Quel naso allegro da nigeriano in gita. La fiducia che gli oppositori in esilio ripongono nell'ennesima missione birmana di Gambari è presto spiegata da questa vignetta apparsa ieri sull'Irrawaddy:
Un affannato inviato dell'ONU bussa con le sue valigie alla porta dei dittatori e due topolini di passaggio commentano più o meno: "Guarda! Il nostro turista preferito è tornato per altre avventure".
C'è da scommettere che, dopo aver prolungato fino all'ultimo l'attesa del rappresentante del Palazzo di Vetro per il visto d'ingresso, anche questa volta la giunta saprà utilizzare a proprio esclusivo beneficio la sua presenza per legittimare la farsa costituzional-elettorale imposta al paese. Gambari è uno che arriva preceduto sempre da proclami di fermezza per andarsene sistematicamente con la coda tra le gambe dopo qualche incontro di circostanza con esponenti minori del regime e rappresentanti di un'opposizione ridotta ai minimi termini. Come unici risultati dei suoi viaggi si ricordano qualche foto, molte strette di mano e soprattutto la capacità di far apparire i macellai di Naypyidaw interlocutori rispettabili in un dialogo inesistente. A proposito di inesistenti, Fassino è semplicemente scomparso, inghiottito dal vortice della pre-campagna elettorale italiana. E certamente è meglio così. La sua nomina alle cose birmane resterà negli annali come una delle decisioni più peculiari (eufemismo) nella storia dell'UE.
Tornando alle cose serie, questa analisi spiega con chiarezza la non-scelta di fronte a cui si trovano i birmani il prossimo maggio (sempre che il referendum si faccia davvero):
Secondo le disposizioni emanate di recente dai militari, chi si esprime pubblicamente contro il referendum rischia fino a tre anni di carcere. Inoltre è tuttora in vigore la norma che prevede vent'anni per coloro che si oppongono in qualsiasi modo al processo costituente e alla carta costituzionale. Tutta una garanzia di trasparenza ed imparzialità per l'esito del voto di maggio. Quelli che nel piccolo villaggio di Amarapura hanno avuto il coraggio di affiggere manifesti come questo sanno perfettamente cosa li aspetta. A Yangon le retate preventive sono già cominciate:
Sugli arresti che continuano mentre noi mandiamo Gambari in gita segnalo l'intervista a Thet Wai, esponente della NLD, che racconta come le celle birmane siano di fatto il luogo di incontro involontario di una intera generazione di attivisti per la democrazia, accomunati dallo stesso destino di repressione:
Un affannato inviato dell'ONU bussa con le sue valigie alla porta dei dittatori e due topolini di passaggio commentano più o meno: "Guarda! Il nostro turista preferito è tornato per altre avventure".
C'è da scommettere che, dopo aver prolungato fino all'ultimo l'attesa del rappresentante del Palazzo di Vetro per il visto d'ingresso, anche questa volta la giunta saprà utilizzare a proprio esclusivo beneficio la sua presenza per legittimare la farsa costituzional-elettorale imposta al paese. Gambari è uno che arriva preceduto sempre da proclami di fermezza per andarsene sistematicamente con la coda tra le gambe dopo qualche incontro di circostanza con esponenti minori del regime e rappresentanti di un'opposizione ridotta ai minimi termini. Come unici risultati dei suoi viaggi si ricordano qualche foto, molte strette di mano e soprattutto la capacità di far apparire i macellai di Naypyidaw interlocutori rispettabili in un dialogo inesistente. A proposito di inesistenti, Fassino è semplicemente scomparso, inghiottito dal vortice della pre-campagna elettorale italiana. E certamente è meglio così. La sua nomina alle cose birmane resterà negli annali come una delle decisioni più peculiari (eufemismo) nella storia dell'UE.
Tornando alle cose serie, questa analisi spiega con chiarezza la non-scelta di fronte a cui si trovano i birmani il prossimo maggio (sempre che il referendum si faccia davvero):
By announcing plans to hold a referendum on a draft constitution in May, the regime has given Burma and the world a classic non-choice.Lettura consigliata a chi si sia perso le puntate precedenti (su questo blog e altrove).
On the face of it, the choice is simple and clear: Do you support the constitution, yes or no? But the real choice is not so straightforward. Basically, the generals are asking a weary Burmese populace (and an increasingly jaded community of concerned world citizens, who don’t know whether to root for the monks or Rambo) which of the following two scenarios they find easier to live with:
A situation whereby military rule is permanently enshrined, with a shaky guarantee of some civic involvement from pliable non-military organizations (in the event of a “yes” vote); or,
An indefinite period of military rule with only a remote hope that the opposition will someday emerge strong enough to challenge the army’s stranglehold on Burmese public life (in the event of a “no” vote).
Secondo le disposizioni emanate di recente dai militari, chi si esprime pubblicamente contro il referendum rischia fino a tre anni di carcere. Inoltre è tuttora in vigore la norma che prevede vent'anni per coloro che si oppongono in qualsiasi modo al processo costituente e alla carta costituzionale. Tutta una garanzia di trasparenza ed imparzialità per l'esito del voto di maggio. Quelli che nel piccolo villaggio di Amarapura hanno avuto il coraggio di affiggere manifesti come questo sanno perfettamente cosa li aspetta. A Yangon le retate preventive sono già cominciate:
Three Rangoon men were arrested on Friday for casual comments they made about the Burmese referendum and general election, according to sources.Vietato parlare, ammesso solo il voto positivo, i cittadini saranno accompagnati al seggio dai guardiani dell'USDA.
Sugli arresti che continuano mentre noi mandiamo Gambari in gita segnalo l'intervista a Thet Wai, esponente della NLD, che racconta come le celle birmane siano di fatto il luogo di incontro involontario di una intera generazione di attivisti per la democrazia, accomunati dallo stesso destino di repressione:
I stayed in Insein prison for about six days starting the 26th of February in Hall No. 3 with 88 generation student leaders Ko Ko Gyi, Ko Mya Aye, Ko Win Maw, two abbots from Maggin monastery, Myanmar Nation Chief Editor Ko Thet Zin, U Sein Win Maung, poet Ko Saw Wai, Ko Pye Phyo Hlaing from Bogale and Ko Aung Kyaw Kyaw, brother of U Gambira. There are two or three prisoners in each cell. We are not allowed to walk outside the cell for security reasons. So our health deteriorates while in there. Ko Win Maung is suffering from emphysema and bronchitis and was recently discharged from the hospital. Ko Kyaw Soe injured his head and is suffering from frequent severe headaches because of this injury.Da Pakokku, uno dei centri nevralgici della rivolta pacifica di settembre, ha scritto per Repubblica Daniele Mastrogiacomo. Anche se non esiste una "chiesa buddista", il reportage vale la pena.