2 jun 2012

Keynes e l'aspirina. Io sbaglio su un sacco di cose, si sa. Però ci sono questioni sulle quali non ho mai avuto dubbi, perché le ho poppate fin dall'infanzia: che non dovevo rubare le caramelle negli autogrill, che la Juve era la squadra più forte d'Italia, che i liberali stavano da una parte e Keynes da un'altra. Tralascio i primi due pilastri della mia esistenza e mi butto sul terzo. Io, che di economia non è che sia un esperto, ho sempre associato Keynes alla spesa pubblica, allo scavare una buca per riempirla, alle sovvenzioni dello stato. Insomma tutta quella roba lì, che con il liberalismo non è che abbia tanto a che fare. Lo so che Keynes ha detto un sacco di cose, e magari tra quelle a cercarle ce ne trovi perfino di liberali, diciamo. Però uno quando pensa al mercato gli viene in mente Hayek, mica Keynes. Io, giuro, ad associare Keynes e i liberali non ci avevo mai pensato. Mai. Era un pilastro, appunto. Poi un giorno parlo con Christian Rocca, uno che in genere pensa cose giuste ma per farle accettare dagli amici deve dire che sono di sinistra. E lui mi spara, e quasi mi viene un colpo perché io di Rocca un po' mi fidavo, che la guerra fredda non l'hanno vinta Reagan e Thatcher ma Keynes. E che Keynes era un liberale così. Io gli chiedo, ma sei sicuro? E lui, certo, non capisci un cazzo, quelli che credono che Keynes fosse un marxista sono degli imbecilli come te. Io gli rispondo che mica credevo che Keynes fosse un marxista, ma che tra essere un liberale ed essere un marxista c'è un mare. E che Keynes, aggiungo, in quel mare ci aveva navigato parecchio. Per me la questione era chiusa. Rocca stava per diventare direttore e si prendeva qualche licenza poetica. Certo, uno che ti dice che nel XX secolo ha vinto la sinistra fa un po' pensare, ma contento lui. Solo che poi oggi mi imbatto in un articolone che si intitola: Keynes era un liberale? e mi ricordo di quella conversazione. I punti interrogativi a volte sono uno shock, perché ti trasformano una certezza in un dubbio con un semplice segno sulla carta. Non sono mica facili i punti interrogativi, bisognerebbe prenderli un po' più sul serio. Prima ancora di leggerlo, mi dico: caspita, se uno dedica così tanto tempo a spiegare che uno non è una cosa, significa che la possibilità che quello sia quella cosa è abbastanza alta. Se no sarebbe scemo. E allora chiedo a chi mi ha segnalato l'articolo: ma sei sicuro che sia una cosa seria? Non so, io conosco solo uno che pensa che Keynes sia un liberale, tu quanti ne conosci? E lui mi dice che c'è un sacco di gente che lo pensa, per esempio al Giornale, a Libero o al Tempo. Cioè, per riassumere, c'è una buona parte della destra italiana che crede che Keynes sia un liberale, e che quelle cose delle buche, dell'intervento statale e via dicendo siano dettagli insignificanti. Ora, non è che la destra italiana di liberalismo ci abbia mai capito tanto, ma questa è solo un'opinione, ci mancherebbe. Però uno può capirci poco ed evitare comunque di spararle grosse. Invece no, se è vero che al Giornale, a Libero o al Tempo c'è un sacco di gente che quando sente la parola liberalismo non pensa ad Adam Smith ma a Keynes, ecco io credo che un po' la cosa dovrebbe preoccupare. Perché della destra italiana me ne frega abbastanza poco, però la confusione, l'improvvisazione e la manipolazione ideologica sono cose serie e uno non può mica lasciarle in mano, che so, al direttore di IL24 o a qualche amico suo di sinistra pagato dalla destra. Io lo so che Keynes non era un liberale. Ma l'articolo l'ho letto lo stesso. E' stato come prendere l'aspirina, anche se sai che il mal di testa prima o poi ti passa.

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