1 feb 2010

Intervista. "La mia vita per Kim Jong-il"/2.

Quella che segue è la seconda parte dell'intervista integrale ad Alejandro Cao de Benós, il trentacinquenne catalano che ha scelto di servire la causa del comunismo più ortodosso, trasferendosi a Pyongyang per collaborare con il governo nordcoreano.
La prima puntata è qui e, in inglese, sul blog OneFreeKorea (con una introduzione di Joshua Stanton, decisamente troppo dura nei confronti di Cao e troppo benevola nei miei).
La scorsa settimana sull'Opinione la versione cartacea (all'interno dei numeri di martedì e mercoledì).
Nel segmento di oggi si parla, tra l'altro, di campi di concentramento e prigionieri politici, ma anche di libri e cinema.

Dalle immagini che provengono dalla Corea, Pyongyang appare il più delle volte come una città imponente ma deserta, con pochi passanti e vigili urbani che dirigono un traffico inesistente. E’ questa la realtà?
Pyongyang è una città monumentale, ricostruita quasi interamente dopo i bombardamenti americani, in cui abitano meno di 4 milioni persone. La sensazione di vuoto deriva dalle sue dimensioni. In Corea del Nord non c’è traffico perché, a parte la necessità di risparmiare combustibile, il trasporto è interamente pubblico. Ogni impresa, ogni ministero, ogni organizzazione hanno a disposizione 3 o 4 veicoli. Solo alcune categorie di persone dispongono di un’auto privata: coreani residenti in Giappone che tornarono in patria negli anni ‘80, atleti famosi o scienziati di spicco. A Pyongyang tutti i palazzi sono del popolo ma non ci sono abitazioni private. Lo stato regala la casa ai cittadini i quali non hanno spese di affitto o mantenimento, sempre che rimangano all’interno dei parametri di consumo energetico stabiliti.


Esiste una vita notturna a Pyongyang? Ci sono cinema, ristoranti?Non solo: ci sono karaoke, sale da bowling, centri culturali. La vita si basa sulla diffusione della cultura, a Pyongyang come in tutto il paese. La gente frequenta i parchi con le famiglie, gioca a carte, pesca, e in genere va a dormire molto tardi, verso le 2 o le 3 di notte.


Che film si proiettano?
L’arte cinematografica ha come scopo la formazione di una coscienza sociale. Non si proiettano film che fomentino il capitalismo o la distruzione della società, non esiste la pornografia. Kim Jong-il è un appassionato di cinema ma, al contrario di quanto si dice in occidente, la sua cineteca non contiene titoli hollywoodiani.


Come vive la gente nella capitale e nel resto del paese? Che differenze ci sono?
Le zone rurali hanno ovviamente servizi ridotti rispetto alla capitale ma in generale nei villaggi si è sempre vissuto meglio che nella grande città. Per esempio, le famiglie possono coltivare di tutto sull’appezzamento di terreno a loro assegnato all’interno delle cooperative. Quando ci furono problemi alimentari i contadini sopravvissero molto meglio che i cittadini dei centri urbani. Inoltre il salario dei lavoratori dei campi è superiore a quello dei funzionari pubblici, quasi il doppio.
Lo stato si fa carico di tutto, dalla casa, all’assistenza sanitaria, ai buoni alimentari.


Funziona ancora il Sistema Pubblico di Distribuzione degli alimenti (PDS)?
Certamente. Ad ogni famiglia si assegnano delle quote per il cibo – uova, polli - ma anche per gli indumenti – scarpe, vestiti -. E’ vero che durante la crisi alimentare questo sistema venne ridimensionato ma non fu mai interrotto e dal 2000 è tornato sui livelli precedenti. E’ la base del nostro socialismo.

Come giudica in generale il livello di vita dei nordcoreani?
E’ una vita umile ma degna. La persona non deve preoccuparsi per il domani, non ha mutui da pagare, non ha paura di perdere il lavoro. Ogni sua necessità è coperta dallo stato.

Supponiamo che io lavori molto per potermi permettere una casa più grande. Perché non posso comprarmela?
Perché devi sacrificare il tuo egoismo per il bene comune. Devi orientare i tuoi obiettivi verso l’ideologia, non verso i tuoi bisogni materiali. E’ il vantaggio di un sistema ideologico rispetto ad uno basato esclusivamente sull’economia.

La gente accetta questa visione?
Totalmente. Per questo il sistema si mantiene saldo. Nel 2010 non è facile rimanere un paese comunista di 24 milioni di persone senza che il popolo sia d’accordo.

Ci sono molti modi di mantenere in piedi un sistema…
Attualmente tutti senza eccezione appoggiano il sistema e darebbero la vita per la sua sopravvivenza. Non è un’imposizione, è una realtà.

In una citazione inserita in un recente editoriale sul quotidiano del Partito Rodong Sinmun, Kim Jong-il sembra riconoscere che i fabbisogni minimi della popolazione non sono stati ancora coperti. Come si deve interpretare questa ammissione?

Semplicemente come consapevolezza di quel che successe tra il 1995 e il 2000 e che la Corea del Nord non ha mai negato. Dopo il crollo degli altri sistemi comunisti la nostra nazione perse tutto il suo commercio estero, il blocco economico statunitense aumentò di intensità e fummo colpiti da una serie di disastri naturali. Fu necessario riconvertire l’economia del paese perché tornasse a funzionare, aprendosi anche a contatti con aziende del mondo capitalista. Questa fase di riassestamento non è ancora terminata.

E’ noto che le élites politiche e militari godono di privilegi rispetto alla popolazione comune (in temini di alloggio, cibo e beni di consumo). Ma la Corea del Nord è un paese egualitario: non c’è contraddizione in questa disparità di trattamento?

Questo è falso. Un generale dell’esercito vive come un impiegato di una fabbrica di scarpe, in tutte le zone del paese. Il nostro vice-presidente abita in un appartamento esattamente come ogni altro cittadino. Altrimenti il sistema cadrebbe. La gente non è stupida.


Ma durante la carestia i dirigenti non ricevevano razioni alimentari superiori alla gente comune?
No, lo stesso Kim Jong-il mangiava una ciotola di riso come tutti i nordcoreani.

Però lui vive in un palazzo...
E’ un’altra bugia. Il nostro leader ha alcune residenze segrete in diverse zone del paese per il semplice fatto che viaggia continuamente per stare con la gente. Se non fosse così non potresti vedere le sue foto ogni giorno da un luogo differente.

Sono tutte vere queste immagini?
Tutte. Oggi è in una fattoria di maiali, domani in un avamposto militare, dopodomani in una cooperativa ed ogni mattina i notiziari aggiornano la popolazione sui suoi spostamenti e sulle persone che ha incontrato nelle loro case.

Che libri si possono leggere in Corea del Nord? Ho letto che la Biblioteca Nazionale di Pyongyang ospita testi occidentali, tra cui perfino romanzi di Orwell o i classici francesi. E’ così? Chi la frequenta?

Non so se ci sia Orwell, e mi sembra un sarcasmo. Ma libri occidentali ce ne sono molti, normalmente i classici. Non abbiamo problemi sempre che non diffondano pornografia o propaganda capitalista. Tutti i cittadini possono frequentare la Biblioteca Nazionale.

E nelle librerie cosa si trova?
Un po’ di tutto: matematica, geometria e le opere dei nostri leader. Logicamente il controollo è fondamentale per garantire la vitalità del sistema.

E’ vero che Kim Jong-il è un appassionato di Internet?
In generale si interessa alle nuove tecnologie. E so per certo che ha un indirizzo e-mail.

Chi scrive a Kim Jong-il?

Io gli ho scritto diverse volte e ho ricevuto sue risposte. Ovviamente lo disturbo solo per le questioni urgenti.

A quanto ne so, in Corea del Nord non esiste Internet come noi lo intendiamo. Ci può descrivere come funziona la rete e chi la utilizza?
E’ una Intranet a cui gli utenti possono collegarsi gratuitamente per entrare in chat o consultare la loro e-mail. E’ uguale al world wide web però funziona solo all’interno del paese. Le informazioni si filtrano per evitare che le persone entrino in contatto con contenuti violenti o pornografici.

Come i notiziari della CNN?

Quella è pura propaganda, non sono notizie.

Che immagine hanno di se stessi i nordcoreani? E’ un popolo razzista o tollerante? In che misura il sentimento nazionalista contribuisce a cementare il regime? Glielo chiedo perché sta per uscire il libro di B. R. Myers intitolato “The Cleanest Race”, che credo farà discutere esperti e appassionati.
I nazionalisti nordcoreani sono inseriti all’interno del Partito dei Lavoratori che difende la sovranità e l’integrità del paese. Ma il concetto di razza è estraneo alla società nordcoreana che, anzi, soffrì immensamente le politiche razziste degli occupanti giapponesi.

Ha dovuto pagare un prezzo personale per le sue convinzioni politiche?

Un prezzo molto alto, perché quella occidentale non è una società libera ma completamente manipolata nell’interesse delle classi dirigenti. Ho perso lavori importanti, amicizie che credevo consolidate, per anni ho avuto problemi con la mia famiglia. Ho sofferto molto. Adesso è diverso, sono una persona conosciuta e rispettata.

Si sente più libero in Corea del Nord?

Certamente. Vivo in un paese in cui la gente crede nei miei stessi ideali e dove non devi preoccuparti continuamente di tenere d’occhio il portafoglio. E’ un modello sociale che permette di rilassarsi.

In occidente la Corea del Nord è generalmente considerata come il paradigma dello stato totalitario, nel quale i diritti umani e le libertà fondamentali sono inesistenti e in cui ogni posizione contraria a quella ufficiale è radicalmente repressa. Vorrei conoscere la sua versione dei fatti.
Chi sostiene una posizione del genere non sa nulla della storia e della cultura nordcoreane. Io sono una persona che ha sempre preferito verificare di persona quello che altri davano per scontato. Così ho fatto con la Corea del Nord e devo dire che la stragrande maggioranza delle persone che visitano il nostro paese cambiano opinione una volta preso atto della realtà.

Come descriverebbe il sistema politico nordcoreano?
Come un sistema socialista basato sull’ideologia Juche, che ha al centro l’uomo come trasformatore della società.

Crede che i nordcoreani in generale siano felici del loro modo di vivere?
Sì, molto felici. Molto più che in occidente. Ogni volta che vengo in Spagna non vedo l’ora di ritornare a Pyongyang, vedendo la quantità di gente in difficoltà economica e preoccupata per il proprio futuro. I nordcoreani vivono in una società migliore dal punto di vista mentale, ideologico o spirituale.

Perché allora vi sono persone che cercano di scappare all’estero, rischiando la loro stessa vita?
Perché la propaganda dei media occidentali è molto forte. In ogni caso molti di quelli che in occidente chiamano “rifugiati” attraversarono la frontiera con la Cina negli anni della carenza alimentare, perché nel Nord le condizioni erano molto dure. La maggior parte di loro tornarono più tardi e solo poche centinaia di persone decisero di rimanere in Cina, convinte dalle promesse di un guadagno facile. Queste persone, se tornassero oggi in Corea, dovrebbero spiegare perché decisero di non rientrare insieme a tutte le altre. Temendo un rifiuto sociale preferiscono tentare la sorte in Corea del Sud.

Però anche oggi il flusso di rifugiati continua.
Sono casi isolati, normalmente influenzati dalla propaganda. In molti casi ritornano e vengono nuovamente accolti. Non c’è nessun castigo per loro, contrariamente a quanto affermano certi media occidentali. Cosa diversa sono i casi di spionaggio che sono a tutti gli effetti un crimine contro lo stato. Per uno che se ne va, migliaia dimostrano ogni giorno la loro fedeltà al regime.

Perché il governo nordcoreano non permette che i suoi cittadini viaggino al di fuori dei confini dello stato?
Si può viaggiare all’estero ma sempre con una missione ben precisa della quale il governo sia a conoscenza. Oltretutto viaggiare costa molto e sono necessari fondi che solo lo stato può mettere a disposizione. Nel futuro, quando la economia lo consenta a tutti, i nordcoreani potranno viaggiare liberamente.

Se io visito Pyongyang posso parlare con la gente comune?
Sì, se io sono insieme a voi.

Perché gli stranieri che visitano la Corea del Nord devono sempre essere accompagnati da una guida ufficiale che non li lascia mai soli?
Perché la gente non li conosce e perché per ragioni di sicurezza dobbiamo mantenere una certa distanza. Ogni giorno gli Stati Uniti cercano di infiltrare spie nel nostro paese, di massacrarci con la loro propaganda per distruggere la nostra economia. Attraverso il CoCom gli americani influenzano le nostre relazioni commerciali con l’estero, per esempio i canadesi non possono venderci medicinali perché altrimenti avrebbero problemi con Washington. In questa situazione di continua oppressione a tutti i livelli, un paese così piccolo ed economicamente fragile come il nostro deve potersi difendere da intrusioni indesiderate. Il popolo coreano è stufo di menzogne e di gente falsa.

Perché in Corea del Nord non c’è nessun tipo di opposizione al governo? Perché non si ascoltano mai opinioni dissenzienti dalla linea del Partito-Stato?
Perché nel nostro sistema socialista esiste un concetto di unità che ci porta a lavorare tutti per lo stesso progetto comune. In Corea abbiamo un’ideologia che fin da piccoli alimenta nei cittadini una naturale attrazione verso questo tipo di società, della quale tutti vogliono sentirsi partecipi. La chiave della vittoria del sistema sta nell’impedire l’entrata nel paese alla propaganda anti-socialista ma soprattutto nell’educazione delle nuove generazioni. Non ci sono voci discordanti perché nessuno in Corea tenta di imporre la propria visione al vicino.

Però intimamente ognuno avrà certamente opinioni diverse rispetto alla situazione politica e sociale. Perché queste idee non si possono esprimere pubblicamente?
Lo si può fare, sempre che si rispettino le istituzioni. Quel che non si può permettere è che i panni sporchi si lavino in pubblico. Chi ha una lamentela può parlare con il rappresentante politico del distretto il quale si incaricherà, se è il caso, di presentare una mozione al Partito e all’Assemblea del Popolo. Non ci saranno rappresaglie se la proposta è rispettosa. Ma bisogna impedire che si crei disordine sociale attraverso attività anti-governative, proselitismo, conflitti tra gruppi religiosi.

Testimonianze di rifugiati e perfino di ex membri del regime hanno denunciato la presenza di una fitta rete di campi di concentramento in territorio nordcoreano. Che cosa sono questi campi e chi vi è rinchiuso?
Non esistono campi di concentramento. Ci sono estese porzioni di territorio in cui lavora gente comune, per esempio fattorie collettive o gruppi dedicati a servizi forestali. Non ci sono prigionieri. Le dichiarazioni dei cosiddetti rifugiati sono profumatamente pagate da chi ha interesse a diffondere queste menzogne. Chi parla di campi di concentramento lo fa per denaro, elargito il più delle volte da organizzazioni cristiane fondamentaliste in cambio di testimonianze false. Per una casa e un lavoro a Seul è normale che alcune persone siano disposte a mentire.

Ma ci sono anche immagini satellitari che dimostrano la presenza di campi recintati e sorvegliati.
I satelliti non chiariscono di cosa si tratti. Si vedono “cose”, non campi di concentramento. La presenza militare è dovuta al fatto che l’esercito è sempre in prima linea nei lavori più importanti e complessi. Le costruzioni che si osservano sono in molti casi basi militari o baracconi in cui alloggiano i soldati. E’ impossibile dal satellite distinguere queste costruzioni dalle fattorie collettive.

Lei nega l’esistenza di prigionieri politici in Corea del Nord?
E’ un fenomeno che non si produce nel nostro paese. Non ho mai avuto notizia di nessuno che abbia protestato contro Kim Jong-il, né ho mai visto scritte anti-governative sui muri delle città o dei villaggi.

Se non ha nulla da nascondere, perché il governo di Pyongyang non permette all’inviato per i diritti umani dell’ONU di entrare nel paese?
Tu apriresti la porta della tua casa a chi ha insultato e calunniato pubblicamente te e la tua famiglia? Sia l’ONU che Amnesty International si permettono, senza conoscere la realtà del paese, di pubblicare rapporti che danneggiano la nostra reputazione. Da chi sono pagate queste organizzazioni?

Lei crede che in Corea del Nord i diritti umani siano rispettati?
Sì.

Qual è la sua personale concezione dei diritti umani?

Tutti hanno diritto alla soddisfazione dei loro bisogni fondamentali, senza eccezione: casa, cibo, lavoro, una vita pacifica, armoniosa e felice. Questi per noi sono i diritti umani essenziali della persona.

E le libertà di espressione, di stampa, di movimento, di associazione?
Non si può avere tutto. E’ necessario sacrificare una parte della propria individualità per il bene della collettività. Oltretutto questo concetto di libertà è strettamente legato alle capacità economiche delle persone e come tale del tutto teorico: l’80 per cento della popolazione mondiale non può beneficiarne. Speriamo che il capitalismo attraversi altre crisi come questa.

E la libertà religiosa?
E’ assicurata in Corea del Nord.

Ci sono ancora nemici di classe in Corea del Nord?
Non solo nemici di classe ma persone che commettono errori e devono essere rieducate socialmente. Se la persona riconosce pubblicamente il suo errore – per esempio in un caso di corruzione – e si scusa pubblicamente, viene perdonata. Dipendendo dalla posizione che occupa sul posto di lavoro, subisce un declassamento.

Quindi si svolgono ancora sessioni pubbliche di auto-accusa e indottrinamento ideologico.
Sì, nelle unità e di lavoro e nelle cellule del Partito. L’idea è quella secondo cui ognuno forma parte di una grande famiglia e deve assumersene la responsabilità di fronte agli altri membri.

Qual è la sua posizione personale sulla pena di morte? In che casi si applica in Corea del Nord?

Sono totalmente contrario alla pena di morte. In Corea ufficialmente esiste ma si applica molto raramente, solo in casi di spionaggio e sabotaggio.

(continua)

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