Intervista. "La mia vita per Kim Jong-il".
Si chiama Alejandro Cao de Benós, discende da una famiglia dell’aristocrazia rurale catalana ed è, ad oggi, l’unico funzionario occidentale nel governo della Corea del Nord. Nella sua veste di delegato speciale del Comitato per le Relazioni Culturali con l’Estero, il trentacinquenne originario di Tarragona si muove per il mondo come un ambasciatore aggiunto, riceve delegazioni straniere a Pyongyang e si incarica di procacciare affari con le aziende del capitalismo avanzato. Come presidente della Korean Friendship Association (KFA), da lui fondata nel 2000, si vanta di esportare il verbo di Kim Jong-il e di far conoscere il Regno Eremita a politici (anche italiani) e curiosi.
Mentre le rivoluzioni dell’89 liquidano il totalitarismo in Europa, Alejandro Cao de Benós si lancia alla ricerca di un modello di società che incarni la sua idea di comunismo. Lo trova nella Corea del Nord e da quel momento la sua vita cambia. Comincia a viaggiare a Pyongyang quando ancora nessuno lo fa e a presentare progetti culturali ai rappresentanti del regime. Superate le diffidenze iniziali e gli inviti a ritornare da dove era venuto, Cao si apre gradualmente le porte delle istituzioni facendosi precedere da una delle frasi storiche del Caro Leader: “La parola impossibile non esiste in coreano”. Quando propone di realizzare il primo sito Internet ufficiale della Repubblica Democratica Popolare di Corea è Kim Jong-il in persona a cooptarlo all’interno della struttura di potere. Da allora Cao è un soldato fedele all’ideologia Juche, quel misto di comunismo asiatico e orgoglio nazionalista frutto dell’elaborazione intellettuale del Presidente Eterno Kim Il-sung. Non è mai stato su un campo di battaglia ma sull’uniforme che indossa quando è a Pyongyang sfoggia onorificenze civili e militari, oltre all’immancabile distintivo dei due Kim. Ho avuto occasione di parlare con lui durante un suo breve soggiorno spagnolo.
Il quotidiano L'Opinione ha pubblicato questa intervista in due puntate (la prima e la seconda). Per ragioni di spazio ho dovuto selezionare domande e risposte ma spero comunque di essere riuscito a rendere l'idea. Per chi fosse interessato alla versione integrale, la pubblicherò su questo blog in quattro parti, cominciando da oggi. Buona lettura (e ogni commento è benvenuto, anche se solo per e-mail).
Cominciamo dall’inizio. A quando risale la sua passione per la Corea del Nord?
A quando avevo 15 anni. Stavo cercando un sistema che rappresentasse al massimo il mio ideale di società egualitaria. Era l’epoca della scomparsa dell’Unione Sovietica, a sinistra tutti volgevano lo sguardo verso la socialdemocrazia e nessuno voleva più chiamarsi comunista. I principi erano in vendita. Analizzai il modello vietnamita, quello cinese e quello cubano. La Corea del Nord in quel momento era tabù anche per la sinistra più radicale. Fu a Madrid che venni in contatto per la prima volta con tre famiglie nordcoreane che rappresentavano il paese nell’Organizzazione Mondiale del Turismo, ottenni materiale sulla Corea del Nord e cominciai a coltivare il mio interesse.
Come avviene il salto da ammiratore a funzionario del governo nordcoreano? Come ha fatto a conquistarsi la fiducia del regime?
E’ un cammino lungo durato dieci anni, finché nel 2002 il governo di Pyongyang mi riconosce come delegato speciale. Il mio sogno era sempre stato lavorare per un progetto socialista reale. Mi sentivo totalmente identificato con la Corea del Nord non solo a livello ideologico ma anche dal punto di vista spirituale e culturale. All’inizio mi scontrai con un’atmosfera di sospetto e con i legittimi dubbi dei miei interlocutori sulle mie reali capacità. Ma in Corea del Nord se tu riesci a portare avanti le tue proposte con successo, allora alla fine ricevi un appoggio unanime. Dopo anni di tentativi con progetti educativi e culturali, la chiave di volta fu la creazione della pagina web ufficiale della Repubblica Democratica di Corea nel 2000, il primo canale di comunicazione fra la Corea e il mondo. Una volta ottenuta l’autorizzazione dal Ministero degli Esteri e della Cultura fu Kim Jong-il in persona a dare la sua approvazione.
Per legge della Repubblica non è possibile rappresentare il paese se non si è nati in territorio nordcoreano. Nel mio caso le autorità fecero una eccezione riconoscendo che avevo dimostrato di voler davvero realizzare il mio sogno, quello di lavorare per loro.
Tengo a precisare che dal governo nordcoreano non ho mai ricevuto denaro e tutte le posizioni che occupo attualmente sono onorifiche.
Quali sono esattamente le sue funzioni a Pyongyang? Che cariche riunisce?
Esercito tutte le funzioni proprie di un ambasciatore su scala mondiale, a livello diplomatico, culturale e commerciale. Mi incarico di accogliere delegazioni straniere, di risolvere problemi logistici quando i diplomatici sono a Pyongyang, di favorire le relazioni e i gemellaggi con i rappresentanti politici che si dimostrano interessati a conoscere la realtà della Corea del Nord, e agisco come portavoce del governo di fronte ai mezzi di comunicazione internazionali. E’ un incarico polivalente, che non esisteva prima.
Qual è il suo livello di partecipazione nella gestione degli affari di governo in Corea? Assiste a riunioni ufficiali? Viene consultato dalle alte cariche dello stato su questioni specifiche?
Lavoro per il Comitato per le Relazioni Culturali con l’Estero, che dipende sia dagli Esteri che dal Ministero della Cultura. Mi riunisco periodicamente con le principali cariche dello stato, tra cui il Presidente dell’Assemblea del Popolo Kim Yong-nam e i funzionari dei ministeri per cui lavoro.
Quanti membri e quante sedi ha l’associazione che lei presiede?
Siamo 9000 associati in 120 paesi. Quasi tutto il denaro che ci serve proviene dalle mie tasche. Altrimenti ci finanziamo con la vendita dei nostri gadgets e con le commissioni sui contratti che procuriamo al governo nordcoreano, ma quest’ultima è una fonte d’ingresso piuttosto limitata. Per esempio in Italia abbiamo appena firmato un accordo con Indesit, per la fornitura di elettrodomestici a basso prezzo per la nostra gente. Anche noi come tutti cerchiamo la qualità dei prodotti ed è per questo che preferiamo lavorare con aziende europee piuttosto che con la Cina, ad esempio.
Qual è il suo obiettivo?
Avvicinare al nostro paese chiunque sia interessato a conoscerne la realtà. Ovviamente è necessario che rispetti la Corea del Nord, che non manifesti intenzioni ostili o ci insulti.
Come sa sono in vigore sanzioni americane contro la Bank Delta Asia, con sede a Macao, considerata un centro di riciclaggio dei fondi provenienti dalle attività illecite del governo nordcoreano. Quali sono i legami della Korean Friendship Association (KFA) con questa entità bancaria?
La KFA non ha conti bancari all’estero. Come ho già detto tutto il denaro proviene dalle piccole attività che gestiamo o dal mio conto personale, frutto del mio lavoro e dei miei investimenti. Oltretutto il problema della Bank Delta Asia è ormai superato. Le accuse americane si sono dimostrate infondate e nel momento in cui gli Stati Uniti hanno mutato il loro atteggiamento passando da una posizione aggressiva ad una più dialogante, i conti correnti sono stati sbloccati. Parliamo già di qualche mese fa.
Quanti mesi all’anno passa in Corea e quanti all’estero?
Circa sette mesi in Corea ed il resto del tempo in missione per conto del governo.
Accompagna diplomatici nordcoreani negli incontri con delegazioni straniere?
Raramente. Lavoro con gli ambasciatori nordcoreani ma non mi incarico direttamente degli incontri diplomatici.
Quali sono state le sue ultime missioni?
Lo scorso novembre sono stato in Canada a trattare con una importante impresa farmaceutica la fornitura di medicinali per il nostro paese: principi attivi ed altri elementi chimici. Inoltre stiamo lavorando sul alcuni progetti relativi alle energie rinnovabili con organizzazioni italiane.
Gestisce qualche attività economica in Corea?
No, nessuna.
Può descriverci la sua giornata tipo quando si trova a Pyongyang?
Mi alzo alle sette, faccio colazione come tutti e vado a lavorare. Mi riunisco con i direttori dei vari dipartimenti per analizzare l’agenda della giornata e in generale accompagno i delegati in visita a Pyongyang negli incontri con i responsabili dei ministeri. I dirigenti nordcoreani parlano un inglese basico e spesso devo fare da intermediario. Kim Jong-il invece parla correttamente inglese, russo e cinese, oltre al coreano.
In che parte della capitale vive?
Vivo in un piccolo appartamento davanti all’Hotel Koryo, nel centro di Pyongyang, a due passi dal Ministero degli Esteri e della Cultura. Vado al lavoro a piedi, anche se tutti i funzionari del governo hanno a disposizione l’auto ufficiale.
Quando non lavora che cosa fa a Pyongyang?
Non ho molto tempo libero. Lavoriamo dal lunedì alla domenica e normalmente finiamo all’una di notte. A volte le riunioni finiscono al ristorante in piena notte.
Lei ha la cittadinanza nordcoreana. Ma cosa significa sentirsi nordcoreano?
Significa lottare per l’indipendenza e per preservare la cultura della nostra patria, avere l’obbligo di creare qualcosa non solo per il proprio beneficio personale ma per l'insieme della società.
E’ vero che a Pyongyang la gente la ferma per la strada? Cosa le dicono le persone che incontra?
E’ vero. Mi conoscono principalmente per i programmi televisivi a cui partecipo e per i discorsi che pronuncio sui canali nazionali e negli stadi. Inoltre canto in coreano per la popolazione in occasione di manifestazioni pubbliche. Mi trattano con affetto e ammirazione, mi vedono come uno di loro, un “compagno” come gli altri. In Corea del Nord non esistono differenze sociali e un dirigente del governo è uguale ad un cittadino comune.
Conosce il coreano così bene?
No, lo sto imparando. Con i miei colleghi parlo in inglese e gli inni li imparo a memoria. Anche gli editoriali che scrivo per il Rodong Sinmun sono in inglese e poi vengono tradotti.
Dal punto di vista dei costumi, quali sono i tratti caratteristici della società nordcoreana?
Innanzitutto il rispetto per la famiglia, per gli anziani, in generale per le altre persone. Nel Sud tutto questo non esiste più a causa dell’influenza occidentale e americana in particolare.
Cosa rappresentano tutte quelle decorazioni che si vedono sulla sua uniforme?
Sono onorificenze civili e militari. L’Ordine Internazionale per le Attività Culturali, l’Ordine della Bandiera Nazionale per le mie attività civili e una medaglia per meriti di lavoro.
Ma lei ha combattuto con l’esercito nordcoreano?
No, certo. Ma l’onorificenza militare che porto è un riconoscimento attribuito solo alle unità militari d’élite che mi fu consegnata personalmente a Panmunjom da un colonnello dell’esercito. Dal suo cuore al mio.
Riceve regali da Kim Jong-il?
Mi fece personalmente un regalo: un servizio da tè di porcellana.
Non si sente mai un privilegiato rispetto al resto della popolazione?
No, perché la mia condizione di straniero mi ha sempre procurato più difficoltà che vantaggi. Sono il primo e unico nella storia ad aver conseguito quello che ho conseguito io. Avevo tutto contro. Quando tutti mi dicevano che il mio era un sogno impossibile, io rispondevo che – come dice lo stesso Kim Jong-il – la parola “impossibile” non esiste in coreano. Ed io l’ho dimostrato. Qualsiasi coreano può accedere a posizioni di governo, ma in teoria gli stranieri no.
Qualsiasi coreano? E’ sicuro? Chi seleziona la classe dirigente in Corea?
La seleziona il popolo attraverso votazioni che si svolgono ogni quattro anni, altrimenti il sistema non si potrebbe sostenere.
Ma se io lavoro in una fabbrica di scarpe e voglio entrare a far parte del Partito e cominciare una carriera politica, come devo fare?
Devi parlare con i tuoi compagni dell’unità di lavoro durante i momenti di riposo, esporre le tue intenzioni, chiederne l’appoggio. Saranno loro i primi a proporti per l’Assemblea Suprema del Popolo e a votarti. Ti puoi presentare alle elezioni in uno dei tre partiti esistenti.
Tre?
Certo, non c’è solo il Partito dei Lavoratori in Corea. Ma le cose non sono come in Occidente: gli altri partiti non sono schieramenti di opposizione, non lottano per il potere, ma si complementano nell’attività legislativa.
Quanti membri ha il Partito dei Lavoratori?
Circa sei milioni. Ma qualsiasi persona può partecipare alle riunioni del Partito, anche senza essere iscritto.
C'è una storia che gira su di lei. Dicono che qualche anno fa avrebbe minacciato un giornalista della ABC, Andrew Morse, reo di aver girato un servizio critico nei confronti della Corea del Nord. Sarebbe addirittura entrato nella sua stanza d’albergo per spaccare il suo computer. Com’è andata davvero?
I giornalisti americani non possono entrare a Pyongyang senza un visto speciale. Io glielo procurai facendogli un favore, mettendo in gioco la mia reputazione. Lo avvisai più volte che non poteva fare fotografie a obiettivi strategici, come installazioni militari, stazioni ferroviarie. Da subito cominciò a comportarsi in una maniera poco ortodossa, disattendendo le mie indicazioni. Aveva la sua agenda, raccogliere materiale per venderlo all’FBI o al governo americano. Non ebbi altra scelta che agire di forza e requisire il materiale illegale dopo averlo smascherato.
Lei crede davvero che un giornalista americano possa vendere materiale al proprio governo?
Certamente, anche perché è l’unico modo di viaggiare in Corea del Nord al di fuori delle limitazioni applicate ai turisti americani. Per noi un turista è uguale a una spia potenziale. Chi entra come turista in Corea del Nord non vede praticamente nulla.
(continua)
Si chiama Alejandro Cao de Benós, discende da una famiglia dell’aristocrazia rurale catalana ed è, ad oggi, l’unico funzionario occidentale nel governo della Corea del Nord. Nella sua veste di delegato speciale del Comitato per le Relazioni Culturali con l’Estero, il trentacinquenne originario di Tarragona si muove per il mondo come un ambasciatore aggiunto, riceve delegazioni straniere a Pyongyang e si incarica di procacciare affari con le aziende del capitalismo avanzato. Come presidente della Korean Friendship Association (KFA), da lui fondata nel 2000, si vanta di esportare il verbo di Kim Jong-il e di far conoscere il Regno Eremita a politici (anche italiani) e curiosi.
Mentre le rivoluzioni dell’89 liquidano il totalitarismo in Europa, Alejandro Cao de Benós si lancia alla ricerca di un modello di società che incarni la sua idea di comunismo. Lo trova nella Corea del Nord e da quel momento la sua vita cambia. Comincia a viaggiare a Pyongyang quando ancora nessuno lo fa e a presentare progetti culturali ai rappresentanti del regime. Superate le diffidenze iniziali e gli inviti a ritornare da dove era venuto, Cao si apre gradualmente le porte delle istituzioni facendosi precedere da una delle frasi storiche del Caro Leader: “La parola impossibile non esiste in coreano”. Quando propone di realizzare il primo sito Internet ufficiale della Repubblica Democratica Popolare di Corea è Kim Jong-il in persona a cooptarlo all’interno della struttura di potere. Da allora Cao è un soldato fedele all’ideologia Juche, quel misto di comunismo asiatico e orgoglio nazionalista frutto dell’elaborazione intellettuale del Presidente Eterno Kim Il-sung. Non è mai stato su un campo di battaglia ma sull’uniforme che indossa quando è a Pyongyang sfoggia onorificenze civili e militari, oltre all’immancabile distintivo dei due Kim. Ho avuto occasione di parlare con lui durante un suo breve soggiorno spagnolo.
Il quotidiano L'Opinione ha pubblicato questa intervista in due puntate (la prima e la seconda). Per ragioni di spazio ho dovuto selezionare domande e risposte ma spero comunque di essere riuscito a rendere l'idea. Per chi fosse interessato alla versione integrale, la pubblicherò su questo blog in quattro parti, cominciando da oggi. Buona lettura (e ogni commento è benvenuto, anche se solo per e-mail).
Cominciamo dall’inizio. A quando risale la sua passione per la Corea del Nord?
A quando avevo 15 anni. Stavo cercando un sistema che rappresentasse al massimo il mio ideale di società egualitaria. Era l’epoca della scomparsa dell’Unione Sovietica, a sinistra tutti volgevano lo sguardo verso la socialdemocrazia e nessuno voleva più chiamarsi comunista. I principi erano in vendita. Analizzai il modello vietnamita, quello cinese e quello cubano. La Corea del Nord in quel momento era tabù anche per la sinistra più radicale. Fu a Madrid che venni in contatto per la prima volta con tre famiglie nordcoreane che rappresentavano il paese nell’Organizzazione Mondiale del Turismo, ottenni materiale sulla Corea del Nord e cominciai a coltivare il mio interesse.
Come avviene il salto da ammiratore a funzionario del governo nordcoreano? Come ha fatto a conquistarsi la fiducia del regime?
E’ un cammino lungo durato dieci anni, finché nel 2002 il governo di Pyongyang mi riconosce come delegato speciale. Il mio sogno era sempre stato lavorare per un progetto socialista reale. Mi sentivo totalmente identificato con la Corea del Nord non solo a livello ideologico ma anche dal punto di vista spirituale e culturale. All’inizio mi scontrai con un’atmosfera di sospetto e con i legittimi dubbi dei miei interlocutori sulle mie reali capacità. Ma in Corea del Nord se tu riesci a portare avanti le tue proposte con successo, allora alla fine ricevi un appoggio unanime. Dopo anni di tentativi con progetti educativi e culturali, la chiave di volta fu la creazione della pagina web ufficiale della Repubblica Democratica di Corea nel 2000, il primo canale di comunicazione fra la Corea e il mondo. Una volta ottenuta l’autorizzazione dal Ministero degli Esteri e della Cultura fu Kim Jong-il in persona a dare la sua approvazione.
Per legge della Repubblica non è possibile rappresentare il paese se non si è nati in territorio nordcoreano. Nel mio caso le autorità fecero una eccezione riconoscendo che avevo dimostrato di voler davvero realizzare il mio sogno, quello di lavorare per loro.
Tengo a precisare che dal governo nordcoreano non ho mai ricevuto denaro e tutte le posizioni che occupo attualmente sono onorifiche.
Quali sono esattamente le sue funzioni a Pyongyang? Che cariche riunisce?
Esercito tutte le funzioni proprie di un ambasciatore su scala mondiale, a livello diplomatico, culturale e commerciale. Mi incarico di accogliere delegazioni straniere, di risolvere problemi logistici quando i diplomatici sono a Pyongyang, di favorire le relazioni e i gemellaggi con i rappresentanti politici che si dimostrano interessati a conoscere la realtà della Corea del Nord, e agisco come portavoce del governo di fronte ai mezzi di comunicazione internazionali. E’ un incarico polivalente, che non esisteva prima.
Qual è il suo livello di partecipazione nella gestione degli affari di governo in Corea? Assiste a riunioni ufficiali? Viene consultato dalle alte cariche dello stato su questioni specifiche?
Lavoro per il Comitato per le Relazioni Culturali con l’Estero, che dipende sia dagli Esteri che dal Ministero della Cultura. Mi riunisco periodicamente con le principali cariche dello stato, tra cui il Presidente dell’Assemblea del Popolo Kim Yong-nam e i funzionari dei ministeri per cui lavoro.
Quanti membri e quante sedi ha l’associazione che lei presiede?
Siamo 9000 associati in 120 paesi. Quasi tutto il denaro che ci serve proviene dalle mie tasche. Altrimenti ci finanziamo con la vendita dei nostri gadgets e con le commissioni sui contratti che procuriamo al governo nordcoreano, ma quest’ultima è una fonte d’ingresso piuttosto limitata. Per esempio in Italia abbiamo appena firmato un accordo con Indesit, per la fornitura di elettrodomestici a basso prezzo per la nostra gente. Anche noi come tutti cerchiamo la qualità dei prodotti ed è per questo che preferiamo lavorare con aziende europee piuttosto che con la Cina, ad esempio.
Qual è il suo obiettivo?
Avvicinare al nostro paese chiunque sia interessato a conoscerne la realtà. Ovviamente è necessario che rispetti la Corea del Nord, che non manifesti intenzioni ostili o ci insulti.
Come sa sono in vigore sanzioni americane contro la Bank Delta Asia, con sede a Macao, considerata un centro di riciclaggio dei fondi provenienti dalle attività illecite del governo nordcoreano. Quali sono i legami della Korean Friendship Association (KFA) con questa entità bancaria?
La KFA non ha conti bancari all’estero. Come ho già detto tutto il denaro proviene dalle piccole attività che gestiamo o dal mio conto personale, frutto del mio lavoro e dei miei investimenti. Oltretutto il problema della Bank Delta Asia è ormai superato. Le accuse americane si sono dimostrate infondate e nel momento in cui gli Stati Uniti hanno mutato il loro atteggiamento passando da una posizione aggressiva ad una più dialogante, i conti correnti sono stati sbloccati. Parliamo già di qualche mese fa.
Quanti mesi all’anno passa in Corea e quanti all’estero?
Circa sette mesi in Corea ed il resto del tempo in missione per conto del governo.
Accompagna diplomatici nordcoreani negli incontri con delegazioni straniere?
Raramente. Lavoro con gli ambasciatori nordcoreani ma non mi incarico direttamente degli incontri diplomatici.
Quali sono state le sue ultime missioni?
Lo scorso novembre sono stato in Canada a trattare con una importante impresa farmaceutica la fornitura di medicinali per il nostro paese: principi attivi ed altri elementi chimici. Inoltre stiamo lavorando sul alcuni progetti relativi alle energie rinnovabili con organizzazioni italiane.
Gestisce qualche attività economica in Corea?
No, nessuna.
Può descriverci la sua giornata tipo quando si trova a Pyongyang?
Mi alzo alle sette, faccio colazione come tutti e vado a lavorare. Mi riunisco con i direttori dei vari dipartimenti per analizzare l’agenda della giornata e in generale accompagno i delegati in visita a Pyongyang negli incontri con i responsabili dei ministeri. I dirigenti nordcoreani parlano un inglese basico e spesso devo fare da intermediario. Kim Jong-il invece parla correttamente inglese, russo e cinese, oltre al coreano.
In che parte della capitale vive?
Vivo in un piccolo appartamento davanti all’Hotel Koryo, nel centro di Pyongyang, a due passi dal Ministero degli Esteri e della Cultura. Vado al lavoro a piedi, anche se tutti i funzionari del governo hanno a disposizione l’auto ufficiale.
Quando non lavora che cosa fa a Pyongyang?
Non ho molto tempo libero. Lavoriamo dal lunedì alla domenica e normalmente finiamo all’una di notte. A volte le riunioni finiscono al ristorante in piena notte.
Lei ha la cittadinanza nordcoreana. Ma cosa significa sentirsi nordcoreano?
Significa lottare per l’indipendenza e per preservare la cultura della nostra patria, avere l’obbligo di creare qualcosa non solo per il proprio beneficio personale ma per l'insieme della società.
E’ vero che a Pyongyang la gente la ferma per la strada? Cosa le dicono le persone che incontra?
E’ vero. Mi conoscono principalmente per i programmi televisivi a cui partecipo e per i discorsi che pronuncio sui canali nazionali e negli stadi. Inoltre canto in coreano per la popolazione in occasione di manifestazioni pubbliche. Mi trattano con affetto e ammirazione, mi vedono come uno di loro, un “compagno” come gli altri. In Corea del Nord non esistono differenze sociali e un dirigente del governo è uguale ad un cittadino comune.
Conosce il coreano così bene?
No, lo sto imparando. Con i miei colleghi parlo in inglese e gli inni li imparo a memoria. Anche gli editoriali che scrivo per il Rodong Sinmun sono in inglese e poi vengono tradotti.
Dal punto di vista dei costumi, quali sono i tratti caratteristici della società nordcoreana?
Innanzitutto il rispetto per la famiglia, per gli anziani, in generale per le altre persone. Nel Sud tutto questo non esiste più a causa dell’influenza occidentale e americana in particolare.
Cosa rappresentano tutte quelle decorazioni che si vedono sulla sua uniforme?
Sono onorificenze civili e militari. L’Ordine Internazionale per le Attività Culturali, l’Ordine della Bandiera Nazionale per le mie attività civili e una medaglia per meriti di lavoro.
Ma lei ha combattuto con l’esercito nordcoreano?
No, certo. Ma l’onorificenza militare che porto è un riconoscimento attribuito solo alle unità militari d’élite che mi fu consegnata personalmente a Panmunjom da un colonnello dell’esercito. Dal suo cuore al mio.
Riceve regali da Kim Jong-il?
Mi fece personalmente un regalo: un servizio da tè di porcellana.
Non si sente mai un privilegiato rispetto al resto della popolazione?
No, perché la mia condizione di straniero mi ha sempre procurato più difficoltà che vantaggi. Sono il primo e unico nella storia ad aver conseguito quello che ho conseguito io. Avevo tutto contro. Quando tutti mi dicevano che il mio era un sogno impossibile, io rispondevo che – come dice lo stesso Kim Jong-il – la parola “impossibile” non esiste in coreano. Ed io l’ho dimostrato. Qualsiasi coreano può accedere a posizioni di governo, ma in teoria gli stranieri no.
Qualsiasi coreano? E’ sicuro? Chi seleziona la classe dirigente in Corea?
La seleziona il popolo attraverso votazioni che si svolgono ogni quattro anni, altrimenti il sistema non si potrebbe sostenere.
Ma se io lavoro in una fabbrica di scarpe e voglio entrare a far parte del Partito e cominciare una carriera politica, come devo fare?
Devi parlare con i tuoi compagni dell’unità di lavoro durante i momenti di riposo, esporre le tue intenzioni, chiederne l’appoggio. Saranno loro i primi a proporti per l’Assemblea Suprema del Popolo e a votarti. Ti puoi presentare alle elezioni in uno dei tre partiti esistenti.
Tre?
Certo, non c’è solo il Partito dei Lavoratori in Corea. Ma le cose non sono come in Occidente: gli altri partiti non sono schieramenti di opposizione, non lottano per il potere, ma si complementano nell’attività legislativa.
Quanti membri ha il Partito dei Lavoratori?
Circa sei milioni. Ma qualsiasi persona può partecipare alle riunioni del Partito, anche senza essere iscritto.
C'è una storia che gira su di lei. Dicono che qualche anno fa avrebbe minacciato un giornalista della ABC, Andrew Morse, reo di aver girato un servizio critico nei confronti della Corea del Nord. Sarebbe addirittura entrato nella sua stanza d’albergo per spaccare il suo computer. Com’è andata davvero?
I giornalisti americani non possono entrare a Pyongyang senza un visto speciale. Io glielo procurai facendogli un favore, mettendo in gioco la mia reputazione. Lo avvisai più volte che non poteva fare fotografie a obiettivi strategici, come installazioni militari, stazioni ferroviarie. Da subito cominciò a comportarsi in una maniera poco ortodossa, disattendendo le mie indicazioni. Aveva la sua agenda, raccogliere materiale per venderlo all’FBI o al governo americano. Non ebbi altra scelta che agire di forza e requisire il materiale illegale dopo averlo smascherato.
Lei crede davvero che un giornalista americano possa vendere materiale al proprio governo?
Certamente, anche perché è l’unico modo di viaggiare in Corea del Nord al di fuori delle limitazioni applicate ai turisti americani. Per noi un turista è uguale a una spia potenziale. Chi entra come turista in Corea del Nord non vede praticamente nulla.
(continua)