Free Burma's Political Prisoners Now! Di norma non sono molto a favore delle raccolte-firme e meno di quelle online. Credo siano sostanzialmente una perdita di tempo, non riuscendo mai a raggiungere l'obiettivo che si propongono e spesso nemmeno i destinatari dell'iniziativa. L'unica ragione per condurre azioni di questo genere mi sembra quella di far arrivare alle vittime un sostegno morale. Ma il più delle volte sono proprio le vittime le ultime a saperlo. Faccio un'eccezione per questa campagna, per due motivi: la prima è che riguarda un paese e una realtà cui tengo particolarmente, come noto ai pochi che continuano a leggere questo blog; la seconda è che sul sito dell'associazione che la promuove ci sono tutti i nomi e i volti dei prigionieri di coscienza detenuti nelle carceri birmane. Non è cosa da poco, perché dietro i numeri esistono delle storie e dietro le storie ferite profonde nella carne delle persone, non solo quelle direttamente coinvolte ma anche le loro famiglie e i loro conoscenti. Dico spesso che i nomi e le facce sono importanti, bisogna conoscerli, ripeterli, impararli a memoria. Se no rischiamo di distrarci e magari un giorno pensare che quello del re cattivo che rinchiude i giovani del suo regno nelle segrete del suo castello sia solo un racconto triste per bambini e non la realtà di tutti i giorni in molti paesi del nostro bel mondo. Poi una volta liberati i prigionieri politici ci sarebbe da liberare il resto della popolazione, ma da qualcosa bisogna pur cominciare.
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