15-M. Immagini dalla Plaça Catalunya di Barcellona, pomeriggio di venerdì 20 maggio 2011.
Stupisce che i mezzi di comunicazione siano così in difficoltà nel definire il movimento di protesta che da qualche giorno sta animando le piazza spagnole. Qui a Barcellona almeno è abbastanza chiaro che, per contenuti, forme organizzative, slogan ed estetica ci troviamo di fronte all'ennesimo fenomeno contestatario antisistema, che ripropone (per adesso in chiave nonviolenta) le parole d'ordine della sinistra no global del decennio appena trascorso. Si parla di rivoluzione, di potere al popolo, si canta Victor Jara, si lanciano invettive contro il capitalismo, il neo-liberalismo, i partiti e la finanza internazionale. Di buono c'è che la gente passa, osserva e si mette a discutere e, per ora, i giovani in piazza si dimostrano disposti ad ascoltare e a spiegare le loro posizioni.
E' un vero peccato che l'ideologia abbia già sequestrato la protesta: non era una cattiva idea quella di un movimento civico anti-statalista che ponesse l'accento sulla centralità delle persone e le responsabilità delle istituzioni, soprattutto in un paese così poco incline al dibattito e alla partecipazione politica come la Spagna. Non sarebbe stata cosa da poco la nascita di un'indignazione di carattere liberale dopo anni di populismo progressista. Purtroppo di libertà dallo stato si parla poco o nulla e molto invece di popolo, di diritti sociali, di nazionalizzazioni, di lavorare meno lavorare tutti, di occupazioni, di Genova 2001 e così via. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole di maggio, purtroppo.
Sarebbe interessante vedere quel che succede a Madrid per capire se davvero la partecipazione si possa estendere a categorie sociali non inclini a dimostrazioni di piazza, alla cosiddetta classe media, alla fantomatica maggioranza silenziosa. Barcellona è da sempre rivoluzionaria ed è facile che la protesta sia monopolizzata dalla sinistra antisistema. Madrid è, per tradizione, conservatrice e in questo caso potrebbe rivelarsi uno scenario più significativo per capire la sostanza del movimento. Io non mi farei molte illusioni, anche perché lo slogan Democracia Real è già di per sé una dichiarazione di intenti sufficientemente confusa per non generare diffidenza: quando alla parola democrazia si aggiungono aggettivi diversi da liberale, sappiamo come va a finire.
I richiami a Piazza Tahrir e alle rivolte arabe dimostrano quanto la libertà di espressione sia un bene prezioso ma fortemente soggetto all'abuso. Pensare richiede tempo ed energia e quando il fine è la protesta in se stessa l'uno e l'altra si esauriscono con troppa facilità. Da qui la confusione o la strumentalizzazione.
Domani è giornata di riflessione. Il governo ha fatto sapere che la polizia non interverrà se non in caso di palesi infrazioni delle leggi elettorali o in seguito a violenze. E' bene che sia così.
Stupisce che i mezzi di comunicazione siano così in difficoltà nel definire il movimento di protesta che da qualche giorno sta animando le piazza spagnole. Qui a Barcellona almeno è abbastanza chiaro che, per contenuti, forme organizzative, slogan ed estetica ci troviamo di fronte all'ennesimo fenomeno contestatario antisistema, che ripropone (per adesso in chiave nonviolenta) le parole d'ordine della sinistra no global del decennio appena trascorso. Si parla di rivoluzione, di potere al popolo, si canta Victor Jara, si lanciano invettive contro il capitalismo, il neo-liberalismo, i partiti e la finanza internazionale. Di buono c'è che la gente passa, osserva e si mette a discutere e, per ora, i giovani in piazza si dimostrano disposti ad ascoltare e a spiegare le loro posizioni.
E' un vero peccato che l'ideologia abbia già sequestrato la protesta: non era una cattiva idea quella di un movimento civico anti-statalista che ponesse l'accento sulla centralità delle persone e le responsabilità delle istituzioni, soprattutto in un paese così poco incline al dibattito e alla partecipazione politica come la Spagna. Non sarebbe stata cosa da poco la nascita di un'indignazione di carattere liberale dopo anni di populismo progressista. Purtroppo di libertà dallo stato si parla poco o nulla e molto invece di popolo, di diritti sociali, di nazionalizzazioni, di lavorare meno lavorare tutti, di occupazioni, di Genova 2001 e così via. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole di maggio, purtroppo.
Sarebbe interessante vedere quel che succede a Madrid per capire se davvero la partecipazione si possa estendere a categorie sociali non inclini a dimostrazioni di piazza, alla cosiddetta classe media, alla fantomatica maggioranza silenziosa. Barcellona è da sempre rivoluzionaria ed è facile che la protesta sia monopolizzata dalla sinistra antisistema. Madrid è, per tradizione, conservatrice e in questo caso potrebbe rivelarsi uno scenario più significativo per capire la sostanza del movimento. Io non mi farei molte illusioni, anche perché lo slogan Democracia Real è già di per sé una dichiarazione di intenti sufficientemente confusa per non generare diffidenza: quando alla parola democrazia si aggiungono aggettivi diversi da liberale, sappiamo come va a finire.
I richiami a Piazza Tahrir e alle rivolte arabe dimostrano quanto la libertà di espressione sia un bene prezioso ma fortemente soggetto all'abuso. Pensare richiede tempo ed energia e quando il fine è la protesta in se stessa l'uno e l'altra si esauriscono con troppa facilità. Da qui la confusione o la strumentalizzazione.
Domani è giornata di riflessione. Il governo ha fatto sapere che la polizia non interverrà se non in caso di palesi infrazioni delle leggi elettorali o in seguito a violenze. E' bene che sia così.
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