Immacolato. Lessi Cent'anni di solitudine da adolescente e ne fui catturato. Poi imparai a situare libri, fatti e persone nel contesto appropriato e cominciai a separare la prosa fluente e accattivante dalla personalità degli autori. Mi regalai in fondo una semplice operazione di igiene mentale che ben pochi hanno osato compiere in questi giorni di ricordi, necrologi e alleluia in cui la figura del narratore deve andare in paradiso a dispetto di tutto e a nessuno sembra concesso chiedere conto delle sue opzioni politiche. Sul sostegno di García Márquez a Fidel Castro e al suo regime rimando alle poche righe dello scrittore cubano Juan Abreu, che evidentemente appartiene a un circolo letterario diverso da quello del colombiano. Lui dall'isola è dovuto fuggire come molti suoi colleghi mentre a Gabo il Partito regalava una casa nei dintorni de L'Avana. Io mi limito a chiosare con la domanda di sempre, certo di non ricevere nemmeno questa volta una risposta soddisfacente: se invece della revolución il premio Nobel avesse appoggiato una qualunque delle dittature di destra che ha conosciuto l'America Latina nel secolo scorso, cosa leggeremmo oggi sul suo conto?
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