4 feb 2010

Intervista. "La mia vita per Kim Jong-il"/3.



Nella terza parte dell'intervista ad Alejandro Cao de Benós (qui le precedenti puntate: 1 e 2) si trattano soprattutto temi economici. La situazione nel paese, già precaria, sembra essere stata ulteriormente aggravata negli ultimi mesi dalla misura di rivalutazione monetaria adottata dal governo. Proprio ieri Barbara Demick descriveva il quadro della situazione sul Los Angeles Times. Che al Nord stia succedendo qualcosa lo dimostrano anche le voci sulla possibile destituzione di un alto ufficiale incaricato di gestire la riforma. Confermate o no, il fatto stesso che siano riuscite a bucare la cortina di ferro suggerisce che forse, stavolta, Kim Jong-il non ha adeguatamente calcolato le conseguenze delle proprie decisioni. Anche perché gli episodi di ribellione più o meno aperta si stanno ripetendo con una frequenza del tutto inusuale per il Regno Eremita. Oltre che di questioni economiche, Cao parla delle basi ideologiche su cui si regge il sistema comunista di Pyongyang.

Come descriverebbe il sistema economico nordcoreano?
Un sistema di proprietà statale e collettiva basato, per quanto possibile, sull’autosufficienza economica. Lo stato destina al popolo in maniera egualitaria i beni che possiede. L’agricoltura costituisce il 60 per cento dell’intera economia, il resto è industria pesante, particolarmente bellica.

La grande carestia degli anni 1995-1998 avrebbe provocato, secondo alcune fonti, tra uno e due milioni di morti. Sono vere queste cifre?
Non ci sono cifre ufficiali ma personalmente credo che non si siano superati gli 80.000 morti.

Quali furono le cause della carestia? Che parte ebbero eventuali errori o omissioni nella gestione economica e in quella degli aiuti da parte del governo di Pyongyang?
Il governo non commise errori, assolutamente. Se no, come spiegare che dal 1948 al 1995 non successe mai nulla di paragonabile? Negli anni ’80 l’economia del Nord era più forte di quella del Sud e tra i paesi socialisti il nostro era tra più prosperi. Le cause della crisi furono la fine del blocco comunista con la conseguente difficoltà ad adattarci a logiche diverse da quelle cui eravamo abituati, e soprattutto i disastri naturali che colpirono il paese.

Lei cosa ricorda di quel periodo?
Ho visto morire gente, certamente. Anche senza mangiare, le persone lavoravamo fino a 20 ore al giorno per aiutare il paese a riprendersi. Molte di loro morivano sul posto di lavoro. Non c’era riscaldamento, né elettricità, né acqua corrente. Ricordo tutti i negozi chiusi a Pyongyang, dove funzionava solo il sistema di distribuzione pubblica. Ricordo una collega del ministero con le mani sullo stomaco, per non aver mangiato nulla dal giorno prima. Io mi nutrivo con un pomodoro, una cipolla e un pezzo di pane congelato della Croce Rossa.
Contrariamente a quanto dicono i media internazionali, in campagna la gente soffriva e moriva meno che in città perché ad ogni famiglia contadina era assegnato un piccolo appezzamento di terreno per uso personale, dove si coltivavano verdure e si allevavano animali. Nel Nord, dove per ragioni climatiche non si poteva far crescere nulla, la crisi fu più dura.

Com’è oggi la situazione alimentare nel paese?
Il World Food Program (WFP) lancia continuamente allarmi perché ha interesse a farlo. Se no come raccoglierebbe i finanziamenti? Stesso discorso per la FAO. In realtà anche dalle foto satellitari si vede come quest’anno il raccolto è stato il migliore degli ultimi anni. Oltretutto stiamo modernizzando le attrezzature per il lavoro agricolo e standardizzando le caratteristiche dei terreni. Non c’è nessuna emergenza alimentare nel paese attualmente e le cose possono solo migliorare.

Che prove ha di quel che afferma?
Visito regolarmente il paese in lungo e in largo, da nord a sud, da est a ovest. Vedo cooperative, ospedali, fattorie.

Ha accesso a tutto il territorio nazionale?
No, ci sono zone militari il cui accesso è proibito a tutti. Però la vita del popolo la conosco bene e sto vedendo continui cambiamenti in positivo: più prodotti nazionali, snacks, patate fritte, biscotti, beni di consumo.

Mentre i nordcoreani morivano di fame lei accompagnava le delegazioni straniere a visitare le opere architettoniche del regime, gli imponenti monumenti all’ideologia e perfino una mastodontica sala da bowling. Poi c’erano le spese militari, gli orologi di lusso, le scorte di cognac per Kim Jong-il. Come difende le priorità del regime e il suo ruolo nel supportarle in quel particolare momento della storia del paese?
La KFA comincia a organizzare visite nel paese a partire dall’anno 2000, quando la crisi era già terminata. Gli edifici si costruirono per la maggior parte negli anni ’80, quando l’economia era in buona salute. Per questo, ad esempio, la costruzione dell’hotel Ryugyong si interruppe quando si constatò che i fondi dovevano essere destinati ad altre priorità. Inoltre tutti i materiali per la costruzione provengono dall’interno, non importiamo nulla e quindi non spendiamo nulla. Sul cognac, Kim Jong-il non beve alcolici, quindi è una speculazione.

E’ vero che Kim Jong-il ha ordinato la chiusura di tutte le piccole attività commerciali private sorte dopo la carestia e tollerate dal regime anche se formalmente illegali?
Non esistono attività private di questo tipo in Corea del Nord, non c’è un’economia alternativa a quella socialista. Tutti i chioschi o le bancarelle che si vedono nelle città o nei villaggi sono di proprietà statale: lo stato ne assegna la gestione a determinate categorie di persone a fini esclusivamente sociali. In questo modo le persone si sentono utili e socializzano con i vicini.
E’ vero che durante la crisi alimentare si aprirono i cosiddetti open-markets, nei centri urbani soprattutto, un esperimento che però non ha nulla a che vedere con attività private. Ogni azienda statale aveva la possibilità di fissare i propri prezzi entro un margine stabilito dallo stato, una forma embrionale di concorrenza per provare a rendere più dinamica l’economia. Adesso questi open-markets non sono più necessari e verranno chiusi.

Lei personalmente cosa pensa della proprietà privata?
Dipende dal paese e dal sistema. Per me la collettività è più importante dell’individuo e lo stato nordcoreano attualmente rappresenta pienamente gli interessi della società.

In breve, ci può spiegare come funziona il sistema sanitario?
La sanità è gratuita per tutti. Negli ospedali l’attenzione è immediata. Non solo: ogni mese le famiglie ricevono la visita di un medico che controlla il loro stato di salute. E’ un sistema di medicina preventiva. Il numero di medici è molto alto e in questo modo è possibile sopperire alle carenze tecnologiche che, sfortunatamente, ancora ci portiamo dietro. Nei limiti del possibile utilizziamo i rimedi tradizionali nordcoreani secondo la tradizione orientale.

In cosa consistono i programmi scolastici e universitari?

Insegnamento obbligatorio fino alla maggiore età, accesso gratuito all’università, non esiste l’analfabetismo. I programmi scolastici prevedono una parte di studi politici di orientamento ideologico ma soprattutto lo studio delle materie tradizionali, altrimenti il paese non potrebbe progredire dal punto di vista scientifico e non potrebbe produrre i missili intercontinentali che abbiamo.

Secondo l’iconografia ufficiale Kim Il-sung e Kim Jong-il sono considerati alla stregua di dei o semi-dei. Le loro immagini sono appese non solo negli uffici pubblici ma anche in tutte le case. Le spille con la loro effigie sono ornamento necessario negli indumenti degli adulti. Lei, da occidentale, come giudica questo tipo di culto della personalità?

Non si tratta di culto della personalità. Io direi piuttosto che si seguono gli insegnamenti di un maestro. In Asia la figura del maestro e del padre è molto più importante che in occidente e la Corea del Nord ha conservato totalmente questa forma di rispetto nei confronti della guida. Kim Il-sung è il padre della nostra società ma nessuno lo definirebbe mai un dio, perché tutti sanno che è morto e che anche suo figlio è mortale. E’ un dio nella stessa maniera in cui i cristiani definiscono Gesù Cristo il loro maestro.

Una volta vidi un documentario – credo fosse del National Geographic - in cui alcune persone si rivolgevano adoranti alle icone del Grande Leader e del Caro Leader ringraziandole di aver ridato loro la vista. Cosa pensa di questo tipo di manifestazioni?

In quel reportage si cercava il sensazionalismo e si descrivevano fatti al di fuori del loro contesto. I pazienti ringraziavano i nostri leaders per aver creato un sistema che ha permesso loro di recuperare la vista attraverso una operazione. Un sistema nel quale il chirurgo era andato ad operare non il re o un membro privilegiato del Partito – come si dice sempre - ma una semplice contadina.

Il sito ufficiale della DPRK, di cui lei è artefice, contiene una esaltazione incondizionata del Grande Leader e del Caro Leader. Lei pensa che Kim Jong-il sia infallibile? Se no, può dirmi quali sono stati, secondo lei, gli errori del Caro Leader?

Sicuramente ha commesso errori ma da quando io vivo in Corea del Nord non saprei indicarne nessuno. Non posso rimproverare nulla a Kim Jong-il, il cui comportamento è l’esempio grazie al quale il sistema si mantiene. Ho visto errori in altri funzionari del Partito ma non nel nostro leader.

Si trovava già in Corea quando Kim Il-sung morì? Non è stato quello un incredibile episodio di fanatismo di massa?
Mi trovavo in Spagna. E’ stata una dimostrazione di unità del popolo nei confronti del leader o del padre. Kim Il-sung ha sempre trattato i nordcoreani come suoi figli, addirittura adottò personalmente migliaia di orfani. Quella manifestazione di dolore era quella di un figlio per la morte del proprio padre. Non ci fu nulla di orchestrato in quella occasione, tutto fu spontaneo e un coreano si offenderebbe se qualcuno manifestasse dubbi al proposito.

Ogni quanto tempo incontra Kim Jong-il?

Sono stato personalmente al suo cospetto in una sola occasione, nel 2003, poco dopo aver ricevuto la mia imposizione. Ma siedo vicino a lui nelle parate militari e ci teniamo regolarmente in contatto attraverso i rapporti ufficiali che gli faccio pervenire o la posta elettronica. Molte volte mi invia saluti personali nel corso di manifestazioni ufficiali.

Quale è il suo stato di salute attuale?
Sta bene ma come ogni persona in età avanzata può a volte patire qualche acciacco. Si sono dette molte falsità in questi mesi, per esempio non è assolutamente vero che è stato operato al cervello. Non bisogna credere a nessuno perché in tutto il paese solo due persone conoscono lo stato di salute reale del nostro leader. E’ un segreto di stato.

C’è mai stata in questi mesi una situazione di vuoto di potere in Corea?

Il sistema è perfettamente strutturato in caso di decesso di Kim Jong-il. C’è un presidente dell’Assemblea Popolare che è già il presidente della nazione e come tale rappresenta il popolo e anche la Commissione Nazionale di Difesa, di cui Kim Jong-il è presidente, è dotata di un vice che potrebbe esercitarne le funzioni. Non sarebbero possibili rivoluzioni o colpi di stato perché il livello di coesione della società lo impedirebbe. Certo, il carisma del leader non è riproducibile.

In chiave successione si parla del terzogenito Kim Jong-un. Sono solo speculazioni o c’è qualcosa di vero?
Non c’è successore designato né si percepiscono segnali di un prossimo cambio al vertice. Kim Jong-il è al potere perché lo ha voluto il popolo, non perché lo abbia designato suo padre. I nordcoreani non accetterebbero mai un leader a loro imposto dall’alto, io stesso non lo accetterei se non avesse una traiettoria nella quale mi potessi riconoscere.

Scusi, non ho capito bene.

Fin da bambino Kim Jong-il vestiva uniforme militare e viveva con i soldati. La gente lo ha sempre visto come un leader potenziale e lui ha sempre avvertito la profonda responsabilità di aiutare il padre. In quanto persona carismatica il popolo lo accolse come sostituto del Presidente Eterno. Non c’era nessun altro come lui.

L’esercito rimarrà fedele alla linea dettata dal Partito o sono prevedibili iniziative indipendenti?
Senza nessun dubbio seguirà la linea perché il Partito è ovunque, anche nei ranghi dell’esercito.

Perché l’esercito nordcoreano ha bisogno di un milione di uomini?

Per difendersi da una superpotenza come quella americana. E’ grazie al nostro esercito che la Corea del Nord ha potuto sopravvivere.

Qual è il livello di soddisfazione tra i militari? Esistono fenomeni di diserzione o di ammutinamento?
Ho molti amici nell’esercito e posso assicurare che le nostre divisioni sono compatte intorno al Partito e al suo leader. Non esistono fazioni o frizioni. Anche se ci fosse qualcuno che pensasse diversamente, sarebbe molto complicato posizionarsi contro l’intera società. La principale paura in Corea del Nord è quella di un rifiuto sociale.

Pensa che i nordcoreani qualche volta non abbiano paura anche del loro governo?
No, la gente vede il governo come una entità benevola. Io stesso sarei molto più duro in certi casi. Governo, popolo ed esercito sono una cosa sola.

C’è polizia nelle strade?

Non è necessaria. In una società libera da problemi sociali, da conflitti, da estremismi, dalla droga, dalla prostituzione, in una società che si autoregola, ogni fenomeno di rottura della coesione verrà corretto dagli stessi cittadini. I carcerati sono pochissimi e generalmente hanno problemi mentali.

Esiste in Corea del Nord un servizio segreto paragonabile al KGB sovietico o alla Stasi nella Germania Orientale?
C’è un servizio di intelligenza che dipende dal ministero dell’interno e si incarica di prevenire le minacce alla sicurezza del nostro paese provenienti dall’esterno. Non è una polizia incaricata di spiare la popolazione, perché noi non abbiamo problemi di questo tipo. In Corea del Nord ogni cittadino è un sorvegliante che si incarica volontariamente di controllare il comportamento dei suoi vicini.

Dove è nato Kim Jong-il, in un villaggio russo o sul Monte Paektu?
Sul Monte Paektu, dove agivano le forze della guerriglia. In Russia non c’è nulla che ricordi la sua nascita, il Monte Paektu è pieno di cimeli.

La storia del comunismo è costellata di massacri, povertà e oppressione. Alla luce del crollo dei sistemi comunisti in quasi tutto il mondo, su quali elementi si basa la sua difesa incondizionata di questa ideologia?
I massacri provocati dal comunismo non sono superiori a quelli che produce continuamente il sistema capitalista. Basta guardare a ciò che è successo in Jugoslavia dopo la fine del regime comunista. Prima tutte le razze convivevano senza problemi, poi si è scatenato l’inferno. E’ una menzogna che il comunismo sia stato una tragedia: è vero che alcune persone che hanno applicato l’ideologia comunista hanno commesso errori. La mia difesa dell’ideologia si basa sulla ricerca di una società egualitaria in cui l’uomo non sia sfruttato da altri uomini e dove tutti i mezzi di produzione appartengano al popolo. Il socialismo nel quale credo, quello della Corea del Nord, riunisce tutta la società e tutti sono partecipi della Rivoluzione.

Che opinione ha dei grandi leader comunisti della storia: Lenin, Stalin, Mao, Pol Pot?

Stalin e Mao furono grandi rivoluzionari. Ma la Rivoluzione Culturale fu uno sbaglio. Stalin ebbe il merito di integrare all’interno dell’Unione razze e culture diverse e di opporsi al nazismo. Certamente entrambi commisero errori, soprattutto sotto il profilo spirituale. Di Pol Pot non voglio parlare, fu una tragedia e basta.

Perché secondo lei il sistema comunista nordcoreano non è crollato come gli altri?
Per la nostra ideologia, che non esclude ma assimila. Per esempio, in Cina o in Unione Sovietica dichiararono guerra alla religione. Noi abbiamo integrato i religiosi all’interno del Partito. Ma soprattutto grazie alla figura dei nostri leader. Kim Il-sung è stato il più grande leader comunista della storia.

Crede che quello nordcoreano sia un modello da seguire per le altre nazioni?
Sì, anche se sarebbe impossibile trasferire il modello ad altre realtà nazionali senza adattarlo alle circostanze.

In cosa consiste, secondo lei, la superiorità del modello nordcoreano rispetto al resto dei sistemi politici?
Nella capacità di garantire la soddisfazione dei bisogni essenziali dell’essere umano attraverso l’azione del governo inteso come benefattore del popolo. Nell’eliminazione della corruzione economica attraverso la redistribuzione delle risorse alla gente.

Ci spiega in che cosa consiste l’ideologia della Juche?

La Juche è un’idea originale che ha le sue basi nella cultura e nella tradizione nordcoreana, non esente da influenze religiose, perfino buddiste. La sfera spirituale contribuisce all’originalità di una filosofia che, proprio per questo motivo, non potrebbe funzionare altrove. L’inclusione degli artisti e degli scienziati nel Partito provocò molti problemi a Kim Il-sung nei rapporti con gli altri paesi del blocco comunista.

Crede che la popolazione sappia esattamente di cosa si tratta?

Sì, senza alcun dubbio. Tutti sarebbero in grado di spiegarla, da un bambino di tre anni a un anziano di 80. La si studia e la si assorbe continuamente.

Stando alle notizie ufficiali, nel mese di dicembre il governo nordcoreano ha deciso la rivalutazione del won. Quali sono le ragioni di questa riforma monetaria?

In primo luogo l’obiettivo è renderlo equiparabile al dollaro o all’euro, evitando di sommare zeri. Ma la ragione fondamentale è la lotta contro la falsificazione della moneta. In Italia, ad esempio, è stata recentemente sgominata una banda che aveva stampato milioni di won falsi.

Ma il won non è una moneta presente nei circuiti internazionali, che senso ha falsificarlo?

Molta gente pensa che si possa cambiare in valuta internazionale o manda won in Cina, dove si vende a commercianti coreani.

Sempre secondo le fonti disponibili, il limite massimo di denaro convertibile sarebbe stato in un primo momento di 100.000 won per persona, per essere poi elevato in seguito a 500.000. Le risulta che questo parziale riaggiustamento sia legato ad alcuni episodi di protesta popolare seguiti alla rivalutazione?
Per quel che ne so non si è stabilito nessun limite di convertibilità anche se, ovviamente, ogni situazione sospetta di accumulazione viene attentamente esaminata per combattere le irregolarità. Il sistema bancario nordcoreano è uno dei più flessibili del mondo: non solo non esistono tasse sui guadagni personali ma anche i non residenti possono aprire un conto in banca.

Lei certamente avrà modo di parlare con la gente. Come ha accolto la popolazione la riforma monetaria?
Al mio ritorno a Pyongyang parlerò con i cittadini di questo argomento.

(continua)

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