunista. Prima tutte le razze convivevano senza problemi, poi si è scatenato l’inferno. E’ una menzogna che il comunismo sia stato una tragedia: è vero che alcune persone che hanno applicato l’ideologia comunista hanno commesso errori. La mia difesa dell’ideologia si basa sulla ricerca di una società egualitaria in cui l’uomo non sia sfruttato da altri uomini e dove tutti i mezzi di produzione appartengano al popolo. Il socialismo nel quale credo, quello della Corea del Nord, riunisce tutta la società e tutti sono partecipi della Rivoluzione.

Che opinione ha dei grandi leader comunisti della storia: Lenin, Stalin, Mao, Pol Pot?

Stalin e Mao furono grandi rivoluzionari. Ma la Rivoluzione Culturale fu uno sbaglio. Stalin ebbe il merito di integrare all’interno dell’Unione razze e culture diverse e di opporsi al nazismo. Certamente entrambi commisero errori, soprattutto sotto il profilo spirituale. Di Pol Pot non voglio parlare, fu una tragedia e basta.

Perché secondo lei il sistema comunista nordcoreano non è crollato come gli altri?
Per la nostra ideologia, che non esclude ma assimila. Per esempio, in Cina o in Unione Sovietica dichiararono guerra alla religione. Noi abbiamo integrato i religiosi all’interno del Partito. Ma soprattutto grazie alla figura dei nostri leader. Kim Il-sung è stato il più grande leader comunista della storia.

Crede che quello nordcoreano sia un modello da seguire per le altre nazioni?
Sì, anche se sarebbe impossibile trasferire il modello ad altre realtà nazionali senza adattarlo alle circostanze.

In cosa consiste, secondo lei, la superiorità del modello nordcoreano rispetto al resto dei sistemi politici?
Nella capacità di garantire la soddisfazione dei bisogni essenziali dell’essere umano attraverso l’azione del governo inteso come benefattore del popolo. Nell’eliminazione della corruzione economica attraverso la redistribuzione delle risorse alla gente.

Ci spiega in che cosa consiste l’ideologia della Juche?

La Juche è un’idea originale che ha le sue basi nella cultura e nella tradizione nordcoreana, non esente da influenze religiose, perfino buddiste. La sfera spirituale contribuisce all’originalità di una filosofia che, proprio per questo motivo, non potrebbe funzionare altrove. L’inclusione degli artisti e degli scienziati nel Partito provocò molti problemi a Kim Il-sung nei rapporti con gli altri paesi del blocco comunista.

Crede che la popolazione sappia esattamente di cosa si tratta?

Sì, senza alcun dubbio. Tutti sarebbero in grado di spiegarla, da un bambino di tre anni a un anziano di 80. La si studia e la si assorbe continuamente.

Stando alle notizie ufficiali, nel mese di dicembre il governo nordcoreano ha deciso la rivalutazione del won. Quali sono le ragioni di questa riforma monetaria?

In primo luogo l’obiettivo è renderlo equiparabile al dollaro o all’euro, evitando di sommare zeri. Ma la ragione fondamentale è la lotta contro la falsificazione della moneta. In Italia, ad esempio, è stata recentemente sgominata una banda che aveva stampato milioni di won falsi.

Ma il won non è una moneta presente nei circuiti internazionali, che senso ha falsificarlo?

Molta gente pensa che si possa cambiare in valuta internazionale o manda won in Cina, dove si vende a commercianti coreani.

Sempre secondo le fonti disponibili, il limite massimo di denaro convertibile sarebbe stato in un primo momento di 100.000 won per persona, per essere poi elevato in seguito a 500.000. Le risulta che questo parziale riaggiustamento sia legato ad alcuni episodi di protesta popolare seguiti alla rivalutazione?
Per quel che ne so non si è stabilito nessun limite di convertibilità anche se, ovviamente, ogni situazione sospetta di accumulazione viene attentamente esaminata per combattere le irregolarità. Il sistema bancario nordcoreano è uno dei più flessibili del mondo: non solo non esistono tasse sui guadagni personali ma anche i non residenti possono aprire un conto in banca.

Lei certamente avrà modo di parlare con la gente. Come ha accolto la popolazione la riforma monetaria?
Al mio ritorno a Pyongyang parlerò con i cittadini di questo argomento.

(continua)

1 feb 2010

Intervista. "La mia vita per Kim Jong-il"/2.

Quella che segue è la seconda parte dell'intervista integrale ad Alejandro Cao de Benós, il trentacinquenne catalano che ha scelto di servire la causa del comunismo più ortodosso, trasferendosi a Pyongyang per collaborare con il governo nordcoreano.
La prima puntata è qui e, in inglese, sul blog OneFreeKorea (con una introduzione di Joshua Stanton, decisamente troppo dura nei confronti di Cao e troppo benevola nei miei).
La scorsa settimana sull'Opinione la versione cartacea (all'interno dei numeri di martedì e mercoledì).
Nel segmento di oggi si parla, tra l'altro, di campi di concentramento e prigionieri politici, ma anche di libri e cinema.

Dalle immagini che provengono dalla Corea, Pyongyang appare il più delle volte come una città imponente ma deserta, con pochi passanti e vigili urbani che dirigono un traffico inesistente. E’ questa la realtà?
Pyongyang è una città monumentale, ricostruita quasi interamente dopo i bombardamenti americani, in cui abitano meno di 4 milioni persone. La sensazione di vuoto deriva dalle sue dimensioni. In Corea del Nord non c’è traffico perché, a parte la necessità di risparmiare combustibile, il trasporto è interamente pubblico. Ogni impresa, ogni ministero, ogni organizzazione hanno a disposizione 3 o 4 veicoli. Solo alcune categorie di persone dispongono di un’auto privata: coreani residenti in Giappone che tornarono in patria negli anni ‘80, atleti famosi o scienziati di spicco. A Pyongyang tutti i palazzi sono del popolo ma non ci sono abitazioni private. Lo stato regala la casa ai cittadini i quali non hanno spese di affitto o mantenimento, sempre che rimangano all’interno dei parametri di consumo energetico stabiliti.


Esiste una vita notturna a Pyongyang? Ci sono cinema, ristoranti?Non solo: ci sono karaoke, sale da bowling, centri culturali. La vita si basa sulla diffusione della cultura, a Pyongyang come in tutto il paese. La gente frequenta i parchi con le famiglie, gioca a carte, pesca, e in genere va a dormire molto tardi, verso le 2 o le 3 di notte.


Che film si proiettano?
L’arte cinematografica ha come scopo la formazione di una coscienza sociale. Non si proiettano film che fomentino il capitalismo o la distruzione della società, non esiste la pornografia. Kim Jong-il è un appassionato di cinema ma, al contrario di quanto si dice in occidente, la sua cineteca non contiene titoli hollywoodiani.


Come vive la gente nella capitale e nel resto del paese? Che differenze ci sono?
Le zone rurali hanno ovviamente servizi ridotti rispetto alla capitale ma in generale nei villaggi si è sempre vissuto meglio che nella grande città. Per esempio, le famiglie possono coltivare di tutto sull’appezzamento di terreno a loro assegnato all’interno delle cooperative. Quando ci furono problemi alimentari i contadini sopravvissero molto meglio che i cittadini dei centri urbani. Inoltre il salario dei lavoratori dei campi è superiore a quello dei funzionari pubblici, quasi il doppio.
Lo stato si fa carico di tutto, dalla casa, all’assistenza sanitaria, ai buoni alimentari.


Funziona ancora il Sistema Pubblico di Distribuzione degli alimenti (PDS)?
Certamente. Ad ogni famiglia si assegnano delle quote per il cibo – uova, polli - ma anche per gli indumenti – scarpe, vestiti -. E’ vero che durante la crisi alimentare questo sistema venne ridimensionato ma non fu mai interrotto e dal 2000 è tornato sui livelli precedenti. E’ la base del nostro socialismo.

Come giudica in generale il livello di vita dei nordcoreani?
E’ una vita umile ma degna. La persona non deve preoccuparsi per il domani, non ha mutui da pagare, non ha paura di perdere il lavoro. Ogni sua necessità è coperta dallo stato.

Supponiamo che io lavori molto per potermi permettere una casa più grande. Perché non posso comprarmela?
Perché devi sacrificare il tuo egoismo per il bene comune. Devi orientare i tuoi obiettivi verso l’ideologia, non verso i tuoi bisogni materiali. E’ il vantaggio di un sistema ideologico rispetto ad uno basato esclusivamente sull’economia.

La gente accetta questa visione?
Totalmente. Per questo il sistema si mantiene saldo. Nel 2010 non è facile rimanere un paese comunista di 24 milioni di persone senza che il popolo sia d’accordo.

Ci sono molti modi di mantenere in piedi un sistema…
Attualmente tutti senza eccezione appoggiano il sistema e darebbero la vita per la sua sopravvivenza. Non è un’imposizione, è una realtà.

In una citazione inserita in un recente editoriale sul quotidiano del Partito Rodong Sinmun, Kim Jong-il sembra riconoscere che i fabbisogni minimi della popolazione non sono stati ancora coperti. Come si deve interpretare questa ammissione?

Semplicemente come consapevolezza di quel che successe tra il 1995 e il 2000 e che la Corea del Nord non ha mai negato. Dopo il crollo degli altri sistemi comunisti la nostra nazione perse tutto il suo commercio estero, il blocco economico statunitense aumentò di intensità e fummo colpiti da una serie di disastri naturali. Fu necessario riconvertire l’economia del paese perché tornasse a funzionare, aprendosi anche a contatti con aziende del mondo capitalista. Questa fase di riassestamento non è ancora terminata.

E’ noto che le élites politiche e militari godono di privilegi rispetto alla popolazione comune (in temini di alloggio, cibo e beni di consumo). Ma la Corea del Nord è un paese egualitario: non c’è contraddizione in questa disparità di trattamento?

Questo è falso. Un generale dell’esercito vive come un impiegato di una fabbrica di scarpe, in tutte le zone del paese. Il nostro vice-presidente abita in un appartamento esattamente come ogni altro cittadino. Altrimenti il sistema cadrebbe. La gente non è stupida.


Ma durante la carestia i dirigenti non ricevevano razioni alimentari superiori alla gente comune?
No, lo stesso Kim Jong-il mangiava una ciotola di riso come tutti i nordcoreani.

Però lui vive in un palazzo...
E’ un’altra bugia. Il nostro leader ha alcune residenze segrete in diverse zone del paese per il semplice fatto che viaggia continuamente per stare con la gente. Se non fosse così non potresti vedere le sue foto ogni giorno da un luogo differente.

Sono tutte vere queste immagini?
Tutte. Oggi è in una fattoria di maiali, domani in un avamposto militare, dopodomani in una cooperativa ed ogni mattina i notiziari aggiornano la popolazione sui suoi spostamenti e sulle persone che ha incontrato nelle loro case.

Che libri si possono leggere in Corea del Nord? Ho letto che la Biblioteca Nazionale di Pyongyang ospita testi occidentali, tra cui perfino romanzi di Orwell o i classici francesi. E’ così? Chi la frequenta?

Non so se ci sia Orwell, e mi sembra un sarcasmo. Ma libri occidentali ce ne sono molti, normalmente i classici. Non abbiamo problemi sempre che non diffondano pornografia o propaganda capitalista. Tutti i cittadini possono frequentare la Biblioteca Nazionale.

E nelle librerie cosa si trova?
Un po’ di tutto: matematica, geometria e le opere dei nostri leader. Logicamente il controollo è fondamentale per garantire la vitalità del sistema.

E’ vero che Kim Jong-il è un appassionato di Internet?
In generale si interessa alle nuove tecnologie. E so per certo che ha un indirizzo e-mail.

Chi scrive a Kim Jong-il?

Io gli ho scritto diverse volte e ho ricevuto sue risposte. Ovviamente lo disturbo solo per le questioni urgenti.

A quanto ne so, in Corea del Nord non esiste Internet come noi lo intendiamo. Ci può descrivere come funziona la rete e chi la utilizza?
E’ una Intranet a cui gli utenti possono collegarsi gratuitamente per entrare in chat o consultare la loro e-mail. E’ uguale al world wide web però funziona solo all’interno del paese. Le informazioni si filtrano per evitare che le persone entrino in contatto con contenuti violenti o pornografici.

Come i notiziari della CNN?

Quella è pura propaganda, non sono notizie.

Che immagine hanno di se stessi i nordcoreani? E’ un popolo razzista o tollerante? In che misura il sentimento nazionalista contribuisce a cementare il regime? Glielo chiedo perché sta per uscire il libro di B. R. Myers intitolato “The Cleanest Race”, che credo farà discutere esperti e appassionati.
I nazionalisti nordcoreani sono inseriti all’interno del Partito dei Lavoratori che difende la sovranità e l’integrità del paese. Ma il concetto di razza è estraneo alla società nordcoreana che, anzi, soffrì immensamente le politiche razziste degli occupanti giapponesi.

Ha dovuto pagare un prezzo personale per le sue convinzioni politiche?

Un prezzo molto alto, perché quella occidentale non è una società libera ma completamente manipolata nell’interesse delle classi dirigenti. Ho perso lavori importanti, amicizie che credevo consolidate, per anni ho avuto problemi con la mia famiglia. Ho sofferto molto. Adesso è diverso, sono una persona conosciuta e rispettata.

Si sente più libero in Corea del Nord?

Certamente. Vivo in un paese in cui la gente crede nei miei stessi ideali e dove non devi preoccuparti continuamente di tenere d’occhio il portafoglio. E’ un modello sociale che permette di rilassarsi.

In occidente la Corea del Nord è generalmente considerata come il paradigma dello stato totalitario, nel quale i diritti umani e le libertà fondamentali sono inesistenti e in cui ogni posizione contraria a quella ufficiale è radicalmente repressa. Vorrei conoscere la sua versione dei fatti.
Chi sostiene una posizione del genere non sa nulla della storia e della cultura nordcoreane. Io sono una persona che ha sempre preferito verificare di persona quello che altri davano per scontato. Così ho fatto con la Corea del Nord e devo dire che la stragrande maggioranza delle persone che visitano il nostro paese cambiano opinione una volta preso atto della realtà.

Come descriverebbe il sistema politico nordcoreano?
Come un sistema socialista basato sull’ideologia Juche, che ha al centro l’uomo come trasformatore della società.

Crede che i nordcoreani in generale siano felici del loro modo di vivere?
Sì, molto felici. Molto più che in occidente. Ogni volta che vengo in Spagna non vedo l’ora di ritornare a Pyongyang, vedendo la quantità di gente in difficoltà economica e preoccupata per il proprio futuro. I nordcoreani vivono in una società migliore dal punto di vista mentale, ideologico o spirituale.

Perché allora vi sono persone che cercano di scappare all’estero, rischiando la loro stessa vita?
Perché la propaganda dei media occidentali è molto forte. In ogni caso molti di quelli che in occidente chiamano “rifugiati” attraversarono la frontiera con la Cina negli anni della carenza alimentare, perché nel Nord le condizioni erano molto dure. La maggior parte di loro tornarono più tardi e solo poche centinaia di persone decisero di rimanere in Cina, convinte dalle promesse di un guadagno facile. Queste persone, se tornassero oggi in Corea, dovrebbero spiegare perché decisero di non rientrare insieme a tutte le altre. Temendo un rifiuto sociale preferiscono tentare la sorte in Corea del Sud.

Però anche oggi il flusso di rifugiati continua.
Sono casi isolati, normalmente influenzati dalla propaganda. In molti casi ritornano e vengono nuovamente accolti. Non c’è nessun castigo per loro, contrariamente a quanto affermano certi media occidentali. Cosa diversa sono i casi di spionaggio che sono a tutti gli effetti un crimine contro lo stato. Per uno che se ne va, migliaia dimostrano ogni giorno la loro fedeltà al regime.

Perché il governo nordcoreano non permette che i suoi cittadini viaggino al di fuori dei confini dello stato?
Si può viaggiare all’estero ma sempre con una missione ben precisa della quale il governo sia a conoscenza. Oltretutto viaggiare costa molto e sono necessari fondi che solo lo stato può mettere a disposizione. Nel futuro, quando la economia lo consenta a tutti, i nordcoreani potranno viaggiare liberamente.

Se io visito Pyongyang posso parlare con la gente comune?
Sì, se io sono insieme a voi.

Perché gli stranieri che visitano la Corea del Nord devono sempre essere accompagnati da una guida ufficiale che non li lascia mai soli?
Perché la gente non li conosce e perché per ragioni di sicurezza dobbiamo mantenere una certa distanza. Ogni giorno gli Stati Uniti cercano di infiltrare spie nel nostro paese, di massacrarci con la loro propaganda per distruggere la nostra economia. Attraverso il CoCom gli americani influenzano le nostre relazioni commerciali con l’estero, per esempio i canadesi non possono venderci medicinali perché altrimenti avrebbero problemi con Washington. In questa situazione di continua oppressione a tutti i livelli, un paese così piccolo ed economicamente fragile come il nostro deve potersi difendere da intrusioni indesiderate. Il popolo coreano è stufo di menzogne e di gente falsa.

Perché in Corea del Nord non c’è nessun tipo di opposizione al governo? Perché non si ascoltano mai opinioni dissenzienti dalla linea del Partito-Stato?
Perché nel nostro sistema socialista esiste un concetto di unità che ci porta a lavorare tutti per lo stesso progetto comune. In Corea abbiamo un’ideologia che fin da piccoli alimenta nei cittadini una naturale attrazione verso questo tipo di società, della quale tutti vogliono sentirsi partecipi. La chiave della vittoria del sistema sta nell’impedire l’entrata nel paese alla propaganda anti-socialista ma soprattutto nell’educazione delle nuove generazioni. Non ci sono voci discordanti perché nessuno in Corea tenta di imporre la propria visione al vicino.

Però intimamente ognuno avrà certamente opinioni diverse rispetto alla situazione politica e sociale. Perché queste idee non si possono esprimere pubblicamente?
Lo si può fare, sempre che si rispettino le istituzioni. Quel che non si può permettere è che i panni sporchi si lavino in pubblico. Chi ha una lamentela può parlare con il rappresentante politico del distretto il quale si incaricherà, se è il caso, di presentare una mozione al Partito e all’Assemblea del Popolo. Non ci saranno rappresaglie se la proposta è rispettosa. Ma bisogna impedire che si crei disordine sociale attraverso attività anti-governative, proselitismo, conflitti tra gruppi religiosi.

Testimonianze di rifugiati e perfino di ex membri del regime hanno denunciato la presenza di una fitta rete di campi di concentramento in territorio nordcoreano. Che cosa sono questi campi e chi vi è rinchiuso?
Non esistono campi di concentramento. Ci sono estese porzioni di territorio in cui lavora gente comune, per esempio fattorie collettive o gruppi dedicati a servizi forestali. Non ci sono prigionieri. Le dichiarazioni dei cosiddetti rifugiati sono profumatamente pagate da chi ha interesse a diffondere queste menzogne. Chi parla di campi di concentramento lo fa per denaro, elargito il più delle volte da organizzazioni cristiane fondamentaliste in cambio di testimonianze false. Per una casa e un lavoro a Seul è normale che alcune persone siano disposte a mentire.

Ma ci sono anche immagini satellitari che dimostrano la presenza di campi recintati e sorvegliati.
I satelliti non chiariscono di cosa si tratti. Si vedono “cose”, non campi di concentramento. La presenza militare è dovuta al fatto che l’esercito è sempre in prima linea nei lavori più importanti e complessi. Le costruzioni che si osservano sono in molti casi basi militari o baracconi in cui alloggiano i soldati. E’ impossibile dal satellite distinguere queste costruzioni dalle fattorie collettive.

Lei nega l’esistenza di prigionieri politici in Corea del Nord?
E’ un fenomeno che non si produce nel nostro paese. Non ho mai avuto notizia di nessuno che abbia protestato contro Kim Jong-il, né ho mai visto scritte anti-governative sui muri delle città o dei villaggi.

Se non ha nulla da nascondere, perché il governo di Pyongyang non permette all’inviato per i diritti umani dell’ONU di entrare nel paese?
Tu apriresti la porta della tua casa a chi ha insultato e calunniato pubblicamente te e la tua famiglia? Sia l’ONU che Amnesty International si permettono, senza conoscere la realtà del paese, di pubblicare rapporti che danneggiano la nostra reputazione. Da chi sono pagate queste organizzazioni?

Lei crede che in Corea del Nord i diritti umani siano rispettati?
Sì.

Qual è la sua personale concezione dei diritti umani?

Tutti hanno diritto alla soddisfazione dei loro bisogni fondamentali, senza eccezione: casa, cibo, lavoro, una vita pacifica, armoniosa e felice. Questi per noi sono i diritti umani essenziali della persona.

E le libertà di espressione, di stampa, di movimento, di associazione?
Non si può avere tutto. E’ necessario sacrificare una parte della propria individualità per il bene della collettività. Oltretutto questo concetto di libertà è strettamente legato alle capacità economiche delle persone e come tale del tutto teorico: l’80 per cento della popolazione mondiale non può beneficiarne. Speriamo che il capitalismo attraversi altre crisi come questa.

E la libertà religiosa?
E’ assicurata in Corea del Nord.

Ci sono ancora nemici di classe in Corea del Nord?
Non solo nemici di classe ma persone che commettono errori e devono essere rieducate socialmente. Se la persona riconosce pubblicamente il suo errore – per esempio in un caso di corruzione – e si scusa pubblicamente, viene perdonata. Dipendendo dalla posizione che occupa sul posto di lavoro, subisce un declassamento.

Quindi si svolgono ancora sessioni pubbliche di auto-accusa e indottrinamento ideologico.
Sì, nelle unità e di lavoro e nelle cellule del Partito. L’idea è quella secondo cui ognuno forma parte di una grande famiglia e deve assumersene la responsabilità di fronte agli altri membri.

Qual è la sua posizione personale sulla pena di morte? In che casi si applica in Corea del Nord?

Sono totalmente contrario alla pena di morte. In Corea ufficialmente esiste ma si applica molto raramente, solo in casi di spionaggio e sabotaggio.

(continua)