The New Yorker vs. Rumsfeld. Dopo aver dato il via alla campagna che ha portato Richard Perle alle dimissioni (qui la sua difesa), in questo articolo
(già famoso ancor prima della pubblicazione) il settimanale attacca il
Segretario alla Difesa e la sua strategia di “guerra leggera”. Non
entriamo nel merito in quanto non siamo esperti militari. Ci limitiamo a
due considerazioni per così dire “politiche”. La prima. Come tutte le
critiche che in questi giorni stanno montando sui mezzi di informazione,
anche questa ci sembra assai prematura: ricordiamo solo che sia la
Prima Guerra del Golfo, sia l’intervento in Kosovo, sia quello in
Afghanistan richiesero diverse settimane prima di raggiungere l’esito
prefissato. La seconda. L’articolo sembra dettato
dagli avversari politici di Rumsfeld e dice esattamente ciò che tutti i
suoi oppositori vorrebbero sentire: errori di valutazione, arroganza,
incompetenza militare. Troppo facile per essere vero. Sa di
preconfezionato, conservato e tirato fuori alla prima occasione. Ma
forse un po’ troppo presto.
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