6 nov 2009

Aspettando (seduti) che il più grande presidente nero della storia degli Stati Uniti faccia sapere da che parte sta.


Il movimento di opposizione sembra percepire la difficoltà in cui si barcamena Obama, e a sua volta, a suo modo, gli chiede di decidere: «Obama, Obama, o stai con noi o contro di noi!», hanno gridato ieri i dimostranti in piazza, insieme ad altri slogan significativi come «Morte al dittatore», «Khamenei assassino, la sua leadership è finita», «Ambasciata russa covo di spie» (un'accusa rivolta dal regime a quella americana) e, infine, anche «l'Iran verde non vuole una bomba atomica».

«Nonostante siano lodati come modernizzatori», Mousavi e i suoi due colleghi «sono profondamente leali agli ideali dell'ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica, e sostengono un sistema politico teocratico». Loro sono leader riformisti, mentre il popolo è «sovversivo». Se Mousavi fosse diventato presidente, sostiene Khalaji, non avrebbe modificato la posizione dell'Iran sul nucleare, o la sua politica estera, limitandosi ad introdurre riforme economico-sociali, e non politiche, all'interno dei principi della Repubblica islamica. «Come sono arrivati questi moderati alla guida di una rivoluzione? Per caso», secondo Khalaji, perché - spiega - erano gli unici cui il regime aveva permesso di candidarsi in alternativa alla rielezione di Ahmadinejad, ma nessuno di loro aveva previsto che dalle proteste di massa a seguito delle elezioni presidenziali del 12 giugno sarebbe sorto un movimento popolare.

«I veri leader di questo movimento, dunque - osserva Khalaji - sono studenti, donne, attivisti per i diritti umani e attivisti politici che non hanno alcun desiderio di operare in un regime teocratico, all'interno della cornice legale dell'attuale Costituzione». E il movimento di oggi, fa notare, è molto più ampio di quello riformista di Khatami degli anni '90, che non portò mai in strada più di 50 mila persone. «Ecco perché non solo il regime, ma anche i leader riformisti che pretendono di guidarlo, temono il successo del movimento verde. La democrazia in Iran - conclude Khalaji su Foreign Policy - emergerà solo attraverso una rottura con gli ideali di Khomeini e l'ideologia islamica, concetti ai quali i leader 'per caso' del movimento verde sono ancora leali».
(Iran, i leader "per caso" del movimento verde)

Rimango scettico su molti aspetti del movimento ma sui falsi rivoluzionari (che avevano però ammaliato i liberali occidentali) e sulla conclusione di Khalaji non potrei essere più d'accordo. Provavo a spiegarlo qui qualche mese fa.
Il fatto che Obama non si schieri potrebbe non essere di per sé un errore, per una volta. Ma lo diventa quando alla base della sospensione del giudizio troviamo la solita tattica dello struzzo per tenersi buono il dittatore di turno.

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