2 feb 2009

Charta 08. Gutta cavat lapidem.



Che il fruscio sottile dei fogli su cui è stata scritta (fogli virtuali in questo caso) avrebbe propagato l'effetto della Charta 08 oltre la cortina di ferro che avvolge la società cinese non era così difficile prevederlo, a meno di non essere scettici inguaribili sulle possibilità dello spirito umano. Non è tanto la diffusione del testo tra la popolazione quanto la coerenza e la novità dei principi esposti a rappresentare un punto di rottura destinato a produrre conseguenze, lentamente ma inesorabilmente. La dichiarazione dei trecento ufficialmente non esiste ma di fatto comincia  far parlare di sé, anche se in negativo, anche se per contrapposizione. Il potere sente la pressione ed affida alle sue istituzioni culturali (che sono prima di tutto politiche) il compito di disinnescare le micce, prima che il fuoco si alimenti della sua stessa forza. Curioso e significativo il comunicato appeso nella bacheca dell'Università di Legge di Pechino, prima che iniziassero le vacanze per l'anno nuovo cinese. Un documento in quattro punti, distribuito agli studenti, che informa di una "riunione di emergenza" del comitato universitario del Partito e della Lega della Gioventù per discutere della Charta 08 (nominata testualmente). Seguono le raccomandazioni del caso:
1) Gli studenti devono avere ben chiaro di che cosa si tratta: attività anti-partitica e anti-socialista;
2) Come membri del Partito gli studenti devono riaffermare la leadership dello stesso, mantenere un'attitudine mentale cristallina e boicottare tentativi di destabilizzazione. Echi di Tiananmen, quando i comunicati invitavano gli studenti a lasciar perdere, a tornare nelle loro aule, a non occuparsi di materie estranee alla loro competenza. "Non dovrebbero seguire - continua il comunicato - ciecamente le azioni della massa (allora esiste una massa?) , né distribuire informazioni dannose attraverso i media e altri canali di comunicazione";
3) Gli studenti devono mantenere una vigilanza attiva (significa fare le spie nel linguaggio decrittato) sui loro colleghi e compagni di lezione al fine di preservare "l'armonia e la stabilità del paese". Qui si passa ad un esplicito invito alla delazione, comune nell'ambiente accademico cinese. Si ricordi il caso del professor Yang Shiqun, denunciato da alcuni suoi studenti per i contenuti delle sue lezioni, considerati contrari al governo e alla tradizione cinese. Qui emergono le radici di quel comportamento ma anche il livello di controllo che le autorità pretendono di esercitare sulle istituzioni scolastiche e il grado di fedeltà richiesto al corpo studentesco. Un organismo solo, una società compatta nella denuncia di influenze che ne possano compromettere la sbandierata "armonia": dal Partito, all'Università, alla Gioventù. La Cina del 2009 usa metodi più sofisticati ma la sostanza del messaggio è la stessa di 40 anni fa;
4) Se gli studenti vengono a conoscenza di situazioni dubbie, devono inmediatamente riferirlo all'organizzazione del Partito. Cellule di trasmissione delle informazioni, burattini in mano ai grandi burattinai chiusi a Zhongnanhai. Poi il comunicato orwelliano termina con un incredibile augurio di splendide vacanze, come se avesse appena annunciato le date degli esami. 
Dall'università alla casa di Bao Tong, 76 anni, ex collaboratore di Zhao Zyiang, prima che questi cadesse in disgrazia dopo la rivolta di Tiananmen. Con lui era caduto anche Bao, sette anni di carcere, per diffusione di segreti di stato e propaganda controrivoluzionaria, l'accusa che è piombata su tutti i martiri della protesta repressa dai carri armati del regime. Da allora ha vissuto come un dissidente, "la prigione mi ha aperto gli occhi e la mente" dice a chi gli chiede un giudizio su quegli anni. Al punto che Bao è stato uno dei firmatari più autorevoli della Charta 08 e per questo la polizia l'ha interrogato come centinaia di altri valorosi ma non ha infierito su di lui, in considerazione del suo passato organico. Chi di voi ha un po' di dimestichezza con le voci del dissenso cinese lo conoscerà: spesso su Asia News compaiono suoi scritti e con frequenza rilascia interviste e commenti a Radio Free Asia. L'inviato di Time è andato a trovarlo a Pechino, dove vive praticamente agli arresti, costantemente sorvegliato e registrato. "Ho firmato la Charta percorreggere il mio errore di 60 anni fa", fa sapere riferendosi a quando aveva deciso di aderire al Partito Comunista Cinese per imporre "il leninismo con la violenza". La dichiarazione è un atto di patriottismo - sostiene -, rovesciando così l'accusa di comportamento antipatriottico che le autorità hanno riversato sugli autori del testo. A chi gli fa notare che forse non era il momento, viste le difficoltà economiche che stanno oscurando il cielo cinese, Bao risponde che proprio questo è il contesto favorevole ai cambiamenti, e che solo la riforma politica può far uscire davvero la Cina dalla crisi. D'altra parte, aggiungo io, per i nemici o gli scettici della democrazia, c'è sempre una scusa per ritardare la fine dell'autoritarismo: o perché le cose vanno troppo bene e vuoi mica toccarle, o perché vanno male e allora perché infierire, o perché ci pensa il Partito a riformarsi e siamo ancora tutti qui ad aspettare.
Ad aver perso ogni speranza nell'autoriforma del sistema (e forse basta conoscere gli elementi essenziali della storia del comunismo per sapere che partito e riforme sono concetti incompatibili) è il professor Xu Youyu, dell'Universita di Scienze Politiche, centro della strategia di indottrinamento cultural-politico del regime. Nonostante le intimidazioni seguite alla firma del documento, lui continua diritto per la sua strada. Non crede alla democrazia alla cinese, scudo dietro al quale i mandarini si riparano dal vento del cambiamento. L'ha sentito Richard Spencer del Daily Telegraph, una delle poche testate occidentali che si sono prese il disturbo di seguire quel che sta avvenendo all'interno della dissidenza cinese dopo la pubblicazione della Charta. "Non si può essere ottimisti per il futuro - confessa il professore - non resta che chiamarsi fuori e mantenere una posizione di rigore intellettuale in difesa di certi principi". Sulla falsa contrapposizione tra universalità dei diritti umani e occidentalità degli stessi, Xu è categorico : "A chi mi nega il valore universale dei diritti chiedo se sta parlando seriamente".

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